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Era l'ultima lezione fortunatamente della giornata eppure io già mi sentivo stanca e avevo così tanta voglia di mettermi sotto le coperte e di non uscirne fino al giorno successivo, ero stanca e volevo dimenticare tutti quegli sguardi strani che mi avevano rivolto in quel primo giorno di scuola.Appena entrammo in classe tutti i ragazzi si voltarono a guardare sia me che Christine, avevo gli occhi gonfi e pieni di lacrime, perfetto come prima impressione verso la nuova classe.
Io e Christine ci sedemmo agli unici posti rimasti liberi e guarda caso lei si sedette proprio vicino a mio cugino Charlie che appena la vide si mise a ridere, cosa potevo aspettarmi da lui. 
Dopo le presentazioni la lezione proseguì normalmente, andò tutto bene fortunatamente ma c'era qualcosa dentro di me che non mi faceva stare bene, qualcosa che mi faceva male e tutto a causa di quel ragazzo. Mi veniva voglia di piangere, piangere per ore perché lui se ne era andato, come se lui mi avesse abbandonato lasciando solo un grande vuoto dentro di me, un vuoto che sembrava mi stesse risucchiando. 
"ciao" una mano si allungò verso di me, era quella di un ragazzo " io sono Justine". Il ragazzo in questione era il mio compagno di banco, un ragazzo alto e magro, con capelli biondi che portava alzati dal tanto gel che si metteva e due occhi azzurri come il mare.
"Io sono Maia" dissi stringendogli la mano che era ruvida e piena di tagli in più punti.La guardai poiché era davvero rovinata e lui se ne accorse così tanto da ritrarre la mano e mettersela in tasca.
"Non pensare che sia un autolesionista o qualcosa del genere, ho avuto un incidente ma nulla di che" era strano, davvero molto strano. Come se non si sentisse a suo agio a parlare, come se avesse vergogna. 
"Allora Charlie mi ha detto che vieni da Miami, sarà difficile per te adattarti a questo freddo" mentre parlava con me aveva lo sguardo puntato verso qualcos'altro che si trovava dietro di me, quando mi voltai per capire chi stesse guardando incrociai lo sguardo di Charlie.
"vi conoscete?" chiesi confusa, era come se comunicassero con lo sguardo.
"Si siamo amici, allora come ti sembra la Transylvania?" tutti la solita e stupida domanda e tutti si meritavano la solita risposta.
"E diversa da Miami, più che altro mi mancano le spiagge e poi io il freddo lo odio" lui sorrise, mostrando i suoi denti bianchi e perfetti quando notai un particolare che aveva il colore rosso sopra un canino. 
"Ti sta uscendo del sangue" in quel momento mentre dicevo quella frase la classe rimase in silenzio perciò tutti si voltarono a guardarci. Cacciò la mano che aveva messo in tasca verso il dente e quando la ritrasse aveva il dito sporco di sangue. 
"Vuoi che ti aiuti" dissi allungandomi e prendendogli la mano ma appena la strinsi tra le mie era completamente diversa da prima, la mano non aveva più nessun taglio anzi ora la pelle era completamente liscia. Alzai lo sguardo spalancando gli occhi e lui subito scappò via.
In quel preciso istante Charlie si avvicinò stringendomi un braccio "non avvicinarti mai più a lui da ora in poi farai cambio posto con la tu nuova amichetta e ti siederai vicino a me è chiaro?" 
Era arrabbiato come se io avessi fatto qualcosa era stato lui a presentarsi ed era stato sempre lui a comportarsi in modo strano con me e a scappare via.
"Ok" dissi iniziando a sentire un dolore intenso al braccio. Lui lasciò la presa e uscì dalla classe spintonando chiunque avesse davanti. 
"lo conosci?" chiese Christine avvicinandosi al mio banco come faceva questa ragazza ad avere sempre un sorriso stampato sul volto nonostante questa città sia così tremenda, nonostante il comportamento strano di tutti. 
"è mio cugino Charlie" dissi toccandomi il braccio nel punto in cui l'aveva stretto, faceva malissimo, aveva la stessa stretta della madre e del padre sicuramente. 
"forza andiamo" Christine prese il suo zaino ed insieme uscimmo da quell'aula per andare verso i nostri armadietti, quello di Christine era il 196 mentre il mio era il 210. Mentre posavo i libri nell'armadietto qualcuno mi toccò la schiena, mi voltai e mi ritrovai davanti Justine. 
"Mi dispiace per prima, il sangue mi fa impressione ecco perché sono dovuto scappare via" non sapevo se crederci davvero oppure stargli alla larga come mi aveva detto Charlie ma nonostante ciò gli sorrisi e annuii.
"Non preoccuparti e..." cacciò la mano destra quella che prima era miracolosamente guarita del tutto e notai che adesso era di nuovo piena di graffi, non stavo diventando pazza, io l'avevo vista.
"Maia...stai bene...." spostai lo sguardo dalla sua mano al suo viso, mi stava fissando.
"Devo andare" mentre cercavo di andare in bagno e sciacquarmi il viso, Charlie si avvicinò a me e a Justine con aria minacciosa perciò feci dietrofront e rimasi vicino al mio armadietto. 
"Ti avevo detto di starle lontana, forse non ti era chiaro?" Charlie aveva la presa ben salda su qualcosa che portava in tasca e ovviamente Justine se ne era accorto perché sorrise.
"Non davanti a tutti Charlie, non qui" il ragazzo dai capelli arancioni abbandonò la presa e voltò lo sguardo verso tutti quelli che si stavano avvicinando per osservare la discussione tra i quali c'era anche Christine che mi faceva dei gesti strani. 
"Forza andiamo" Charlie mi prese per il polso e mi trascinò verso l'uscita, cercai di staccarmi dalla sua presa ma era ben salda intorno al mio polso. 
"Dovresti lasciarla stare" un ragazzo dai capelli neri e gli occhi del medesimo colore che sembrano due buchi oscuri che ti attiravano quasi come una calamita fa con il ferro fermò Charlie all'uscita. 
"Levati da mezzo Tepes e lasciami stare" tutti gli alunni della scuola circondarono sia Charlie che quel ragazzo ma nessuno si intromise come se fossero spaventati più che eccitati a vedere due persone litigare.
"Charlie sai che prima o poi dovrete lasciarla libera, lo sapete" solo una persona raggiunse quel ragazzo dai capelli neri, Justine.
"Ora basta!" Una terza voce intervenne nella discussione, si sentì come uno sciocco di dita in lontananza è poi tutto sembrò andare a rallentatore, come se qualcuno avesse bloccato le lancette dell'orologio.
Non riuscii ad accorgermi chi le avesse pronunciate quelle parole, riuscii a vedere solo quei due ragazzi che stavano discutendo con Charlie passarmi davanti mentre tutti gli altri sembravano come immobilizzati.
"Che cosa facciamo con lei?" Chiese Justine a quell'altro ragazzo. Non avevo paura di Justine ma di quell'altro si, mi provocava la pelle d'oca e una gran voglia di scappare e sfuggire dal suo sguardo.
"Rick che cosa facciamo?" Justine teneva pollice e indice vicini come se grazie a questi riuscisse a controllare tutto.
"Dobbiamo farlo" Rick si avvicinò e mi accarezzó una guancia, la sua pelle era fredda contro la mia, più fredda del normale.
Mi guardò dritta negli occhi e le sue pupille come per magia si dilatarono comprendo tutto l'occhio.
"Sei caduta Maia, hai sbattuto forte la testa quando sei andato a sbattere contro quel ragazzo in corridoio e sei stata portata a casa" le sue pupille ritornarono normali e le parole che mi aveva detto nella mia testa prendevano una forma.
Io e Christine in corridoio,i libri che volavano a terra, il caffe bollente sui vestiti, la testa che sbatteva sul pavimento e...mi svegliai.
Ero stesa sul letto nella mia cameretta, il sole era alto in cielo dovevano essere le due o tre del pomeriggio, ero ricoperta da tantissime coperte come se due non ne bastassero.
Ero sudata, tremendamente sudata e avevo il polso dolorante in più punti. Quando diedi un occhiata vidi che era comparso un livido ed era abbastanza grande; qualcuno bussò alla porta e sulla soglia comparve una chioma di capelli castano chiaro tutti arruffati.
Mia zia stava controllando se mi fossi svegliata e appena mi vide alzata sorrise e emise un respiro di sollievo.
"Meno male sono contenta che tu stia bene, sei rimasta svenuta per un sacco" disse abbracciandomi.
"Per quanto tempo?" Chiesi toccandomi la testa che non mi faceva per niente male.
"Delle ore" la risposta ci mise un Po ad arrivare e notai che mentre mia zia diceva quella frase guardava da un altra parte. Avevo sempre avuto questa qualità di osservare, di percepire i piccoli dettagli mi usciva naturale.
Notavo un piccolo segno sul collo nascosto dai capelli, una piccola ruga che spuntava ogni volta che qualcuno è nervoso, un qualsiasi gesto riuscivo a notarlo.
"E non avete chiamato un medico? Perché sono svenuta per così tanto tempo?" Mia zia incominciò a girarsi intorno a trovare una risposta per quella domanda quando...
"Hey, per fortuna ti sei svegliata" Christine corse ad abbracciarmi.
Rimanemmo abbracciate per un po' finché Christine non si staccò.
