Al telefono

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Come aveva promesso all'amico, il giorno dopo, Shinichi chiamò Heiji. Al quarto squillo la voce del detective di Osaka, risuonò dalla cornetta.

«Ciao Hattori.» lo salutò l'uomo facendosi riconoscere dall'amico.

«Kudo, come stai?» chiese a quel punto lui, dal suo tono si capiva che era preoccupato e aspettava impaziente quella chiamata.

«Diciamo che me la cavo sempre per un pelo.» rispose, cercando di prenderla sul ridere.

«Allora, mi vuoi spiegare cos'è successo?»

«Un casino, non ne hai proprio idea.» commentò, passandosi una mano sul volto e cercando di riordinarsi le idee: era parecchio difficile raccontare ciò che era successo nel giro di quei due giorni.

«Racconta!» lo incitò Heiji.

«È iniziato il giorno dopo l'avventura dei ragazzi al Tropical Land, quando ho sgridato entrambi per ciò che avevano fatto...»

«Anche io ne ho dette quattro a Kuniso.» aggiunse Hattori con tono duro, come fosse ancora un po' arrabbiato col figlio per quella bravata.

«Conan, come al solito, mi aveva risposto male e per far sbollire la rabbia sono uscito, ma Gin mi ha preso alla sprovvista e mi ha fatto ingerire la putoxina.» continuò Shinichi con il suo discorso.

«Sei tornato bambino?» la voce di Heiji questa volta era sconvolta, quasi stupita.

«Già... Beh a quel punto sono tornato a casa e Ran mi ha costretto a raccontare tutto ai ragazzi.» rispose lui con tono leggermente afflitto, come se rivelare la verità ai suoi due figli e caricare anche loro di quel peso gli avesse fatto, e gli facesse tutt'ora, male.

«Hai fatto bene a dirglielo Kudo... - disse Heiji, percependo il dono preoccupato dell'amico - Era un momento importante della tua vita che non avresti potuto nasconderlo a lungo...»

«Non so Hattori... Forse avrei voluto tenerli all'oscuro e al sicuro ancora per qualche anno. Ho una paura folle di perderli.»

«Avresti rischiato di allontanarli da te mentendo loro in quel modo, soprattutto Conan visto il caratterino che si ritrova.» lo rassicurò il detective dalla pelle scura, come dirgli che aveva fatto la scelta giusta.

«Forse hai ragione tu... Comunque sia, sono uscito di nuovo e ho incontrato Ai, mi aveva teso una trappola e mi hanno iniettato un veleno.»

«Per questo stavi così male...» quella frase di Heiji non era tanto una domanda, quanto più un commento, come un pensiero ad alta voce.

«Ora comunque è tutto apposto, Conan è venuto appena in tempo a salvarci. Non so' cosa fosse preso ad Ai, ma ora è a casa sua, è stata lei a darmi l'antidoto appena in tempo, sarei morto se non fosse stato per lei.» disse, mentre, quasi involontariamente, un sorriso si formava sul suo volto.

«Tu provi ancora qualcosa nei suoi confronti.» pronunciò la voce di Heiji, dall'altro lato della cornetta, lasciandolo per un attimo interdetto.

«Riguardo a cosa?» chiese, non riuscendo a capire a cosa si riferisse.

«Lo sento dal tono della tua voce: ti ha dato fastidio il fatto che ti abbia tradito. Secondo me stai ancora pensando a quello che ti ha detto dodici anni fa.»

Dodici anni fa, il giorno in cui la sua ferita al petto si era riaperta e Ran aveva chiamato d'urgenza il dottore, che gli aveva ricucito i punti, lasciandolo in ambulatorio per una notte. Quella notte Ai gli aveva confessato il suo amore per lui. Non aveva raccontato a nessuno di quella notte, a nessuno, se non al suo migliore amico.

«Heiji dove vuoi arrivare?» commentò, con un tono quasi irritato.

«Dimmi la verità, cosa provi davvero per lei?» chiese schiettamente l'uomo, ma a quella domanda, senza pensarci nemmeno un secondo, Shinichi interruppe la chiamata.

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