Piccola perla

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* * *

L'orologio sul campanile della chiesa segnò le sette, la campana cominciò così a suonare alle prime ombreggiature della sera. Il cielo ancora chiaro e il sole che era già tramontato dietro le colline lasciava alla luna lo spazio per essere contemplata.
Quella sarebbe stata una notte particolare per il paese situato ai piedi dei colli vicino alle sponde del grande lago, perché in quel giorno di metà luglio si sarebbe svolta la "Notte Bianca".
Nel centro erano già tutti pronti, bancarelle di ogni tipo stavano esposte per la via principale, ristoranti aperti e nella piazza del campanile avevano messo un palco dove vari musicisti avrebbero suonato e ci sarebbe stata della buona musica. Tutti erano pronti per passare una tranquilla serata in compagnia. C'era chi, invece, era nell'ansia più pura.
Jean continuava a guardare l'ora sul telefono, sbattendo il piede ripetutamente sull'asfalto e ogni tanto, lanciava un veloce sguardo al portone di fronte a sé.
Calmati cretino! Si ripeteva in testa, in fondo era solo una normalissima uscita tra... amici? Ah, chi voleva prendere in giro? Era ovvio che sperasse ad una svolta al rapporto che aveva con lei.
Mikasa, la ragazza forse più intelligente e bella che avesse mai conosciuto. Anche se onestamente, ci aveva messo un po' di tempo per amare il suo carattere difficile e particolare. Per quanto fosse bella, il suo temperamento freddo e chiuso andava in contrasto con il suo un po' più esuberante. Una volta, durante un collettivo di classe, proprio nel bel mezzo di una discussione accesa, lei lo aveva definito un "pallone gonfiato".
Ci era rimasto male, e fu allora che cominciò ad avere un qualche interesse verso di lei, sapendo perfettamente che non sarebbe mai stato ricambiato. Era successo quando erano solo in seconda superiore.
Ne erano cambiate di cose da allora che quasi gli era impossibile crederci.
Lo scatto della serratura lo fece destare dalla moltitudine di pensieri che gli vorticavano in testa, ma il suo cervello andò completamente in pappa quando si trovò davanti Mikasa.
Era semplicemente stupenda: indossava un abito nero con la gonna che le ricadeva dietro fino alle caviglie e sul davanti era più corta risaltando molto le gambe slanciate, un cardigan color panna e i polsi erano adornati da alcuni bracciali. I capelli corvini erano legati in una piccola coda alta, e la frangia incorniciava il suo viso dai tratti asiatici.
"Ciao Jean" gli sorrise Mikasa avvicinandosi a lui per scoccargli un bacio sulla guancia.
"Mikasa sei... sei davvero bella! Ehi ma, sbaglio o sei più alta?"
"Ah, sì. Per queste..." indicò le sue espadrillas nere con le zeppe. Jean si mise a ridere "Si spiega tutto allora, uhm, vogliamo andare?"
La prese di sottobraccio, e chiacchierando di varie cose raggiunsero il centro del paese. Le vie pululavano di gente e a quell'ora erano tutti alla ricerca di un buon posto dove poter mangiare.
"Va bene qui?" chiese Jean dopo essersi fermato davanti a un tendone dove cucinavano deliziosi hamburger. La ragazza annuì così andarono a fare l'ordinazione per poi cercare un tavolo libero.
Cenare all'aria aperta rendeva contenti i due ragazzi che al contrario di quello che pensavano, si trovarono davvero bene e a proprio agio loro due soli. Scherzarono anche con le patatine fritte rischiando di sporcarsi con il kechup. Mikasa si stava pure per arrabbiare con Jean perché già ben due volte gli stava per rovesciare la birra addosso.
"Scusa! Scusa!" diceva lui nel panico, sicuro al cento per cento che le avrebbe prese di santa ragione se non fosse stato meno maldestro.
Quando ebbero finito, Jean vide la ragazza tirare fuori dalla sua borsetta a tracolla il portafoglio, fu subito più svelto di lei ad alzarsi e andare alla cassa, prendendo con un movimento rapido il suo portafoglio e tirare fuori i soldi per pagare.
"Guarda che avremmo potuto fare metà" affermò lei affiancandolo.
"Nah, figurati." si strinse nelle spalle e le sorrise per poi prenderla di nuovo a braccetto.
Si stava davvero bene quella sera e pian piano il cielo si era fatto completamente scuro. Il paese era in festa, le persone giravano per le bancarelle contente, mentre nella piazza principale avevano già iniziato a suonare o mettere qualche canzone per far ballare i visitatori.
Jean e Mikasa camminavano tranquilli, ogni tanto si fermavano a curiosare su qualche banco che poteva interessargli e, per la gioia del ragazzo, parlarono di molte cose: scuola, vita privata e aneddoti passati. Gli piaceva ascoltare la ragazza, e si chiese se era mai possibile essere attratti anche dal suono della sua voce. Era meravigliosa!
"I miei genitori, sapendo che uscivo con te, hanno colto l'occasione di uscire anche loro, ma forse sono andati nella città vicina. Ti rendi conto? Ormai facciamo le cose insieme sempre meno spesso. Ed è un po' triste" disse lei scrollandosi le spalle.
"Be', ormai abbiamo diciannove anni, mi sembra normale che vogliano liberarsi di noi"
Mikasa scoppiò a ridere "In effetti, se ci penso i miei devono sempre sorbirsi i litigi tra me e mio fratello. Pensa che una volta ci avevano sbattuti fuori di casa e mia madre aveva detto di risolvere la questione fuori per strada"
"E l'avete risolta?"
"Ma figurati" risero all'unisono.
"E tuo fratello stasera che fa?" chiese Jean.
"Se n'è sta a casa. Ha colto l'occasione per stare da solo con il suo ragazzo" rispose lei prima che un bambino la superasse dandole una spallata rischiando anche di cadere.
"Ehi!"
"Scusa!" urlò il bimbo dopo aver fatto un piccolo inchino, poi, senza guardarli si voltò e scappò via di corsa. Venne seguito da altri bambini sorridenti e notarono che stavano andavano tutti in una specifica direzione.
"Chissà dove corrono" disse Mikasa.
"Andiamo a vedere"
Quei piccoletti avevano preso una via che portava a una strada principale ma era chiusa perché, scoprirono, erano messe in esposizione una fila di ferrari.
Jean fece un verso di sorpresa e i suoi occhi si illuminarono di curiosità mal celata.
Mikasa lo trascinò vicino a tutte quelle auto perché il ragazzo pensava che a lei non gliene sarebbe importato granché.
Lei non ci capiva niente di auto, quindi fu più che contenta di ascoltare cosa aveva da dire Jean su quelle macchine tanto eleganti quanto belle. I colori sgargianti come rosso, giallo e arancione rendevano le auto più accattivanti. Sorrise anche quando Jean scoprì che in alcune poteva addirittura salirci e ispezionare ogni angolo degli interni.
Una aveva il cofano aperto e furono inutili le spiegazioni del ragazzo per quanto riguardava il motore, perché tanto non sarebbe mai riuscita a capirci qualcosa. Era felice di vederlo così entusiasta, si confrontava anche con uomini più grandi di lui e scoprì che ne sapeva bene quanto loro, magari su due o tre cose aveva chiarito certi aspetti.
Più avanti, invece, dopo le ferrari, erano esposti diversi tipi di trattori, dai più piccoli e vecchi a quelli di ultima generazione. Per ultimo c'era un mostro, non un trattore a doppia trazione poiché era veramente enorme e i due ragazzi non ne avevano mai visto uno così grande da vicino. Dava una certa sensazione di soggezione.
In seguito a quel tour, decisero di tornare indietro per prendersi un gelato e dopo aver trovato una gelateria soddisfacente, andarono verso la piazza del canpanile.
La musica alta e la gente sotto il palco che si divertiva a ballare attrasse il ragazzo, sperando di convincere Mikasa a ballare con lui.
"Quando finiamo ti va di andare lì?" indicò la pista da ballo e la ragazza ci mise qualche secondo a rispondere "Okay"
"Se non ti va, tranquilla, andiamo da qualche altra parte"
"Ma no, andiamo a ballare" disse lei finendo il suo cono. Si pulì bocca e mani con il fazzoletto e lo buttò nel cestino più vicino, Jean la seguì a ruota.
Quando arrivarono sulla pista da ballo era già partita Sofia di Alvaro Soler, la canzone che quell'anno aveva fatto scalpore ed era divenuta una dei pochi tormentoni di quell'estate.
Si divertirono tantissimo in quella mezz'ora sotto varie canzoni, ma c'è un limite a tutto e quando Mikasa stava per cadere dopo aver poggiato male il piede e che Jean l'aveva subito sorretta, decisero di allontanarsi. Avevano anche una gran sete e comprarono dell'acqua ma anche una bottiglia di birra.
"C'è tanta confusione, andiamo al lago?" propose Jean.
