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«Ciao bambolina» salutò Joker, accorgendosi della sua psichiatra appena sotto l'arco della porta, mentre cercava di appoggiarsi al muro dolorante ma allo stesso tempo divertito. «Ti sono mancato?»
Lei gli si avvicinò lentamente, provando quasi pena nei suoi confronti. La stanza era deprimente, metteva, secondo Harleen, della tristezza addosso a chiunque sarebbe entrato lì dentro. Era vecchia, le mura erano interamente formate da mattonelle bianche, anche se ormai di quel colore restava ben poco. Erano sporche, con strisce di calcare in mezzo che, ad essere sinceri, facevano davvero schifo. Fece una smorfia guardandosi attorno, mentre procedeva verso l'uomo sopra quel vecchio pavimento grigio.
Puntò i suoi occhi verso la spaccatura che aveva il vetro, situato proprio sopra a dove Joker stava seduto, con le gambe distese, rabbrividendo nel ripensare a quando Batman ce lo aveva scagliato brutalmente contro.
Si chinò silenziosamente verso di lui, appoggiandosi alla parete per stare più comoda. Era freddo, dei brividi le percorsero la schiena. Si strinse nel suo camice bianco, che però sarebbe servito a ben poco. Non aveva molto coraggio di parlare, così non disse nulla per un po'.

«Joker...» iniziò, quasi in un sussurro, dopo essersi finalmente decisa.

«Mh?» si girò velocemente verso di lei, con entrambe le sopracciglia alzate, che stavano ad indicare la sua curiosità nel sentirla continuare.

«Che hai fatto?» riformulò la domanda dopo averci pensato per un attimo, «anzi...come hai fatto?» disse scandendo bene il "come". Era curiosa di sapere quale fosse stato il suo piano, anche se non si aspettava una risposta vera e propria.

«A te, invece?» 

«A me cosa?» domandò Harleen curiosa.

«A te, cara dottoressa...ti deprime sapere quanto sei profondamente sola?»

La ragazza tirò indietro la testa, sospirando. Di solito, non sono queste le domande che dovrebbe fare un paziente, anzi! Non dovrebbe proprio essere il paziente a farle. Finiva sempre così, con lui, il Joker, che analizzava lei, Harleen. 

«Perché mi stai chiedendo questo?» rispose, con un tono udibilmente scocciato mentre girava la testa dall'altra parte.

«Io so cosa accade nella tua vita, bambolina» disse prendendole il mento delicatamente per fare in modo che lo guardasse. 
Ecco, odiava quando faceva così. Quando lei gli chiedeva qualcosa e lui non rispondeva, proseguendo per la sua strada e portando avanti un discorso che il più delle volte la confondeva.

«No, non lo sai invece» lei stessa aveva dei dubbi su ciò che aveva affermato, ma non voleva farci caso. 
Nonostante cercasse sempre di spostare lo sguardo, i suoi occhi sarebbero sempre stati richiamati a quelli del criminale, anche contro la sua stessa volontà.

Joker balbettò qualcosa in quel momento, ma Harleen non lo sentì, a causa dei mille pensieri su cui era concentrata in quel momento. Abbassò la testa, guardandosi la gonna, lisciandola, pensando alla sua vita.
Aveva sempre fatto schifo.
Non aveva amici, né genitori alla quale importasse di lei. I giorni li passava tra casa e lavoro, ormai era sempre la solita routine da diverso tempo e lei, si stava davvero stufando. Voleva piangere, ma mai lo avrebbe fatto accanto a lui, che, onestamente, era anche stato capace di rendere la sua vita un po' più interessante. Non c'era un motivo preciso, lo vedeva solo per un po' di tempo ogni giorno per cercare di tenere una seduta, ma, come era appena successo, i ruoli si scambiarono.

Joker la fissava, serio, dopo essersi accorto che l'umore della sua psichiatra era completamente cambiato. «Mh?» cercò di attirare la sua attenzione, riuscendo, ed Harleen alzò molto lentamente la testa.

«Devi sorridere, Harley»

Harley...quando la chiamava così, di solito, voleva dire che stava per dirle qualcosa di..."dolce". Il suo tono di voce non era più inquietante come quello che aveva avuto fin a quel momento, anzi. Era più tranquillo del solito.

|MESSED UP TOO| •Joker e Harley Quinn• {ITA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora