Cap. 3 - La Dulcamara

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Non volevo alzarmi.
Ero seduta sulla poltrona in pelle bordeaux del mio ufficio e guardavo pigramente delle missive appena giunte dalle carovane schiaviste, la mia mente però continuava a vagare,  non riuscivo a smettere di immaginare la sua bocca carnosa sulla mia e mi ritrovavo a sfiorare delicatamente il mio labbro inferiore con il mignolo destro laccato di viola.
«Roza!» sobbalzai spaventata e nella foga di alzarmi mi ritrovai a colpire con il ginocchio la scrivania e mi piegai dal dolore mordendomi il labbro per non gridare.
«Fanculo»
«Ti ringrazio, affabile come sempre.» Eric mi sorrise beffardo appoggiato alla scrivania a braccia incrociate
«Perché non hai bussato? Chi ti ha dato il permesso di entrare? »
«In realtà non solo ho bussato, ti ho chiesto anche il permesso di entrare e soprattutto ti avrò chiamata almeno tre volte, ma data l'urgenza mi sono permesso di entrare lo stesso.»
«Urgenza?  Che urgenza? » lo fissai spulciare le missive che pochi attimi prima avevo tra le mani e me ne mise davanti al naso una arrivata il giorno prima .
«Questa urgenza, il nuovo Fiore del Giardino.» Eric ghignó con gli occhi di un predatore.
«É appena arrivata, non male ha delle tette gigantesche.»
«Merda.» Mi alzai zoppicando appena per la botta ricevuta e mi avviai nell' androne principale del Giardino.
Dovevo ricompormi, smettere di pensare a Jack per il momento e concentrarmi sul mandare avanti la mia attività.
Schivai alcuni Fiori intente ad intrattenere i clienti e feci un sopralluogo veloce.
Tutto sembrava regolare, potevo occuparmi della nuova arrivata, doveva chiamarsi Aria? Anna? Alissa? Non ricordavo.
La vidi intenta a guardare gli arazzi raffiguranti posizioni del piacere, appesi alle pareti,  sembrava piuttosto tranquilla per una donna cresciuta e venduta come bestiame.
Era davvero un buon acquisto,  nonostante fosse molto sporca e impolverata potevo notare che era davvero bellissima,  la sua carnagione era chiara e si sposava magnificamente con i capelli dorati come spighe di grano e gli occhi celesti come il mare in tempesta; Il seno spiccava con prepotenza sul corpo magro e denutrito. 
«Tu seguirmi, ora.» le passai accanto aumentando il passo, dovevo farle immediatamente un bagno, del bestiame aveva decisamente l'odore.
«Oh, va bene. Tu sei una delle puttane?» mi guardó coi grandi occhi celesti e io mi bloccai fissandola stralunata mentre alle nostre spalle Eric, che ci aveva seguite, rideva con le lacrime agli occhi.
«Io sono la proprietaria,  ti ho acquistata io!»
«Seriamente?  Credevo fosse lui il capo.» Indicò il ragazzo biondo con un cenno del capo e sospirai tentando di riprendere la calma.
«No,  lui é una delle prostitute, la migliore per essere più precisi e il tuo compito sarà quello di eguagliare o superare le sue entrate.» Mi passai velocemente una mano tra i capelli,  gesto impulsivo che mi aiutava a rilassarmi e a pensare lucidamente.
«La tua verginità verrà venduta al miglior offerente, dato che sarà la tua prima volta avrai anche il permesso di poter scegliere il tuo primo cliente tra le opzioni che ti darò,  in seguito Eric e le altre prostitute ti addestreranno nell'arte del piacere. Tutto chiaro? » la guardai fermandomi vicino ai bagni dove Megan e Armin la attendevano per lavarla e depilarla.
«Credo di si. Tu sei Vergine?» mi guardó con l'aria di sapere molte cose ed Eric ridacchió precedendomi nel rispondere.
«Purtroppo ancora sí, metà dei nostri clienti continuano a sperare di poter acquistare al più presto la sua prima notte,  chissà cosa sta attendendo. »
«Probabilmente attende il superamento della pubertà, quanti anni hai tredici?  Hai mai avuto le mestruazioni piccola?»
Vidi Megan e Armin impallidire mentre Eric si tenne la testa quasi con compassione.
«Prima di tutto non hai il permesso di parlare senza il mio consenso,  secondo sono la tua padrona non osare mai più rivolgerti a me con questo tono e terzo appendetela alla croce per tre giorni,  senza cibo né acqua e che venga frustata ogni mattina e ogni sera e ringrazia che non venga io personalmente a punirti.» Girai i tacchi e me ne andai infastidita.
«Ok mamma!» la sentii urlare alle mie spalle seguito da una risata fastidiosa.
«Una settimana sulla croce! »
Ritornai nel mio ufficio sbattendo la porta e mi sedetti alla scrivania.
«Dove diavolo é finito il registro dei fiori? » guardai la libreria alla mia destra e sospirai notando il libro sullo scaffale più in alto.
Arrampicandomi con fatica sulla scaletta in legno, rallentata dalla lunga gonna a balze color prugna del mio abito, riuscii a raggiungere il tomo per aggiornarlo.
Tornata con i piedi ben piantati a terra mi sedetti nuovamente sulla poltrona e presi penna e calamaio e mi morsi il labbro tentando di trovare un nome d'arte per il nuovo fiore così pungente.
Chiusi gli occhi per concentrarmi e pochi attimi dopo sul mio volto si distese un ghigno quasi malefico e intinsi il pennino nell'inchiostro per poi scrivere il nome con la quale il nuovo acquisto sarebbe stato riconosciuto dalla clientela.
Le lettere nere brillavano illuminate dalla luce del sole che entrava dalla finestra alle mie spalle.

Dulcamara.

Il nettare velenoso.

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