Capitolo 7

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Guardo il diario di Samantha, che ho ancora aperto tra le mani, e lo chiudo con un colpo netto.
Dunque da ciò che ho capito Lucas era violento... Comunque, adesso ho deciso, chiamo Matthew e gli parlo di questa scoperta.
Sono tentato dal desiderio di telefonargli, ma esito perché non vorrei disturbarlo. Rischio di chiamarlo in un momento inopportuno.
Ah, Nathan, non esitare, chiamalo e basta! Mi consiglia la mia coscienza. Ok, ho deciso, lo chiamo.
Frugo il suo numero nella rubrica, faccio partire la chiamata e resto in attesa... Uno squillo, due squilli, tre squilli. Sto per riattaccare quando finalmente sento la sua voce. «Nathan?»
«Ehi, Matt, scusa se ti disturbo, ma vorrei parlarti, è importante. Possiamo vederci al Washington Square?»
«Non posso. Okay? Non disturbarmi, sono in dolce compagnia!» Esclama sghignazzando e, in questo istante, sento la voce di Chloe, la nostra amica e collega.
Lo sento ridere, gemere, e ciò mi fa capire che è impegnato nel suo letto con Chloe, non è che sono geloso sia chiaro. È normale che abbia una ragazza, però mi delude il fatto che abbia riattaccato senza darmi il tempo di ribattere.
Con amarezza ripongo il cellulare nel taschino dei jeans e decido di fare una passeggiata per il centro, voglio svagarmi un po'.

Esco di casa salgo in auto e mi dirigo verso Willamette Park.
Parcheggio in zona riservata, scendo e inizio a fare una passeggiata.
Proseguo sui sentieri pavimentati circondati dalle aiuole curate. Respirando a pieni polmoni l'aria pura, supero alcuni pedoni svolto a destra e continuo a correre.
La brezza fresca del vento d'inizio settembre che mi solletica il viso mi dona un senso di sollievo.
Continuando ad avanzare, vedo i bambini che giocano sugli scivoli, sulle altalene e sento i loro schiamazzi e, subito dopo, mi fermo a osservare ciò che mi circonda: alcuni ragazzi che sfrecciano sui loro skateboard mi passano accanto.
In questo preciso istante mi ritorna in mente un frammento della mia adolescenza vissuta con lei.

Rivedo me stesso seduto sulla panchina alla mia destra dove un tempo per noi era il nostro posto speciale.
Mi perdo a osservare il paesaggio circostante: la grande ringhiera oltre la quale scorre il fiume Willamette. La distesa azzurra che si estende davanti ai miei occhi.
Sento il verso dei gabbiani, lo starnazzare delle oche e mi perdo nei meandri della mia mente; quanto mi mancano quei momenti, vorrei rivederla ancora una volta.
Vorrei solo saperla viva e non morta chissà dove.

Sono seduto su una panca tra il verde del prato curato.
Sorrido osservando il cielo terso.
Sospiro risollevato, osservando i passanti e i bambini che giocano spensierati.
Mi ricordo quando ero piccolo e giocavo con Samantha in questo parco.
Mi sembra di sentire le nostre voci, rivedermi proprio lì su quello scivolo rosso che un tempo era azzurro.
Scuoto la testa per abbandonare quei ricordi che mi fanno soffrire. Mi alzo dalla panchina e bevo un sorso d'acqua dalla boccetta che ho portato da casa.
Passeggio ancora un po' fin quando decido di tornare all'auto, e una volta raggiunta, salgo a bordo metto in moto allontanandomi.
Accendo lo stereo e mi rilasso ascoltando canzoni alla radio dirigendomi verso il quartiere generale.

Nel corso del tragitto il cielo si va pian piano oscurando; il bel colore azzurro lascia posto al grigio delle nuvole, che mi fa intuire che a breve pioverà. Passano pochi minuti, poi sul parabrezza iniziano a scivolare i primi rivoli d'acqua, che si intensificano fino a diventare uno scorrere violento di pioggia. Resto bloccato nel centro cittadino.
Il tergicristallo sul parabrezza riesce a malapena a contenere tutta l'acqua che cade dall'alto.
Sento i suoni dei clacson diventare assordanti, le auto in coda e alcuni tuoni rimbombano. Vedo i fulmini che squarciano il cielo.
Sbuffo annoiato, tamburellando le dita sul volante.
Sospiro risollevato, uscendo da quel caos e, dopo una mezz'ora, finalmente riesco a raggiungere la mia destinazione.
Entro nel parcheggio, scendo dall'auto e mi dirigo alle porte dell'ascensore.
Una volta entrato e digitato il piano desiderato, aspetto che le porte si chiudano e sento l'ascensore muoversi verso l'alto. Esco dalla cabina e proseguo verso il mio ufficio, ma improvvisamente mi fermo di colpo davanti alla porta chiusa dell'ufficio di mio fratello.

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