Quando si voltò verso mia zia gli disse" sono Christine la sua amica...diciamo unica amica, mi ha fatto entrare Charlie" poi si voltò verso di me.
"Mi hai fatto prendere uno spavento, quello stronzo non ha neanche chiesto scusa è scappato appena ti ha visto stesa a terra..." nel frattempo che Christine mi raccontava tutto quello che era successo mentre io ero svenuta mia zia sgattaiolò fuori dalla stanza lasciandoci sole. Era strano, tutto molto strano,non mi avevano portato in ospedale ne niente eppure come aveva detto lei ero svenuta per ore e questo dolore assurdo al polso non smetteva di cessare, poteva essere rotto.
"Allora hai capito?" Chiese infine la ragazza dagli occhi blu.
"Ehm...cosa?" Non avevo prestato minimamente attenzione a quello che aveva detto.
"Hai capito chi è quel super sexy e stronzo che ti e venuto a sbattere a dosso?" Mi spinse sul letto per farmi sedere e cacciò dal suo zaino un raccoglitore dove c'erano cosi tante frasi evidenziate di colore giallo,verde , rosa.
E c'erano cosi tante foto...c'era anche la sua foto .
"E questo?" Ricordavo perfettamente il suo viso, i suoi occhi e la sensazione che mi aveva provocato appena se ne era andato dicendomi quelle parole se ora mi fermavo a pensarci sentivo di nuovo quel vuoto dentro che mi divorava.
"Certo...è questo e..." fece una suspense girando la pagina dove comparve la foto di un altro uomo, era affascinate anche lui, indossava una camicia scura come tutto l'outfit e degli occhiali scuri.
"Suo padre, il sindaco della città" c'era un intera pagina che riportava notizie su quest'uomo: dov'era nato, quanti anni aveva, era sposato, perché si era trasferito in Transilvania, c'era davvero tutto, mancava solo la data della sua morte.
"Come hai fatto ad avere tutte queste notizie?" Chiesi voltando le pagine, su ciascuna di esse c'erano altre foto, foto di uomini e donne.
Voltando le ultime due pagine comparve una figura che conoscevo, il mio compagno di banco:Justine.
"E una piccola città Maia e poi io sono molto brava a convincere le persone" disse facendomi un occhiolino.
Secondo quanto c'era scritto su quei fogli, Justine era l'ultimo figlio del sindaco.
"Aspetta quindi quel ragazzo che mi è venuto a dosso e Justine sono fratelli?" Dissi mentre osservavo Christine che passeggiava per la stanza osservando e toccando qualunque cose le capitasse a tiro.
"Sono i tuoi genitori?" Strappò la foto dal muro e la prese in mano voltandosi verso di me con un sorriso a 32 denti.
"Si..." Non sembrava cosi tanto una risposta più che altro un sospiro, non volevo raccontarlo, non volevo sentire per la millesima volta condoglianze ero stanca.
"E dove sono ora? Mi farebbe cosi tanto piacere conoscerli" mentre rimetteva la sedia a posto la gonna di Christine si mosse provocando un leggero soffio. Lo sentii raggiungermi e diventare sempre più grande nella mia testa, come un uragano che mi travolgeva, ricordi che si sovrapponevano e uno in particolare non faceva che tormentarmi.
"Le pupille che si dilatavano,la sua voce che mi dava degli ordini, la litigata tra Charlie e quel ragazzo è quella frase 'Charlie sai che prima o poi dovrete lasciarla libera, lo sapete', Charlie che mi stringeva il polso...e iniziai a tossire a tossire forte.
"Hey...stai bene?" Christine mi corse incontro mettendomi una mano dietro la schiena e accarezzandola.
Quando guardai Christine finalmente le risposi "sono morti",improvvisamente spalancò gli occhi e iniziò ad urlare e ad allontanarsi da me.
Urlò cosi forte che mia zia e Charlie salirono di corsa su per le scale con un fucile in mano, quando voltarono lo sguardo verso di me spalancarono anche loro gli occhi.
"Maia.." mi alzai e corsi verso lo specchio, da entrambe le narici stava uscendo sangue, una grande quantità di sangue che iniziò a bagnarmi le labbra.
"Dovete portarla in ospedale" Christine si alzò e corse verso mia zia.
"Charlie sarà meglio che tu riporti Christine a casa, ora Maia deve riposarsi" il ragazzo annuì e attese che la ragazza prendesse le sue cose e mi salutasse. Era sconvolta non so se per il sangue o per quello che le avevo risposto, forse l'aveva spaventata la naturalezza e l'indifferenza con cui l'avevo risposta.
"Stai bene?" Mia zia mi corse incontro premendomi un pezzo di carta sul naso dal quale fortunatamente non usciva più nulla.
