Con gli occhi sbarrati, dopo che mio padre si allontanò, caddi sulle ginocchia.
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Così non ce la facevo:
Ero stanco, di tutto.
Strofinai le mani sulla faccia.
«Oh, andiamo, Giò alzati. Stai avendo una reazione eccessiva.» esclamò mia mamma.
«Eccessiva!?» Ero sbalordito, negli ultimi mesi gli eventi avevano iniziato, non più a succedermi, ma a sopraffarmi, e loro se ne uscivano con frasi del genere.
«Già, Giorgio. Stai esagerando.» aggiunse Valerio, e Giovanna annuì.
Non sapevo che fare.
Non avevo le forze di reagire.
Mi sedetti su una di quelle sedie blu mare, e mi guardai attorno.
Ora che non ero ricoverato, questo ospedale sembrava diverso, più vuoto.
Quando sei in quel letto, per qualsiasi motivo, diventi parte di una nuova esistenza, una nuova famiglia, perché sai che non sei solo, e soprattutto sai di stare meglio di qualcun altro lì dentro.
Quando sei fuori, è perché stai bene, e diventa imbarazzante camminare per quei corridoi, tra le persone malate, tra i dottori, i familiari di quei pazienti che, alle volte, non respirano più, tra tutta quella sofferenza che in realtà non ti tocca, perché sai che tutto quello non ti appartiene, e ti fa sentire un animale.
Guardai mio padre forse anche confuso. Sorrisi, e rimasi così a guardare, in silenzio, ciò che mi circondava.
Nessuno parlava in quella stanza, li osservai.
Di fianco a me, due sedie più in là c'era mio padre, mi guardava confuso, non ci stava capendo nulla, e nemmeno io. Ero in balia delle mie emozioni. Iniziò a girarmi un pò la testa, così decisi di uscire a prendere un pò d'aria. Mi sedetti sui gradini delle scale d'emergenza.
Stetti in silenzio, a guardare le stelle, poggiato allo corrimano, per qualche minuto, poi mio padre e Valerio si sedettero sulle scale più in basso di me.
Appena passarono mi sistemai allungando le gambe; sbadigliai un pò e poi cacciai il telefono dalla tasca per vedere l'ora.
«Le ragazze se ne sono andate a casa.» disse solo Vale appena si sedette.
Sbuffai, era una situazione nuova e strana.
«Oh, beh, ragazzi, che ne dite di spiegarmi la situazione?» provò mio padre.
«Anzi, che ne dite di parlare di altro, ok Giorgio?» aggiunse poi.
«Mh, va bene.» sorrisi lievemente, ma in modo sincero.
«Ricordi Giò quando da piccolo venivo a casa tua, e lei signore, ci spaventava facendoci vedere film horror?» rise leggermente facendomi sentire meglio.
«Cristo, fraté non chiamarmi Signore, mi fai sentire vecchio!» esclamò Gennaro Ferrario.
Ci riflettei un po' su e poi mi ricordai, sorrisi istintivamente e risi un pò:
«Sì, lo ricordo. Oddio ricordi quando abbiamo visto Non Aprire Quella Porta?»
«Sì, era comodo, voi stavate lì calmi a vedere un bel film e io dormivo. Ah bei tempi!»
«Bei tempi?! Calmi?! Bel film?! Ho ancora gli incubi!» disse sbalordito. Risi sinceramente, smettendo di pensare a quello che stava succedendo dentro l'edificio.
Valerio lo conoscevo da quando ero nato, avevamo affrontato tutto insieme.
Eravamo così uniti che per la nostra prima cotta, ci innamorammo della stessa ragazza. La cosa non ci divise, come succede spesso, anzi, ci unì di più, perché tra di noi nacque una sorta di pacifica competizione.
Fu lui a perdere la verginità per primo, con una grassona, cessa di quarto superiore, quando aveva solo quindici anni; mi disse che durante l'amplesso, la tipa lo aveva quasi schiacciato e che all'inizio aveva anche sbagliato buco.
Mi terrorizzò, infatti quando solo quando conobbi Alison, riuscì, soli dopo che lei mi pregò per mesi, a farci l'amore.
Mi tolsi la giacca e la posai sul corrimano mentre probabilmente mio padre stava ancora elaborando una risposta per Search o Sercho.
Fortunatamente dopo pochi minuti di silenzio, papà ricominciò a parlare:
«Ragazzo di cosa ti occupi ora? Cioè, lavori?» si rivolse di nuovo a lui.
«Nulla, scrivo canzoni, e faccio freestyle.» rispose tranquillo.
«Oh, wow, è fantastico, hai detto freestyle, quindi presuppongo tu scriva canzoni rap, giusto?»
«Esatto, e anche Giorgio, vero Mostro?» mi prese in giro il ragazzo.
«Sì, Sercho.» sputai in modo acido scherzando.
«Che sono questi? I vostri nome d'arte? Mocho e Mostro?No, ok, sto scherzando. Dai fatemi sentire qualcosa. Non credevo ti piacesse la musica Mostriciattolo.» mi scompigliò i capelli, come ad un bambino.
«Allora Mocho, inizia tu!» scherzai io.**
Vi voglio bene, la maggior parte che apro Wattpad inizio a sorridere, e mi sento sempre immensamente orgogliosa di me stessa, cosa più unica che rara.Grazie di leggere ciò che scrivo.
Visto che poi mi scordo già che sono in tema, vorrei ringraziare più specificatamente
pugnalatalcuore e lodiononeunantidoto per avermi iniziato alla MosLow, senza voi cioccolatini (non trovo soprannome...) ora leggerei ancora storie etero. MI AVETE TRAVIATA.
Poi ci sono sorelladipercy (spero ti abbia taggata), ArchangelOfSky,
pioggiadivetro e @lafigliadiade (credo tu abbia cambiato nome utente, voglio taggarti ma non ti trovo, sorry), love_kodocha, e vi vi bi, siete tante, vi voglio ringraziare per aver letto e commentato, facendomi anche morire dal ridere, le mie storie iniziando da Twitter.
Avrei voluto taggarvi Tutte ma: non ricordo tutti i vostri nomi utente e soprattutto non siete poche.Grazie per il supporto dimostrato in questi sette mesi.
So che sembra sempre scontato, ma vi voglio Davvero bene.
