Capitolo 11

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Lane si sentì mancare. Si appoggiò ad un armadietto e fece diversi respiri più decisi, poi si calmò. I due, a quel punto, si accorsero di lui. Immediatamente Miranda lo raggiunse, con Jack al seguito, e gli mise una mano sulla spalla.
«Lane, ti senti b...» fece per dire, quando lui si divincolò dal contatto e fece un passo indietro. Passò lo sguardo da lui a lei più volte, poi si soffermò sul suo amico.
«Come hai potuto farlo,» disse il ragazzo. Jack scosse il capo e provò ad avvicinarsi, ma il castano fece un cenno di stop con la mano. «No, stai lontano da me.»
«Ti prego, Lane, devi perdonarmi,» rispose, con le lacrime agli occhi. L'altro scoppiò a ridere.
«Perdonarti? Tu mi hai mentito, mi hai manipolato, hai incastrato prima Dylan e poi Jeremy. Tutto perché, Jack? Io mi fidavo di te!» Il biondo scosse ancora la testa e si passò le mani sulla faccia.
«Io... io l'ho fatto perché ti amo, Lane. Non potevo sopportare di vederti con Dylan o con Jeremy. Tu dovevi capire che loro non sono fatti per te. Non mi hai mai dato una possibilità, mi hai sempre considerato un amico,» provò a spiegare, quando Lane batté una mano sull'armadietto più vicino a lui.
«No, Jack, ci sono modi migliori per far capire a qualcuno i propri sentimenti. Tu hai giocato con la vita di Dylan, perché poteva rimanere in prigione per anni, hai rischiato di far condannare Jeremy per qualcosa che non aveva fatto ma, soprattutto, hai tradito me.» A quel punto intervenne Miranda, cercando di calmare gli animi.
«Lane, lui ha sbagliato, e se ne pente. Per fortuna non è successo nulla di irrimediabile, quindi la tua reazione è esagerata,» disse la ragazza. Il castano spostò lo sguardo su di lei e le puntò contro l'indice.
«Vogliamo parlare di te? Quando avevi intenzione di dirmelo? O vi sareste accordati per tenermelo segreto ancora?» Fece lui, indignato, ferito nel profondo. Miranda spalancò gli occhi e scosse il capo.
«L'ho scoperto oggi e sono venuta a parlarne con Jack. Non so se te l'avrei detto, ma sicuramente avrei cercato di convincere lui a parlartene,» rispose, irritata dall'atteggiamento dell'altro.
«Dovevi venire prima da me,» disse semplicemente il ragazzo. Lei sorrise.
«La tua reazione è esagerata, fare il bullo è inutile. Lui ha fatto quel che ha fatto per amore, e io sono andata prima da lui perché era giusto così. E se non lo capisci, allora ti conviene andartene e riprenderti, quando tornerai il Lane che conosciamo potrai tornare,» chiarì Miranda, poi afferrò il braccio di Jack e si diresse in aula. Lane rimase lì a guardarli con l'enorme voglia di piangere. Miranda non aveva capito che lui aveva reagito così perché era stato ferito da coloro i quali considerava la propria famiglia. Non aveva capito quanto quel tradimento lo stesse distruggendo e quanto si stava sentendo in colpa nei confronti di Jeremy. Decise di non andare a lezione: si voltò e si diresse dall'altra parte della scuola a passo rapido, schivando la gente che entrava in aula di corsa. Appena raggiunse la classe che voleva, fece un respiro profondo e bussò. Il professore lo invitò a entrare, così lui sorrise e si rivolse all'uomo.
«Mi scusi professore, il prof. Kendriks avrebbe bisogno di Jeremy Holden,» disse, sorridendo. Jeremy lo guardò stranito, intuendo che c'era qualcosa di strano in tutto ciò. Il professore annuì.
«Vai, Holden, ma vedi di non stare fuori molto,» acconsentì, Lane lo ringraziò e lui tornò alla propria lezione. Il biondo, nel frattempo, si accinse a uscire riluttante dall'aula. Appena fu fuori, guardò il più piccolo e scrollò le spalle.
«Kendriks non ha bisogno di me, vero?» Lane scosse la testa e fece qualche passo lungo, poi si fermò in prossimità di una fila di armadietti e chiuse gli occhi. Appoggiò la schiena alla parete e attese. «Lane, questa cosa mi sta indisponendo. Si può sapere che cazzo succede?»
«Andiamo a casa?» Jeremy rimase sorpreso da quella domanda. Lane l'aveva ingiustamente accusato, senza credere alle sue argomentazioni, l'aveva debellato dalle sue amicizie, eliminato dalla sua vita per la seconda volta in tre anni, e veniva a chiedergli di andare a casa? Non sapeva propriamente come comportarsi. Se si era abbassato ad andare da lui voleva dire che si trattava di qualcosa di importante e Jeremy teneva abbastanza al proprio migliore amico da esser veramente preoccupato. Ma, dall'altro lato, non voleva cedere così facilmente, dopo quello che gli aveva fatto passare, voleva si rendesse conto che era stato ingiusto e scorretto.
«Non mi sembra il caso,» rispose quindi, schivo e freddo. Sapeva di stargli facendo male, ma se lo meritava, anche se una morsa gli stringeva inesorabilmente lo stomaco. Nella loro separazione passata, Jeremy aveva sofferto tanto. Lane si era concentrato solo su di lui, senza immaginare il perché del comportamento del biondo. Sin dai momenti intimi, dai loro due baci, lui l'aveva fatto per Lane. Non aveva mai provato amore, non per un ragazzo, ma adorava vedere quella luce negli occhi del castano quando uscivano, quelle situazioni in cui si dicevano tutto, e pensava che rifiutandolo l'avrebbe perso. Aveva capito che Lane era gay dall'asilo, quando preferiva giocare al castello della Principessa piuttosto che alle macchinine con gli altri bambini. Aveva chiesto a sua mamma perché era strano, lei gli aveva risposto che alcune persone erano diverse e che probabilmente erano più fragili di altre. Che avrebbe capito che quella diversità sarebbe solo stata bella e che non avrebbe mai dovuto prendersi gioco di loro. Quindi lui aveva deciso di fare amicizia con Lane. I bambini lo prendevano in giro e a lui non piaceva la cosa, così aveva cominciato a giocare al castello con lui, e altri l'avevano imitato. La conferma della sua sessualità, però, l'aveva avuta durante le scuole elementari, quando la maestra aveva chiesto alla classe di scrivere una lettera alla persona che ammiravano e mentre tutti avevano scelto quarterback famosi, cantanti, attori, lui l'aveva scritta a Lady Diana d'Inghilterra, ringraziandola per aver sempre spronato ad amare chiunque si volesse amare. Quando Lane aveva confessato la propria sessualità all'altro, Jeremy non aveva saputo cosa fare. Così aveva preso le distanze, sperando che l'altro avrebbe placato la propria cotta verso di lui e sarebbero potuti tornare ad essere amici. Ogni giorno ne sentiva la mancanza, ma si ripeteva che continuando a stargli vicino non avrebbe mai smesso di amarlo.
«Ti prego, Jeremy,» supplicò il ragazzo. Il biondo non ce la fece, deglutì e annuì, superando Lane e dirigendosi all'uscita. I due salirono sull'auto del primo e si avviarono verso la casa del secondo. Durante tutto il viaggio rimasero in assoluto silenzio, poi arrivarono a destinazione ed entrarono. Salirono in stanza, quindi Lane si sedette sul letto e invitò l'altro a imitarlo.
«Meglio che io resti qui. Lane, cosa c'è?» Chiese, esasperato dal suo comportamento. Lane serrò la mascella e si fece coraggio.
«È stato Jack a incastrare Dylan. Non tu.» Per qualche secondo, il mondo parve fermarsi. Poi Jeremy sorrise e abbassò lo sguardo a terra.
«E perché l'ha fatto?» Domandò. Lane scrollò le spalle.
«Dice di amarmi e di essere geloso di te e di Dylan,» confessò il castano. Jeremy annuì. Era intuibile, Lane aveva sempre avuto le fette di salame davanti agli occhi. Non riusciva a dare corretta interpretazione all'atteggiamento degli altri, così scambiava amore per amicizia e viceversa.
«Beh, grazie per avermelo detto. Posso tornare a scuola ora?» Chiese Jeremy. Lane spalancò gli occhi.
«No. Jeremy io... scusami, non avrei dovuto dubitare della tua parola,» fece Lane. Jeremy annuì.
«Già, non avresti dovuto.» Il castano si alzò e si portò a pochi centimetri dall'altro, che rimase immobile.
«Ti prego, Jeremy, perdonami,» provò, guardandolo dritto negli occhi verdi. Vi lesse l'indecisione, la voglia di perdonarlo contro la paura che, come era successo due volte, loro potessero allontanarsi nuovamente. Ogni volta faceva sempre più male per entrambi.
«Lane, non so se posso. Devi fidarti di me, o è tutto inutile.» Lane annuì, consapevole. Si era sempre fidato di Jeremy, e lui non l'aveva mai tradito. Era l'unica persona al mondo a non averlo fatto. Aveva preso le distanze quando gli aveva confessato di amarlo, ma era comprensibile in quella situazione.
«Ti giuro che mi fiderò sempre di te,» rispose, tentando di non piangere. Non gli piaceva essere cosi checca davanti a Jeremy. Il biondo si mosse, a disagio, e si allontanò un po' dandogli le spalle. Rimase lì, fermo a pensare. Voleva perdonarlo, ma non sarebbe funzionata. Sarebbe sempre stato così: quell'avvenimento di due anni fa aveva distrutto il loro legame.
«Non credo che funzionerebbe.» Lane si asciugò gli occhi liquidi e si avvicinò ancora. Senza dire nulla lo abbracciò e chiuse gli occhi, godendosi la sensazione di sicurezza che gli trasmetteva.
«Se non ci credi, non funzionerà mai. Ma devi crederci, devi sperarlo. Siamo sempre stati noi due contro il mondo, da quando sei venuto a giocare al castello delle bambole con me fino a quando non ho rovinato tutto dicendoti di amarti.» Lo guardò negli occhi e sorrise. «E io ti amo, Jeremy, ma come ami il tuo migliore amico, come ami tuo fratello. E senza di te non posso andare avanti ora.»
«Promettimi che non dubiteremo mai più l'uno dell'altro,» provò Jeremy. Lane annuì.
«Te lo prometto,» rispose. L'altro sorrise.
«Ti perdono, Lane.»

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