"Si, ho solo un gran mal di testa forse dovrei riposare un po' " mi stesi sul letto e mia zia mi coprì il corpo con le coperte.
Ero stanca ma non fisicamente ma a causa di quello che era successo nella mia testa, non ero caduta, era stato lui a farmi credere che fossi caduta come a tutti.
Mi addormentai pensando a quelle parole, a quegli sguardi, a quegli occhi color miele.
Una voce risuonó nella mia mente, sembrava una ma in realtà erano due che si sovrapponevano come se stesso litigando.
"Non ha funzionato" la voce era bassa e non si riusciva a sentire proprio tutto,provai ad aprire gli occhi ma erano stanchi, erano pesanti.
"Il tuo stupido dono non ha funzionato" gridava prendendosela con qualcuno.
"E più forte di quanto ricordavo non dare la colpa a me quando è solo tua la colpa, sei stato tu , tu a ridurla in questo stato." Le voci cessarono quando la porta si aprì e una luce forte illuminò la mia piccola camera.
Sentii dei passi pesanti avvicinarsi al letto, pensai che fosse mia zia o Charlie, si allontanò dal letto e chiuse la finestra che ricordavo di aver chiuso a causa del forte freddo; poi la porta si richiuse di nuovo.
La mattina seguente fui letteralmente scaraventata fuori dal letto, la testa era ancora pesante e tutto sembrava girare in quella piccola stanza.
"Devi andare a scuola, prendi queste aspirine e alzati, Charlie ti aspetta in macchina" mio zio mi portò in camera un bicchiere d'acqua e diverse pillole che serviva per il mal di testa alcune delle quali erano scadute da mesi e mesi.
Quando entrai in macchina Charlie era gia di pessimo umore e il traffico che si era creato durante il tragitto non aiutava. Arrivammo a scuola con dieci minuti di ritardo e non eravamo i soli purtroppo Justine scese dalla sua macchina sportiva e mi sorrise.
"Sta lontano da Justine o chiunque abbia a che fare con lui e sai di chi parlo" lo.guardai confusa.
"Ho visto il fascicolo che la tua amichetta reggeva in mano, so che conosci chi sono i suoi fratelli quindi stagli alla larga Maia, non voglio ripeterlo più" si mise lo zaino in spalla e si allontanò lasciandomi da sola vicino alla macchina. Quel ragazzo era davvero strano è sempre arrabbiato, come se ce l'avesse con il mondo intero ma soprattutto con me, non l'avevo mai visto fare il carino con nessuno a parte quando arrivai per la prima volta in città.
I corridoi erano vuoti e dovevo sbrigarmi ad entrare in classe per ciò mi precipitai verso il mio armadietto e preso i libri . Quando mi vorrai me lo ritrovai davanti.
Feci cadere i libri a terra a causa dello spavento, non l'avevo proprio sentito arrivare non avevo sentito neanche la sua presenza o il suo respiro.
"Scusa non volevo farti spaventare" si piegò e mi prese il libro di biologia da terra.
" Non preoccuparti ero sovrappensiero è per ciò quando ti go visto...mi sono..." perché non riuscivo a mettere insieme neanche due parole , sembravo una perfetta idiota.
Lui scoppiò a ridere. Quel sorriso, quei denti perfetti io li avevo già visti, avevo già sentito la sua risata e riascoltarla era il suono più bello che ci fosse.
"Perché ridi?" Chiesi arrossendo e stringendomi i libri al petto. I suoi occhi sotto la luce chiara delle lampade sembravano ancora più chiari, erano argentati ed erano cosi magnetici.
"Nulla" mi guardò per qualche secondo poi proseguì dicendo "comunque sono venuto a chiederti scusa non volevo gettarti a terra"
Sembrava un altra persona ora, come se fosse più calmo.
"Grazie anche se mi aspettavo scuse diverse a causa di quello che mi avevi detto" dissi incrociando le braccia e ripensando alle sue parole. Non mi conosceva eppure già mi odiava, non sapevo se quelle parole le stesse dicendo perché ci credeva davvero. C'era una luce strana nei suoi occhi, una luce che conoscevo che mi spingeva a credergli eppure era strano era come se conoscessi già quel ragazzo.
"Sono venuto a chiederti scusa per averti gettata a terra non per quello.che ho detto, devi starmi lontana ragazza nuova." Stava per allontanarsi quando io lo bloccai dicendogli "Perché dici questo? Perché vuoi che ti stia lontana, non mi conosci neanche" la sua risposta lasciò così tanti dubbi e tanta speranza dentro di me, non ero l'unica a sentire quelle sensazioni strane era anche lui.
"Ti stupiresti nel scoprire quante cose so su di te ragazza nuova" se ne andò mettendo le mani nel suo giubbino di pelle e scomparve dentro qualche aula.

Innamorata di un vampiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora