Capitolo 7: Uscite Ansiogene

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Il giorno dopo, a rallegrarmi la giornata ci pensò sempre lui, che accettò la mia proposta di uscire. Quando ebbi la risposta definitiva che quel pomeriggio sarebbe venuto con me, non so nemmeno quanta gioia ebbi in corpo, molto strana per una semplice uscita, ma tutti quelli che mi videro concordavano con la mia ipotesi. Arriva il fatidico momento, quello piú atteso, quello che mi fece avere una tale ansia che tutt'ora qualsiasi persona me lo chieda rimane confusa, non credendomi. Invitai a casa due mie amiche come aiuto a prepararmi per quell'uscita importante. Arrivate a casa, mangiammo tutte e tre assieme, ridendo e scherzando per tutto il pranzo, poi ci siamo fiondate in camera mia e loro hanno iniziato a prepararmi per la grande uscita. Poi arrivò il momento del treno, in cui le mie amiche mi lasciarono sola, le mie grandi paranoie, le mie piú grandi paure si stavano facendo avanti in quei 4 minuti da Montevarchi a San Giovanni. Arrivata, andai con calma, colma d'ansia e di paura, e lo vidi, seduto, attendendo il mio arrivo. Lo salutai, e da lí mi sorrise. Quel maledetto sorriso fu l'inizio delle mie piaghe, l'inizio di una storia intrigata e molto strana, però, fu da quel giorno che mi innamorai di brutto, di quei maledetti occhi verdi. Iniziammo la nostra conversazione ridendo e scherzando, finendo sempre con un piccolo sorriso l'un l'altra. Ci vergognavamo entrambi, però, pur di far conversazione, infilavo argomento su argomento, per sciogliere un po quell'atmosfera strana. Arrivammo nel lungarno, il posto chiamato in tal modo per via del fiume che passa vicino, l'Arno, e ci sedemmo in una panchina, una semplice panchina che diventò il nostro punto di ritrovo. Una cosa semplice, che diventò la cosa, a cui ancora tengo di piú, come ricordo di quel bellissimo giorno, fu la nostra prima foto insieme. Si fece sempre piú tardi, e l'ora di tornare a casa si avvicinò sempre di piú. Ero tanto triste, perché quel giorno fu il giorno piú bello, o perlomeno l'uscita, che avessi mai fatto. Arrivammo alla stazione, e fu il momento che ci salutammo, ma lo volli salutare con un abbraccio, e non con una semplice stretta di mano. Quando ormai era abbastanza lontano, chiamai subito la mia migliore amica Giulia, e le raccontai ogni singolo dettaglio della giornata, scoppiando a piangere cosí dal niente. Era come se avessi perso un parente stretto, le stesse sensazioni, era una tristezza molto brutta, però, anche se inspiegabile, da lí capii che ci tenevo piú di quello che avrei potuto immaginare, piú di ogni altra cosa, lo volevo ad ogni costo, volevo che diventassimo una cosa sola, io e lui per sempre. Stavo correndo tanto, facevo il passo molto piú lungo della gamba, ma purtroppo, non lo capii in tempo.

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