La settimana stessa ero così eccitato per il mercoledì a seguire, in cui sarei uscito per la prima volta da sto schifo, dopo tre mesi, che programmai quella giornata scrivendo tutto su una agendina di carta che mi avevano regalato. Dalle undici di mattina, fino alle due, da mia mamma, poi andavo a farmi un giro per Roma dalle due e mezza, fino alle quattro, da solo, come sempre, a buttare giù rime che nessuno avrebbe mai letto. Poi se trovavo un motivo per restare, sarei rimasto fino alle...
Nulla, Giulio, seduto sulla sedia vicino il letto, iniziò a scompigliarmi i capelli.
«Troio, sai che hai appena firmato la tua condanna a morte!»Urlai al ragazzo di fromte a me, nervoso. sapeva quanto ci tenessi ai miei capelli. Lo aveva sicuramente fatto apposta, ne ero sicurissimo. Da quando lo aveva fatto la prima volta, dopo i miei scleri, non si era più permesso.
«Oh, scusa!» finse dispiaciuto baciandomi con violenza.
«Giulio, cosa vuoi?» chiesi confuso calmandomi. Il suo comportamento era abbastanza strano.
«Nulla.» lo fissati per un pò, poi tornai a scrivere i miei piani per il mercoledì. Dopo un pò tornò ad infastidirmi, tirandomi le guance.
«Giulio, mi spieghi che cazzo vuoi?» gli urlai contro. Non facevo cose del genere da moltissimo. Vidi il suo sorriso spegnersi e il suo sguardo scurirsi, ad una velocità incredibile.
«Ma che cazzo ti ho fatto oggi? Mi urli contro da ore, per la minima cosa.» lo guardai esterrefatto.
«Sei serio?» Sussurrai.
«Serissimo. Mi stai urlando contro. Mi fai sentire tutto il tuo odio. Mi fai soffrire, lo capisci?» Aspe, cosa, sta per piangere? Arretrai, guardandolo come fosse un alieno. Forse aveva ragione, ed io avevo davvero esagerato. Non mi sembrava, in realtà, ma non credo si sia offeso per niente.
«Scusa Giulio.» Lo avvicinai, ma arretrò al contratto.
«Non volevo ferirti.» Sussurrai al cosetto avvicinandomi. Non mi sembrava di aver fatto qualcosa di male, la sua reazione ora era davvero eccessiva. Analizai,nel momento i cui si stava calmando, quello che avrei potuto aver sbagliato. Iniziai dal giorno prima, fino a cinque secondi fa. Ma non capì cosa potessi aver sbagliato.
«Scusa, ho esagerato. Sono troppo stressato.» Stressato? Non fa un cazzo, oltre stare con me.
«Giulio, se ti pesa lavorare con me, puoi prendere una pausa, se vuoi. Pagata ovviamente.»
«Ne avrei bisogno, ma no, grazie.» Bisogno, scherza? Mi stavo infuriando: io avevo bisogno di una cazzo di pausa da qui, non lui.
«Sicuro? Fa tutto mamma.» provai a stare al gioco convincendolo.
«Oh, ti am-voglio tanto bene. » Mi stritolò sorridendomi. Sì, era un nano impiastro, ma il suo sorriso, era bellissimo. Quella fame sazia, si propagò in me, come la fibra ottica. Sorrisi, quindi, a sua volta estasiato da lui.
«Quando inizio?» esclamò sorridente.
Mi stava praticamente dicendo che non mi voleva più.