•Prologo•

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Samantha

Luci accecanti, continui flash, buio a tratti, volume altissimo. Una massa informe di persone sudaticce si muove e urta gesticolando, contendendosi lo scarso spazio disponibile. La discoteca è gremita e io mi sento un pesce fuor d'acqua. 

Chi diavolo me lo ha fatto fare di venire qui? Che cosa? Ma guarda quanto è ipocrita, quello stronzo... Se la sta spassando con quella!

Sono incazzata: ho appena visto Lucas, il mio fidanzato, strusciarsi contro una bionda ossigenata. Tuttavia, nonostante l'arrabbiatura, sono in grado di prendere coraggio e mi avvicino ai due mentre continuano a baciarsi e a ridacchiare tra di loro. 

«Ti odio!» Grido, versando su di lui tutto il cocktail che fino a poc'anzi era nel bicchiere. Loro, in tutta risposta, mi rivolgono solo delle occhiate perplesse.

«Sam, aspetta, non è come credi, posso spiegarti!» 

«Senti, Lucas, vaffanculo!» Dico in risposta, ignorando le loro imprecazioni e gli sguardi attoniti dei presenti. Mi allontano decisa, uscendo in lacrime dalla discoteca; il vento pungente primaverile mi sferza il viso. Avanzo sul marciapiede e, con la vista offuscata dalle lacrime, mi fermo ancora tremante. Infreddolita aggiusto la sciarpa rossa e tiro su la zip del parka nero fino al collo. 

Asciugo in fretta gli occhi. Improvvisamente, sento il mio cellulare squillare e con un gesto svogliato affondo la mano nella tasca dei jeans, afferrando lo smartphone.

Sbadigliando e con ancora le lacrime agli occhi do uno sguardo al display: c'è una chiamata in arrivo da Lucas. Lascio squillare a vuoto, non voglio sentire la sua voce e né soffrire a causa sua. 

Osservo lo schermo: segna l'una e mezza di notte. 

Invio un messaggio a Lucas: "Smettila di rompere, è finita!". Sperando con tutta me stessa che la smetta veramente. 

Spengo il cellulare e lo ripongo nella tasca. 

Mi incammino frustrata per le strade deserte e illuminate dai lampioni, a malapena passa qualche auto a quest'ora. Fa freddo e sono costretta a strofinare le mani per riscaldarle. Avanzo sul marciapiede e, attraversato l'incrocio, noto un clochard seduto su una panchina mentre fuma una sigaretta. 

Ha il viso arrossato dal freddo e un cappuccio sul capo dal quale si scorgono dei ciuffi di capelli rossicci.

Incrontro i suoi occhi verdi spenti, contornati da occhiaie. 

Ha un aspetto trasandato, la barba incolta, gli abiti sudici. 

Mi rattristo pensando alla sua situazione precaria. 

Mi viene l'istinto di gettargli qualche moneta nel cappello logoro ai suoi piedi, nel contempo che lui si esibisce con la sua armonica intonando una dolce melodia.

«Grazie, signorina!» Mi dice con voce rauca.

Gli sorrido e proseguo spedita svoltando l'angolo. Sono quasi arrivata a casa, mancano pochi isolati oramai.

All'improvviso un clacson mi fa trasalire. Vedo fermarsi poco distante da me l'auto di Lucas, dalla quale scende barcollante.

«Sam, ti prego, ascolta: non posso vivere senza di te, ti amo!» Mi afferra per un braccio, stringendolo forte in modo tale che io non possa sfuggirgli.

«Non mi toccare, toglimi le mani di dosso!» Strillo spaventata. Cercando di ribellarmi, ma è inutile, è nettamente più forte di me e mi costringe con la forza a salire in auto. Chiude lo sportello e riparte.

«Ti ho detto che è finita! Hai capito? Non voglio più vederti!» 

«Ascolta, calmati, ora ti accompagno a casa!» Sbotta irritato, lanciandomi per un breve attimo un'occhiataccia.

«Vaffanculo! Fermati, voglio scendere!» Urlo cercando di uscire dall'auto, ma Lucas prontamente attiva le sicure, bloccando la mia unica via di fuga. Mi sento come un topo in trappola.

Deglutisco rumorosamente percependo il cuore che batte impazzito nel petto.

«Che cosa fai, dove mi stai portando? No, aspetta fermati, ti prego lasciami andare!» Atterrita, comincio a supplicarlo di lasciarmi andare via.

«Non andrai da nessuna parte, piccola», mi minaccia. Vedo, oramai visibilmente spaventata a morte, il suo sorriso, il suo sguardo folle. 

L'auto si ferma sul sentiero di una boscaglia, una brutta sensazione invade tutto il corpo quando finalmente realizzo la mia situazione: sono in trappola.

Lucas si fionda sulle mie labbra baciandomi con foga, mi infila le mani sotto al maglione e inizia a sfiorarmi la schiena nuda.

Il suo tocco mi fa trasalire, cerco di rifiutare quel bacio; gli mordo il labbro, lui digrigna i denti e mi schiaffeggia sul viso.

«Stai ferma, puttana. Ti faccio vedere io, stronza!» E in quel momento, sotto l'effetto dell'alcol, mostra la sua indole violenta, mi sento sempre più terrorizzata da quel suo lato che mai avrei voluto conoscere.

Tutto accade in un attimo: sento un suono metallico e, quando volto lo sguardo verso di lui, spalanco gli occhi terrorizzata. Impugna una pistola e con il calcio mi colpisce alla testa.

Il colpo è così violento che vengo sospinta in avanti, andando a battere il capo sul cruscotto, con i capelli davanti al viso.

Mugugno dolorante, la vista si annebbia, poi il buio mi avvolge.

Fatal FrameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora