Stavo tornando come sempre nella mia camera, era tardi e avevo molto sonno, ma qualcosa attirava la mia attenzione: tante piccole goccioline rosse andavano in una direzione precisa, la sua camera.
Sembrava sangue.
Sicuramente nemmeno se ne sarà accorta, infatti chiamai una donna, la serva più anziana, per pulire il pavimento prima che lo vedesse il padrone.
Cosa avrà combinato questa volta?Bussai una volta, poi due e infine tre volte.
«Avanti» disse dolcemente.
Entrai.
I suoi occhi erano spalancati, colmi di lacrime, era spaventata e agitata.
Il suo vestito verde aveva delle impronte di sangue, come se si fosse ripulita proprio su di esso.
Qualcosa si stava muovendo dietro di lei, non riuscivo a pensare a niente, il mio istinto mi diceva solo di andare più avanti, dovevo capire cosa c'era dietro di lei.«Non muoverti..» dissi, ricordando di non conoscere il suo nome.
Ogni tanto il mio padrone la chiamava "Rosa mia" , ma qualcosa mi diceva, dentro di me, che "Rosa" era soltanto un nomignolo affettuoso.Una sola candela illuminava la stanza, ma questo non nascondeva una zampetta bianca sporca di sangue.
Era un animale, dagli occhi tondi e buffi, aveva anche dei baffi lunghi e particolari, ma le sue orecchie longilinee e grandi non potevano imboscarsi ancora per molto dietro di lei.
Muoveva una zampetta, mentre l'altra stava ferma.«Che animale è?» Chiesi.
Non avevo mai visto questo animale, dovevo assolutamente curarlo.«È un coniglio. È l'unico amico che ho, per favore non fargli del male. L'ho tenuto nascosto per tanto tempo..gli porto sempre del cibo, ma stanotte mi sono resa conto che qualcosa non andava, perché non veniva più al solito posto come sempre, quindi sono andata a cercarlo e l'ho trovato così.» disse asciugandosi le lacrime.
Certo che non gli avrei fatto del male, anzi lo avrei curato, ma questo non glielo avrei detto.
Mi limitai a guardarla.
Era disperata e dispiaciuta per un animale, aveva anche detto che era il suo unico amico e questo era davvero triste.
Non potevo biasimarla, doveva volergli un gran bene a quel povero coniglio.«Mi prendi della stoffa, un pezzo di legno e quell'erba verde chiaro che sta sopra il mio letto?» Le chiesi gentilmente.
Questo povero coniglietto aveva un bel taglio nella zampetta, anche una piccola frattura e riuscivo a sentirgliela mentre gliela toccavo.
«Ecco, ti ho preso tutto. Sono riuscita a non farmi vedere da nessuno, Ermes.» Disse con un filo di voce, accarezzando ogni lettera del mio nome.
A quel suono rimasi qualche secondo immobile, incantato.
In seguito sciolsi qualche foglia con dell'acqua, che trovai sul mobile affianco al suo letto, sopra la ferita nella zampetta, poi gli misi una stecca di legno e gli legai tutto con un pezzetto di stoffa.«Guarirà presto. Non deve muovere assolutamente la zampetta, infatti gli ho messo il pezzo di legno chiuso dalla stoffa proprio per evitare che lui la pieghi.» dissi sorridendole.
La ragazza abbracciò con delicatezza l'animale, accarezzò il suo musetto e la sua pancia.
Era davvero adorabile e mi rattristava sapere che era veramente sola, che il suo unico amico era un coniglietto al quanto simpatico e buffo.
Io per mia fortuna avevo avuto una bellissima infanzia e prima di diventare schiavo ero circondato di amici e di donne, anche se per me, nel mio cuore c'era sempre la stessa.
Iniziai a guardarla con occhi diversi, dovevo scoprire il suo nome ma non sapevo ancora come.Il giorno seguente mi feci portare due volte la colazione e una la portai direttamente in camera sua.
«Buona Giornata! Spero che oggi possa essere un giorno migliore per te!» Le dissi sogghignando e lasciando la colazione sopra il mobile accanto al letto.
Si era appena svegliata.
Aveva i capelli sciolti e scompigliati, ma i suoi occhi erano luminosissimi e le sue lentiggini erano ancora più evidenti e disordinate, la sua bocca rossa e carnosa formava una piccola O.
Oggi sembrava ancora più bella, più naturale, più una ragazzina.
Non sapevo nemmeno quanti anni avesse!
Ridicolo, se pensavo a qualche mese fa, alle mie nottate ai ruscelli in compagnia di tante donne, alcune più grandi e altre più piccole.Pensavo ai bellissimi momenti passati nella mia Patria mentre mi incamminavo dagli illustri medici Romani, sbattendo rumorosamente i miei stivali, ricoperti di una folta e liscia pelliccia nera.
Mi domandavo che fine avesse fatto la mia donna, colei che avrei sposato un giorno.
Sapeva quello che provavo per lei, diceva di ricambiare, di voler tanti figli da me, ma doveva aspettare il momento giusto per maritarsi.
"Solo dopo il matrimonio lo faremo mio Ermes" mi diceva sempre, così nei periodi in cui non la vedevo sapevo chi cercare e con chi andare, quando davvero ero un ragazzo senza cervello!Tornavo finalmente a casa mia, stanco più che mai, avevo fame e sonno.
«Ermes! Ermes! Santissimi Dei, sei davvero tu??»
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The Slave
Romance43 d.C. Esiste amore tra un uomo schiavo e una donna libera e aristocratica? Sarà una guerra a cambiare la vita di Ermes? Un giovane aristocratico dagli occhi color smeraldo diventato schiavo.