Cap. 21 - Emergenza

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Mi precipitai fuori dalla stanza. Dapprima tentando di mantenere il controllo,mi incamminai con lentezza e passo calcolato, conscia di non potermi lasciare sopraffare dall'ansia e dalla paura, soprattutto davanti ai clienti, ma innanzi ai miei occhi si frapposero immagini di Jack sempre più raccapriccianti, divenni sorda ad ogni altro suono, nella mia testa sentivo solamente la sua voce sofferente.
In pochi attimi mi ritrovai a correre lungo il corridoio. Alle mie spalle potevo udire i passi di Alyson, Megan e del mercenario, il panico mi rese più veloce di ognuno di loro e incurante della mia incolumità scesi le scale con rapidità, scansando in malo modo i miei Fiori e i clienti e rischiando più volte di inciampare.
«Roza! Rallenta.»
Raggiunsi gli ultimi gradini e riuscii per pura sorte a schivare l'enorme massa del mercenario, saltata direttamente dalla balaustra del piano superiore.
«Sei saltato dal secondo piano?» lo fissai con sconcerto, mentre anche le due fanciulle ci raggiunsero col respiro affannato.
«Correvi come una lepre con la coda in fiamme, in più dovevi calmarti.» Riou si strofinò le mani per eliminare lo sporco rimastogli dal contatto con il pavimento e mi fissò dritto negli occhi:
«Non puoi aiutare qualcuno se non sei lucida, quel ragazzo ha bisogno di te.»  
«Lo so, non so che mi succeda, io non sono così.» Inspirai con forza nuovo ossigeno massaggiandomi il collo, dovevo recuperare la mia compostezza, non potevo comportarmi come una ragazzina spaventata.
Mi volsi verso Alyson e notai che aveva con se la valigetta in pelle regalatagli da Eric, al suo interno conservava tutti gli strumenti classici da medico, eravamo riuscite a trovarne molti presso una bancarella di cianfrusaglia.
«Andiamo Alyson, devi visitarlo. Fate preparare una stanza su questo piano, non so se sia in grado di muoversi o se possiamo sollevarlo e spostarlo senza fargli del male.» Mi incamminai verso l'androne d'ingresso con la Dulcamara al mio fianco e a passo svelto arrivammo da Armin.
Era inginocchiato a terra, la testa di Jack poggiava inerme sulle sue cosce, mentre il giovane gli tamponava il viso tumefatto, con un fazzoletto in stoffa imbevuto d'acqua.
«Come sta?» Sentii il mio cuore mancare un battito alla vista del volto di Jack deturpato dalle percosse, quella visione mi procurò emozioni più forti di quanto mi aspettassi, una forte rabbia prese a germogliare come edera dal centro del mio petto, la sentii tendersi e arrampicarsi come un serpente lungo la mia gola, impedendomi quasi di respirare.
Avrei ucciso il bastardo che aveva osato fagli del male.

Mi inginocchiai a mia volta, attenta a non colpire per errore il corpo ferito dell'uomo, sentii una lacrima solitaria scendere lungo la guancia, la mia mano corse automaticamente ai suoi capelli corvini, che in quel momento giacevano sparsi disordinatamente sul pavimento, luridi e incrostati di sangue.
«Direi non troppo bene, ma nemmeno malissimo. Devono averlo colpito almeno in tre, ha contusioni in tutto il corpo e quasi sicuramente delle costole incrinate.» Le dita sottili di Alyson si muovevano con sicurezza lungo il costato di Jack, trattenni il respiro quando, una volta rimossa la camicia scura, ebbi accesso ai numerosi ematomi che ricoprivano il suo corpo, saltarono ai miei occhi anche le sottili linee cremisi che decoravano il suo ventre.
«Avevano un pugnale.» Affermai senza forze.
La Dulcamara annuì con sguardo grave, iniziando a ripulire le ferite con una soluzione a base di alcol.
«Dobbiamo spostarlo in una stanza, almeno potrò lavorare con calma.»
Mi guardai intorno e richiamai l'attenzione di una dei Fiori:
«Corri a chiamare Eric, digli di venire, non mi importa cosa stia facendo o se è con una cliente, lo voglio qui entro due minuti esatti.» Fissai la ragazza correre via finché non la vidi sparire dietro l'angolo e riportai immediatamente l'attenzione su Jack.
«Vigliacchi. Tre contro uno.» Iniziai ritmicamente ad accarezza la fronte dell'uomo, sentivo il cuore pulsare a mille e non riuscivo a calmarmi, avevo bisogno di sentire la sua voce, di guardarlo dritto nei suoi meravigliosi occhi scuri e sentirmi rassicurare che sarebbe andato tutto bene.
Delle mani calde si poggiarono sulle mie spalle, non avevo bisogno di voltarmi per sapere di chi fossero, sospirai affranta.
«Non ho mai provato così tanta paura per qualcuno, io di solito ho il controllo di tutto.» Sentivo la mia voce tremare e non capivo cosa mi stesse accadendo, perfino le mie mani non riuscivano a rimanere ferme.
«Benvenuta tra gli esseri umani Roza.» La stretta di Riou si fece più salda e la sua fronte si poggiò con delicatezza sulla mia nuca.
«Ma ora devi calmarti, lui ha bisogno del tuo sostegno e in ogni caso starà bene, Alyson riuscirà a guarirlo.» Annuii in silenzio, aveva ragione, dovevo ascoltarlo e soprattutto fidarmi della mia cara Dulcamara, sapeva cosa stesse facendo.
Dei passi pesanti si avvicinarono dal corridoio, alzai lo sguardo in tempo per vedere la chioma dorata di Eric fare il suo ingresso.
«Aiutami, dobbiamo spostarlo in una delle camere ma è troppo pesante. Dovete trasportarlo tu e Riou.»
«Sbaglio o è il damerino che ho incontrato nei tuoi bagni privati? Pover uomo, chi lo ha ridotto in questo stato?»
«Non lo so, ma chiunque sia stata la pagherà, soffrirà così tanto da desiderare un viaggio di sola andata per l'inferno.»Ringhiai a denti stretti osservando i due ragazzi al lavoro. Prontamente Eric si piegò ad afferrargli entrambe le gambe, mentre il mercenario lo sollevò dal busto, tenendolo ben stretto dalle ascelle ed insieme si mossero con attenzione verso la camera assegnatagli. Non mi sfuggirono le saetta sprigionate dalle iridi zaffiro di Eric nei confronti di Riou, era palese che lo odiasse e non potei non notare la reazione di Alyson. Era impallidita dall'arrivo del ragazzo biondo, i suoi occhi saettavano veloci su entrambi gli uomini, come una straziante e infinita partita di badminton, non riusciva a decidere chi avrebbe vinto il match.