"Sì, te ne prego"
Non distava di molto il lungo lago, e dopo essersi allontanati dalla fiera avvicinandosi sempre di più al lago erano felici di aver trovato un po' di pace.
Le luci soffuse dei lampioni e le poche persone che camminavano lì, fece apparire tutto ad un tratto la notte ancora più buia. La luna era semi nascosta dalle poche nuvole nel cielo e di stelle non se ne vedevano molte.
Lo sciabordare leggero dell'acqua sulla riva veniva accompagnato dalle ultime cicale sveglie, le quali quella notte erano un continuo rumoreggiare.
Si sedettero su una panchina e Mikasa si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo perché i piedi erano a pezzi.
"Fa frescolino qui" disse coprendosi con il cardigan.
"Già, se senti freddo, ti presto la mia giacca"
"No, sto bene" gli sorrise. Calò un religioso silenzio, dove ognuno restò per i propri pensieri.
Mikasa scoprì di aver passato davvero un'ottima serata in compagnia del ragazzo, anche lei non credeva di instaurare con lui un rapporto così stretto. Erano passati dal non calcolarsi mai al scriversi praticamente ogni giorno. Non le dispiaceva affatto, anzi, era lusingata di aver scoperto che non era solamente un ragazzo che si dava delle arie, ma in verità pensava al prossimo (nei limiti del possibile) e con lei era dolcissimo.
Jean non era da meno, ma adesso che erano effettivamente soli, l'ansia era ritornata a impossessarsi del suo corpo.
Fino a prima non ci aveva più pensato, ma adesso che era il momento giusto per dichiararsi, lo innervosiva parecchio. Cavolo, eppure non sembrava così difficile nella sua mente! Si era studiato da giorni e giorni un discorso sensato e capace di impressionare la ragazza, sapeva anche, però, che non doveva essere troppo sdolcinato perché Mikasa non era il tipo da poemetti o cene romantiche. No no, non era da lei.
"Jean" lo chiamò Mikasa con una nota di esitazione nella voce.
"Sì?"
"Sono stata davvero bene con te, grazie"
Jean sentì il cuore pompare il sangue al massimo, un senso di felicità misto alla sorpresa di notare l'imbarazzo di Mikasa mentre diceva quella frase prese in possesso tutto il suo incarnato. Ma restò composto mostrando anche lui la sua gratitudine di essere lì con lei. Un gesto istintivo fu quello che fece dopo, circondò le spalle della ragazza con un braccio, stringendola a sé. Mikasa non si allontanò, poggiò la testa sulla spalla del ragazzo e chiuse gli occhi sentendo un calore gentile e familiare.
"Mikasa io credo... credo..." la ragazza alzò la testa per guardare Jean che tentava invano di trovare le parole adatte e non sembrare uno scemo imbarazzatto fino al collo. Sospirò e quando Mikasa strinse la mano di lui, capì che aveva compreso. Trovò coraggio e forza vedendo le sue labbra rosee estendersi in un caloroso sorriso.
Alla fine non disse nulla, al diavolo le parole: avrebbe mostrato ciò che provava con i fatti.
I loro visi già vicini azzerarono la distanza che li separavano a metà strada. Un casto bacio che si tramutò in qualcosa di più profondo e infine in una vera e propria passione.
Mikasa si staccò quasi subito e si nascose affondando la faccia sulla spalla del ragazzo.
"Oddio" si mise a ridere diventando tutta rossa e Jean la guardò preoccupato.
"Scusa, era da tanto che non baciavo qualcuno... è stato..."
"Prezioso"
"Prezioso?"
"Sì, prezioso perché tu sei preziosa come le perle Mikasa"
La ragazza abbassò lo sguardo si grattò il collo con un certo nervosismo. Lui le prese la mano e le baciò il dorso, poi si avvicinò di nuovo al suo viso.
Si baciarono di nuovo, con più calma assaporando per bene le labbra dell'altro, studiandone ogni angolo e giocando con le lingue. Furono interrotti solo dallo scoppiare dei fuochi d'artificio. I due ragazzi li guardarono per qualche minuto ammaliati e impressionati dai giochi di colore e forme che quelli prendevano.
Poi, ritornarono a pensare a loro due, ad accontentarsi di quei baci sotto il chiaro di luna con un sentimento dettato dalla natura che sovrastava le persone rendendole felici, migliori.
Sì, in quel momento non desideravano altro che essere in quel luogo l'uno accanto all'altra.

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Buonsalve! Questa è la mia primissima fic dell'Attacco dei giganti con una ship che adoro davvero molto
Spero vi sia piaciuta ^-^

Piccola perla | JeankasaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora