Quella mattina, una come tante, mi svegliai di soprassalto, ero completamente fradicia di sudore al punto che la t-shirt formava un secondo strato di pelle sul mio torace. Sgranai gli occhi per abituarmi alla poca luce che illuminava ancora la mia stanza e restai immobile a fissare il soffitto, per qualche istante, per poi voltarmi a osservare l'altra parte del mio letto: era tutto sottosopra, con parte delle coperte riverse sul pavimento. Scalciai un lembo di lenzuolo che mi ricopriva ancora i piedi e mi tirai su a sedere. Poi, quasi con sorpresa, alla quale subito seguì una brusca presa di coscienza, mi accorsi di essere terribilmente sola e che quello appena fatto era solo l'ennesimo sogno. Trascinai le ginocchia al petto e vi appoggiai sopra il mento.
La mia mente continuava a prendersi gioco di me.
A quel punto tirai un enorme sospiro lanciando un'occhiata alla sveglia sul comodino e rendendomi conto che erano da poco passate le tre di notte.
Ricaddi all'indietro. Ero di nuovo sdraiata a fissare il soffitto sul quale i tenui raggi della luna avevano creato un gioco di ombre con l'intarsio della tenda.
Gemetti, rigirandomi su di un fianco, mentre uno strano senso di sgomento mi serrava la gola. Così, mi avvinghiai al cuscino anche con le gambe e solo in quel modo riuscii a riprendere sonno.
Alle sette la sveglia suonò facendomi sobbalzare.
«Maledizione!!» imprecai, poi presi il cuscino che avevo tra le cosce e lo scagliai con violenza contro il comodino.
Finirono in terra, in un colpo solo, la sveglia, che smise improvvisamente di suonare, e l'abat jour.
Richiusi gli occhi forse per dieci secondi, poi, lo spirito del dovere mi richiamò all'ordine e gemendo mi ritrovai seduta sul letto con la faccia tra le mani.
«In piedi, Caitlin, e affronta questa ennesima giornata» dissi ad alta voce.
Alzandomi raccolsi la sveglia e l'abat-jour e li risistemai sul comodino, controllando che entrambi funzionassero ancora, poi uscii dalla mia stanza e scesi le scale trascinandomi verso la cucina.
Aprii il frigorifero per prendere le uova e il succo d'arancia quando, con mia grande sorpresa, mi accorsi che su di un ripiano troneggiava una bellissima fetta di torta alla panna sulla quale ancora si intravedevano alcune lettere del mio nome e della scritta ''HAPPY BIRTHDAY'', subito mi venne alla mente la splendida festa a sorpresa organizzata, la sera prima, da Eileen e altri miei colleghi e amici. In quel momento una fitta dolorosa mi pulsò nella tempia destra facendomi sfuggire una smorfia di dolore o forse di rammarico.
La sera prima.
«Dai, non farti pregare. Beviamo solo una cosa e ce ne stiamo un po' tra amiche» mi stava pregando Eileen, la mia amica e collega.
Ero completamente presa dalle relazioni fornitemi da nostro cool hunter nella mattinata. La mia scrivania era completamene ricoperta da foto, post-it volanti e colorati, ritagli di giornale e fogli scritti per metà a mano e per metà al computer. Quell'uomo era così snervante per via del suo modo di lavorare tanto disordinato. Da lui non ci si poteva mai aspettare una bella relazione dettagliata, ma solo elaborati che sembravano più il frutto della mano di un giornalista d'assalto, alla perenne ricerca di uno scoop, costretto a scrivere su qualunque superficie gli si presenti a portata di mano, pur di non lasciarsi sfuggire l'attimo. Non mi sarei meravigliata di ritrovarmi, un giorno, qualche suo appunto buttato giù alla svelta su di una salvietta presa in un qualche bagno pubblico.
Eric O'Neill. "Un nome una garanzia". Quel nome mi ronzava nelle orecchie come un insetto fastidioso ma, nonostante tutto, apparteneva a un uomo geniale, capace di scovare la scintilla di una nuova tendenza culturale o di una potenziale moda in qualsiasi anfratto possibile, compresi gli angoli più oscuri e nascosti della città o magari in giro per il mondo.
Insomma, ero completamente assorta in tutta quella carta da spulciare e decriptare che la voce della mia amica mi sembrava un sibilo lontano e privo di importanza in quel momento.
Eileen, ovviamente, non si diede per vinta finché non fu riuscita a portarmi allo sfinimento tanto da costringermi ad accettare la sua proposta.
«Sai quanto odi festeggiare il mio compleanno: di solito ci ubriachiamo e restiamo a parlare di cose senza senso al pub qui di fronte. Ora invece ti è venuta quest'idea di chiamare anche altre ragazze. Non ho voglia di farmi vedere ridotta a pezzi da gente che lavora con me. Ovviamente esclusa te che conosci quanto sia profondo il baratro della mia disperazione quando bevo» bofonchiai incrociando le braccia al petto.
«Eddai, Caty. L'ho detto anche a Moira ed Anne del personale solo perché sono simpatiche e perché te ne stai troppo per i fatti tuoi, ultimamente. Dovresti uscire un po', prenderti del tempo per te stessa. Accidenti. Ci conosciamo da quanto? Sei anni? Non eri così introversa, tesoro mio. Da quando hai lasciato quello stronzo di Reed Jackson sei diventata mamma orsa. Io non posso rappresentare sempre la tua ancora di salvezza. Hai bisogno di conoscere altra gente, provare nuove esperienze, magari potresti trovare un uomo decente che ti faccia realmente felice» mi rimbrottò.
A l'udire il nome di quel demonio, sussultai e il cuore mancò un battito. La delusione era ancora troppo viva in me, per permettermi di fare finta di nulla quando veniva nominato in mia presenza.
«Ok. Ma beviamo solo una birra e poi mi lasci libera. Domani mattina voglio uscire presto per fare una corsetta, ho bisogno di ricaricarmi all'aria fresca della mattina» mugolai.
Eileen agitò le mani davanti al petto in segno di resa.
Quando uscimmo dall'ufficio, mi resi conto che non c'era quasi più nessuno, così guardai l'orologio e vidi che erano da poco passate le sei e mezza.
«Cavoli. Siamo rimaste da sole. Che c'è, è il black friday oggi?» borbottai mentre attraversavamo il corridoio che portava agli ascensori.
Eileen fece spallucce mentre mi passava accanto.
La mia amica mi aveva appena convinta ad andare al pub dall'altra parte della strada e io, totalmente ignara di quanto stava per accadermi, la seguì ancora riluttante. Ma, non appena entrammo in quel posto, fui completamente travolta dalle urla dei miei colleghi e dalle note un po' stonate della canzone di "buon compleanno".
«Ecco dove eravate finiti tutti!» esclamai con un sorriso tirato.
Odiavo le sorprese e anche le feste di compleanno. Ero davvero un'orsa? Beh, direi proprio di sì.
Quella stronza mi aveva organizzato una festa a sorpresa e teso una trappola dalla quale difficilmente sarei riuscita a liberarmi prima di qualche ora.
Era il mio trentacinquesimo compleanno ed ero dannatamente single.
Decisi di accettare la festa e quello che ne conseguiva: magari avrei potuto anche divertirmi.
Non so come, a un certo punto della serata mi ero ritrovata completamente sbronza a cercare di mettere insieme i versi della canzone di Celin Dion "My heart will go on", in un poco convincente karaoke assieme alle mie altrettanto ubriache amiche/colleghe Eileen, Niamh e Moira.
Mentre la mia mente, alla stregua di un videoproiettore, faceva scorrere velocemente davanti ai miei occhi la pellicola della serata appena trascorsa, un brivido d'imbarazzo mi attraversò la schiena facendomi ritornare al presente.
«Al diavolo» imprecai, cercando di cacciare dalla mia mente l'immagine di me in quella situazione ai limiti dell'assurdo e mi tuffai nella torta.Quando ebbi mandato giù anche l'ultimo boccone bevvi il mio tè appena tiepido e corsi a vestirmi. Ormai non c'era più tempo per il footing mattutino.
Quando finalmente arrivai a lavoro, quella mattina, sentivo una strana angoscia rispetto agli altri giorni, forse un presentimento di ciò che poco più tardi sarebbe accaduto ma, in quel momento, non ci diedi molto peso. Così, una volta uscita dall'ascensore, mi diressi verso il mio ufficio.
La testa mi martellava e mi ricordai che avevo lasciato le pastiglie di analgesico sul tavolo della cucina.
«Maledizione. Come farò ad affrontare questa giornata se sto da schifo?» sbuffai.
Ciao a tutti. Spero che la mia storia vi piaccia. Postate commenti in merito così che possa renderla più bella. Votatela se è di vostro gradimento!!!! di seguito pubblicherò le prossime parti. Grazie aspetto con ansia...
STAI LEGGENDO
Like the leaves in the fall (The Seasons Saga)
RomanceCaitlin Murray è un donna con una brillante carriera in ascesa davanti a sé. Dopo la rottura improvvisa con il suo fidanzato storico decide di dedicarsi completamente al suo lavoro presso una nota agenzia pubblicitaria di Galway. Ha un carattere for...