Arrivammo nella stanza adibita per Jack.
Corsi immediatamente al letto a baldacchino dal quale scostai velocemente le coperte pulite ed aiutai ad adagiare con delicatezza il ragazzo sul materasso. Non riuscii a trattenermi dal depositargli un leggero bacio sulle labbra gonfie e tumefatte, percepii sulla mia bocca il suo respiro flebile e in parte rincuorata lasciai la stanza per permettere alla Dulcamara di lavorare in tutta tranquillità.

«Roza consumerai il pavimento se continuerai ad andare avanti e indietro.» Storsi il naso infastidita dinanzi alle parole di Eric, non era difficile distinguerne il palese sarcasmo. Ero preoccupata, dannatamente preoccupata, odiavo non sapere cosa stesse accadendo a pochi metri da me, dietro quella semplice porta in legno, odiavo non avere il controllo e più di tutto odiavo non poter essere con lui in quel momento, a stringergli la mano, a dargli conforto. Alyson era rinchiusa in quella stanza da ore ormai, perfino il sole era calato salutandoci beffardamente e il cielo era ormai screziato da piccole luci biancastre, le poche in grado di brillare nonostante le immense nuvole di fumo nero rilasciate dall'isola stessa.
Avevo bisogno di distrarmi, di concentrarmi su altro, ma ero riuscita solamente a farmi sanguinare le dita, persistendo nel mordermi le unghie nel tentativo di scaricare la tensione, dovevo smetterla, ma allo stesso tempo volevo mascherare il tremore delle mie mani, non potevo mostrarmi debole davanti ai miei Fiori.
Finalmente quella dannatissima porta, la stessa che mi divideva da Lui, si aprì lasciando spazio al bel viso stanco di Alyson, era palesemente esausta, i capelli biondi le si erano appiccicati alla fronte per colpa del sudore e a stento ormai si reggeva in piedi, riuscì comunque a rivolgermi un sorriso dolce e con un cenno del capo mi indicò lo spazio dietro di se.
«È sveglio se vuoi parlargli. La prima cosa che mi ha chiesto appena ha ripreso conoscenza è stata di vederti.» Annui ricambiando il suo sorriso gentile e la sorpassai, chiudendomi poi la porta alle spalle.
Non avevo il coraggio di voltarmi, non sapevo cosa fare, cosa dire, come comportarmi, non ero adatta a queste cose.
Finalmente presi coraggio e mi avvicinai al letto.
Sentii una morsa stringermi il cuore alla vista di Jack ricoperto da bende, allungai le dita verso il suo volto; L'occhio destro si era talmente gonfiato da impedirgli addirittura di aprire le palpebre, tutto il suo viso era ricoperto da lividi ed escoriazioni, ma nonostante ciò, appena mi vide, le sue labbra si distesero in un sorriso dolce, dedicato soltanto al mio sguardo.
«È un piacere rivederla signorina Davies.»
«Il piacere è solo mio signor Atlas.» Mi abbassai a cercare le sue labbra, avevo bisogno di saggiarle, di percepire il loro calore e di fondere i miei respiri con i suoi. Dovevo sentire che fosse vivo e ancora con me.
«Per ricevere un saluto così, mi farei picchiare anche ogni giorno.»
«Non dire idiozie Jack, piuttosto dimmi chi è stato.» Lo guardai dritto negli occhi con risolutezza.

«Mio padre.»

Angolo autrice!
Volevo solo augurarmi che la storia vi stia piacendo e se è così, mi raccomando lasciate una stellina o un commento!
E se ho scritto qualche castroneria mi spiace, lo correggerò, ma in questo momento sono davvero stanca XD.
Volevo anche approfittarne per ringraziarvi con tutto il cuore per le 30000 letture, grazie infinite!

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