Capitolo 4

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Valentina

Drago inciampò per sbaglio dopo aver superato un ponte di legno. Enrico sussultò.
Chiesi ai cavalli di rallentare ma nessuno dei due fece caso al mio comando, mantenendo un trotto sostenuto.

- Ma non si stancano mai? - chiese il ragazzo.

- Certo che si stancano. Ma è troppo bello per loro tirare la carrozza. -

Eravamo di nuovo in paese e in pochi minuti raggiungemmo il maso.

Manuel e Francesco scesero dalla carrozza mentre Serena piegava ordinatamente le coperte.

- Oh non si preoccupi, signora, ci penso io - le dissi girandomi verso di lei.

- Ma figurati Valentina - mi sorrise caldamente per poi scendere ed avvicinarsi ai cavalli.

Saltai giù da cassetta e andai verso Drago a Pippo.

- Grazie del bellissimo giro! - Serena mi sorrise ancora.

- Non c'è di che, signora -

- Ti prego dammi del Tu, cara -

Sorrisi leggermente.
Dopo qualche chiacchiera, tutta la famiglia si rintanò nelle stanze loro assegnate del bed&brekfast.

Sganciai Drago e Pippo dalle stanghe della carrozza e dopo averli asciugati dal sudore e strigliati, li coprii con una calda coperta invernale e li liberai nel recinto dietro il maso.
Ormai era mezzogiorno passato, quindi entrai in casa.
Stefano non c'era, ero sola.
Senza pensarci accesi il mio amato stereo e in pochi secondi gli In Flames infransero il silenzio che governava le stanze da mesi ormai.
P

ranzai con poco, sempre con la mente affollata dai pensieri.

Il resto della giornata la passai a sistemare i recinti in ferro intorno ai campi, così da essere pronti per la primavera.
Quando finii era ormai buio pesto.

- Cazzo! - esclamai appena vidi il termometro esterno.
La temperatura era aumentata di qualche grado e c'era il rischio che nevicasse.

Dopo cena lavai i piatti, con il mio gatto bianco e nero che mi osservava.

- Tobi hai fame? - gli riempii la ciotola di crocchette e finalmente presi in mano un libro e andai sul divano.

Avevo da poco cominciato a leggere, quando qualcuno bussò alla porta d'ingresso.
Corsi ad aprire e mi trovai davanti Stefano, con una cassa di birra in mano.

- Uh buonasera Valentina. Guarda qua... direttamente dalla Germania -

Entrò in casa e appoggiò la cassa al fresco, in dispensa.

- Era ora. Ma potevi portarla anche domani mattina Stefano, senza fretta. Grazie - stappai una bottiglia.

- Hai impegni il fine settimana prossimo? Mi servirebbe una mano al cantiere - anche Stefano aprì una bottiglia di birra.

- No, ti aiuto volentieri! - accennai un sorriso.

Andammo in cucina, accanto al fuoco.

- Dai suonami qualcosa -

- Se non vuoi altro che sentire le mie strimpellate, ti accontento - scrollai le spalle e mi diressi nella stanza adibita a libreria.
Il tavolo in legno massiccio al centro della sala era ricoperto da fogli e fascicoli. Alzai gli occhi al cielo.
Vicino alla grande finestra c'era il mio pianoforte. Un semplice Yamaha nero, verticale.
Mi sedetti sullo sgabello.
Con la coda dell'occhio vidi Stefano accomodarsi sul divano, con le due bottiglie di birra in mano.

- Guarda che è mia. Guai se la bevi - mi finsi minacciosa.

- Tu pensa a suonare -

Scossi la testa e appoggiai le dita sui tasti.
Quella sera suonai solo Chopin. Tra notturni, studi e valzer, persi completamente la cognizione del tempo.
Mi sembrava di essere da un'altra parte, in un mondo parallelo a quello dove vivevo. Ma la cosa più bella era che mi sentivo leggera come se fosse tutto perfetto, ero davvero felice.

Fu Tobi a farmi tornare alla realtà. Mi saltò sulle ginocchia e cercò di salire sul pianoforte.

- Tobi che fai? Scendi - smisi di suonare e accarezzai il mio gatto.

Quando mi voltai vidi Stefano che dormiva beatamente sul divano, con le due bottiglie di birra sul pavimento, ovviamente vuote.

*

- Ehi Vale sveglia! -

Aprii gli occhi e mi guardai intorno.

- Svegliati ma non alzarti -

- Stefano ma che stai dicendo? - sussurrai.

Saltai giù dal letto e scesi al piano di sotto, in cucina.
Per sbaglio guardai fuori dalla finestra.

- Non bestemmiare. - Stefano precedette quello che stavo per fare.

Corsi al davanzale della finestra. Fuori tutto era coperto da un manto bianco.

- Cazzo saranno trenta centimetri di sicuro! - guardai con angoscia la neve.

- Beh però è bello vedere tutto innevato. Da un senso di calma e pace - Stefano sorseggiava un tè caldo.

- Me ne frego del paesaggio! Vedrai che calma e pace sarà portare da mangiare alle bestie... cazzo! - ero furiosa e non potevo farci niente.

- Calmati ragazza, ti do una mano io -
Stefano si avvicinò a me e mi strinse una spalla con la mano mentre con l'altra mi porgeva la mia solita tazza di caffè della mattina.

Dopo colazione indossai  una pesante giacca invernale nera e misi gli scarponi.
Appena uscii di casa il vento gelido mi fece rabbrividire.
Andai verso il fienile e preparai le piccole balle di fieno da venticinque chili che avrei distribuito ai cavalli e alle pecore.
Avrei dovuto portarle ai recinti una alla volta, a mano.
Stefano si stava già occupando dei cavalli quindi le pecore aspettavano me.
Afferrai la prima e cominciai a farmi strada tra la neve.
Dopo pochi passi avevo già gli scarponi fradici. Perfortuna i piedi rimasero asciutti.

Impiegai un'eternità per arrivare al recinto delle pecore.
Sistemai il fieno nella mangiatoia e tornai al fienile.
Avevo appena preso la seconda balla di fieno, quando Enrico e Francesco uscirono da casa.

- Ciao Valentina - Francesco mi salutò sorridendo. Sembrava gradire tutta quella neve perché continuava a guardarsi intorno.

Ricambiai il saluto ad entrambi i fratelli.

Enrico non mi degnò di uno sguardo, rimanendo con le mani nelle tasche della giacca e lo sguardo spento.

- Che modi! - sussurai quando se ne furono andati.

Non capivo perché mi aveva dato fastidio il fatto che Enrico mi avesse completamente ignorata, in quel momento lo avrei preso a calci.


Anima Ferita continua...

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