Capitolo 10

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Notai solo un cavallo: il mio, il quale sbuffava, infastidito forse.
Il suo non c'era più, era scappata.

«Fratello, meglio così. Ora sei libero, sei con noi e  puoi tornare a casa insieme a noi.» Disse mio fratello ripetendo "noi" più di una volta. Voleva farmi capire che loro erano la mia famiglia, il noi che sarebbe tornato sano e salvo in patria.
Aveva le braccia spalancate, sembrava volesse abbracciarmi, ma io, proprio in questo momento, non lo volevo assolutamente, anzi ero furioso.

«Themis non capisci? Non sono libero, fino a quando non scapperò via da qua non lo sarò mai. Abbiamo bisogno di lei, dobbiamo trovare tutti i bambini e le donne portate qua a Roma.» Gli dissi guardo i suoi occhi.
Mi ero girato nel momento in cui aveva detto "sei libero" , lo avevo guardato e avevo sperato che mi capisse, che avrebbe compreso ciò che non volevo ammettere, sia con me stesso, sia con tutti gli altri. Ripetevo ogni secondo che quella ragazza mi sarebbe servita per fuggire, ma la verità è che in questa situazione nemmeno lei è tanto al sicuro ora e io volevo solo proteggerla, non tornare in patria così, non ancora.

«Ermes ti prego, non commettere questo errore, per piacere! Le troveremo anche senza di lei tutte le donne e sai quante saranno perfette per te! Non esiste amore tra il popolo del Sud e quello di Roma, sconfiggi le tue debolezze.» aveva detto in un sussurro.

«Io non sono innamorato, non so niente di lei e non mi interessa, quante donne infatti potrò avere una volta tornato. Lei mi serve per trovare tutti gli altri, sento che è la cosa giusta e andrò a cercarla adesso» Gli dissi salendo sul mio cavallo.

Aveva ragione Themis, fondamentalmente sono un uomo debole, i sentimenti sono per le persone sciocche. La troverò e la tratterò come si merita,  perché sono un uomo ed è quello che facciamo con le donne come lei.
Il mio amore per la medicina e per i malati hanno nutrito in me la speranza di poter essere ricambiato per quello che faccio, perché mi sono sempre affezionato delle persone che curo, le quali periodicamente e costantemente andavo a visitarle per assicurarmi della loro guarigione. 
Ho sempre voluto una persona al mio fianco, simile a me e che mi capisca, pronta a dare tutto ciò che è in grado di offrire, ma forse ha ragione mio fratello: affezionarsi è la più grande debolezza di un uomo.

Perso fra i miei pensieri non mi ero accorto di aver passeggiato per così tanto tempo, ero ormai lontano dal campo e di Adele non c'era nessuna traccia.
Avevo con me soltanto l'arma che avevo usato per uccidere l'uomo della mia patria, quindi avevo sperato di trovarla velocemente, così da poter tornare da Themis, per la notte.
Era buio, ma fortunatamente avevo visto un fuoco, speravo tanto fosse lei.

«Luridi schifosi, ve ne pentirete» Urlò una voce femminile: la sua.
«Davvero? Io penso che stanotte ci divertiremo tutti quanti» disse un uomo sgignazzando.

Avevo sentito troppo, dovevo assolutamente portarla fuori da lì, ma era lontana e non sapevo quanti uomini stavano lì accampati.
Vedevo una semplice tenda illuminata dal fuoco, due uomini e lei, seduta in una posizione che sembrava davvero scomoda: era in ginocchio, i suoi parastinchi dovevano farle malissimo dato che aveva tutto il suo peso sulle sue gambe. Non aveva nessuna arma, aveva le mani legate dietro di lei, sulla sua schiena ed era scoperta, senza i vestiti superiori.

È uno scherzo? Sa cacciarsi sempre nei guai.

Approfittavo per attaccarli sia del fatto che stavano cenando, sia perché era buio.
Adele non poteva combattere in questo momento, dovevo ucciderli senza farmi ammazzare ovviamente, ma avevo solo un pugnale sporco di sangue, ormai secco e scuro.
Mi ero avvicinato e avevo lanciato una grossa pietra in direzione di un uomo, quello che sembrava più debole fisicamente, il quale sembrava svenuto, ma forse solo per pochi secondi o forse si sarebbe rialzato subito.
Incerto, ero andato sul posto silenziosamente e avevo attaccato il secondo uomo, dopo vari tentativi ero riuscito a impugnare l'arma e lo avevo pugnalato sul petto.
Avevo un taglio, l'uomo era riuscito a ferirmi sul viso con una lama affilata prima di essere pugnalato, ma niente di grave.

«Ermes..» Adele aveva finito di uccidere il secondo uomo, il quale stava stordito nel frattempo che lottavo con il suo compagno. Era riuscita a slegarsi e con la stessa arma dell'uomo a terra era riuscita a liberarsi di lui.

«Adele non ne combini mai una giusta.» le dissi con freddezza. Ero molto arrabbiato, sono venuto con lei per proteggerla, non può scappare così, da sola non riuscirà mai a cavarsela.

«Lo so, mi dispiace tanto Ermes» disse guardandomi negli occhi.

«Liberiamoci dei corpi e.. Adele vestiti, fa freddo» non riuscivo a concentrarmi, cercavo ogni qualvolta scopriva la sua nudità di non guardarla, non potevo e non dovevo.
Il fuoco faceva caldo, inoltre i numerosi alberi coprivano la zona, la quale era leggermente meno fredda delle altre.

Una volta che mi ero liberato dei corpi avevo deciso di passare la notte in quella tenda, dove avevo lasciato Adele per liberarmi dei corpi, mi sembrava un'idea migliore di quella di tornare da Themis in questo momento.

«Non ti sei ancora vestita? Ti ammalerai Adele.» le dissi stringendo i pugni, non fa mai quello che le dico.
Non mi ero accorto che li avevano stracciati i due uomini, quindi dovevo darle i miei vestiti, poiché si sarebbe ammalata con una semplice coperta sopra, ma non ero riuscito a non guardarla, per me era perfetta.
La pelle sembrava morbida ma infreddolita, il suo seno era tondo e sodo, i suoi capezzoli erano turgidi, forse per il freddo, non era molto grande, ma sembrava perfetto, poiché non tendeva a scendere come tutti quelli che avevo visto.

«Indossa i miei vestiti.» le dissi spogliandomi.
Lei mi guardava, osservava non il mio viso ma ogni lineamento del mio fisico e di come ogni muscolo si gonfiava appena lo utilizzavo, come quando appena piegavo il braccio.
Nessuna donna mi aveva mai guardato in questo modo, nessuna.

Adele si avvicinò e mi baciò.
Era un bacio intenso, pieno di desiderio e passione, aveva risvegliato ogni parte sensibile del mio corpo.
Con le dita accarezzava il mio viso e io preso da quel turbine di emozioni, che mai avevo provato, lasciai che il mio istinto mi domasse.
Dovevo coprirla e riscaldarla, invece non lo avevo fatto, anzi non in quel modo perlomeno. Non ero riuscito a resistere a lei, ai suoi baci pieni di desiderio e passione, alle sue mani che cercavano di scoprire e conoscere, delicatamente, tutto il mio misterioso corpo.
Così, dopo questa notte forse sarebbe cambiato tutto o forse qualcosa era già cambiato, ma io lo avevo solo ignorato.

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