Capitolo 4

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Eddie riaprì gli occhi. “Piccolo! Ehi Eddie! Come stai?!” era Richie, lo stava chiamando piccolo. Eddie si sentì un po’ meglio a questa visione e appena chiusi, stropicciati e riaperti gli occhi si rese conto che a chiamarlo piccolo non era Richie ma sua madre. Richie e gli altri perdenti erano vicino alla porta d’entrata della stanza, chi seduto, chi in piedi, ad aspettare che Eddie si riprendesse. Bev fu la prima ad accorgersi che Eddie si era risvegliato, soprattutto perché era difficile non notare sua madre che si spostava all’interno di quella piccola stanza. Alzò un po’ la testa, allungò il collo per vedere che accadeva e notò che Eddie provò a chiedere cos’era successo ma, a causa della bocca ancora impacciata per colpa dello svenimento, riuscì a far uscire solo qualche piccolo versetto che assomigliava a un gemito. Appena udì la sua voce, anche solo per un secondo, anche solo ad un tono bassissimo, Richie si voltò repentinamente verso il piccoletto, scattò in piedi facendo spaventare gli amici e si affrettò ad avvicinarglisi. “Ehi!” riuscì infine a dire Eddie mentre Richie gli passava una mano fra i capelli in modo amichevole, cosa che gli fece venire i brividi lungo la schiena. “Ehi” rispose il ricciolo nuovamente con quel dolce sorriso che gli scolpiva il viso, “Ci hai fatto prendere un bello spavento!” disse Beverly, con ancora un enorme sorriso in faccia e un’infinita gratitudine negli occhi. “Vi lascio un po’ soli” sospirò infine la signora K guardando tutti i ragazzi e sorridendo al suo ometto. Eddie sorrise a sua volta alla madre pieno di gratitudine ma essa svanì tutta d’un colpo dato che la signora K, prima di uscire, gli stampò un bacio proprio in mezzo alla fronte, mettendolo in imbarazzo più che mai. La signora K prima di uscire guardò Richie, l’unico ragazzo che conosceva, e fissandolo dritto negli occhi molto severamente gli disse “non strapazzatemelo, si è appena svegliato!” per poi salutare i ragazzi e lasciare la stanza, chiudendosi dolcemente la porta alle spalle. Appena scattò la serratura tutti i perdenti si alzarono e raggiunsero Eddie intorno al letto. Richie si sistemò sedendosi vicino alla sua testa e appoggiando una mano sul suo cuscino, Beverly si sedette in fondo al letto con Bill che le teneva un braccio intorno alle spalle e con gli altri ragazzi in piedi attorno alla brandina. “Cosa mi è successo?” chiese Eddie con un filo di voce, “non ti ricordi? Niente?! Davvero!?” gli domandò Beverly vedendo il ragazzo che la fissava abbastanza spaesato e pensieroso. Eddie si voltò, guardò Richie, gli altri perdenti, posò nuovamente il suo sguardo su Beverly e poi scosse lievemente la testa. “Beh” iniziò Ben, “hai avuto uno scontro con….. ma, lo possiamo chiamare scontro?” “Sì, sì, possiamo” rispose Stan e continuò la frase di Ben “con Henry Bowers, un ragazzo che si crede chissà chi e che continua a dare fastidio a Beverly” gli spiegò il ragazzo magrolino. “In pratica” riprese Mike “oggi Bowers ha provato a baciare Bev davanti a tutti e tu ti sei messo in mezzo ai due fermandolo dal fare ciò e rischiando di beccarti un pugno in faccia”. Eddie guardò Bill un po’ basito, incredulo di aver fatto ciò, e gli chiese “ma se ho ‘rischiato’ un pugno in faccia, com’è che sono qua all’ospedale?” “A-Allora” iniziò Bill molto seriamente “me-mentre eri d-da-davanti a B-B-Bowers eri m-molto sicuro d-di-di t-te e-e gli tenevi t-t-testa ma si ve-vede-va pa-pa-palesemen-te che eri in a-a-ansia, tremavi co-come una f-fo-foglia!”. “Per fortuna è arrivato il prof di educazione fisica e ha portato Bowers in presidenza giusto in tempo, evitandoti un naso rotto” ricominciò Richie “però subito dopo, forse per le troppe emozioni, hai iniziato a sudare freddo, a barcollare, ti è venuto un grave attacco d’asma e sei svenuto. Abbiamo fatto subito chiamare tua madre, che è arrivata più velocemente che un’ambulanza e che ti ha portato immediatamente all’ospedale. Noi siamo dovuti rimanere a scuola altre tre ore, ma poi siamo corsi subito qui. Volevamo vedere come stavi e…” “e dirti grazie!” concluse Beverly. Aveva gli occhi lucidi, le guance ricoperte di lentiggini tutte rosse e un sorriso che congiungeva le due estremità del suo dolce volto. Si alzò, si passò una mano nei lunghi capelli color rame, si avvicinò a Eddie e gli stampò un bacio sulla guancia come segno di riconoscenza nei suoi confronti. Eddie non si era mai sentito tanto in imbarazzo quanto a suo agio, ma in quel momento le emozioni che provava erano esattamente quelle. In quella piccola, stretta ma felice stanza d’ospedale si stava creando un rapporto di amicizia che certa gente ha solo il diritto di sognare e tutto ciò fece sentire Eddie il ragazzo più fortunato del mondo. “M-Ma perché fa così? Quel ragazzo, come si chiama…. Bowers?” e gli altri ragazzi annuirono, “perché fa così!? Perché ha provato a baciarti?!” domandò infine Eddie, liberandosi di un peso che aveva da quando si era risvegliato. Beverly diventò paonazza in volto e abbassò lo sguardo sentendosi in imbarazzo e lasciando scorrere qualche piccola lacrima sulle sue roventi guance rosse. “S-Scusa!” si affrettò a dire Eddie sentendosi in colpa per quella domanda abbastanza scomoda, “Scusa, non volevo metterti in…” “No!, figurati” esclamò Beverly con la voce tremante e continuando a fissarsi le unghie da cui stava scorticando lo smalto. “È che…” fece una pausa, prese un bel respiro ma fu Stan, rassicurandola, a continuare il discorso “È che lei piace a Bowers. L’anno scorso lui ci ha provato con Bev, ovviamente senza ‘raggiugere l’obiettivo’. Dopo il giorno in cui Beverly lo ha rifiutato ha iniziato a dire in giro che lei è una facile, che lo fa con tutti e ora a scuola ha la reputazione della troia. Bowers cerca ancora di baciarla perché in realtà è ancora convinto che lei sia interessata a lui, cosa palesemente falsa!”. Bill allungò un braccio e strinse a se Beverly per abbracciarla e rassicurarla. “Io ho baciato un solo ragazzo nella mia vita” riprese Bev, ancora con gli occhi lucidi e alzando lo sguardo verso Eddie continuò “e non l’ho mai, MAI fatto con nessuno!” concluse, marcando specificatamente quel mai e lasciando che ancora una lacrima le rigasse il viso lungo le rosee e morbide guance cosparse di lentiggini. Eddie si tirò su, si sedette diritto, prese la mano di Beverly, le alzò la testa con l’altra e, guardandola negli occhi, le disse “ti conosco solo da qualche ora, neanche un giorno, ma le ingiustizie non mi vanno giù. Non sono di certo il più coraggioso che tu possa mai incontrare ma se un mio amico ha bisogno io lo aiuto. Ascoltami bene e fidati di me: io non le ho mai sentite, sono in città solo da un giorno, ma non posso né potrò MAI credere a queste voci”. Beverly iniziò a piangere di gratitudine, dalla felicità, per la tristezza, il rimorso e si lanciò al collo di Eddie per abbracciarlo. Anche gli altri andarono ad abbracciare il piccoletto, non con la foga di Bev ma comunque felici e riconoscenti nei suoi confronti. Qualche istante dopo si aprì la porta ed entrò il medico che aveva visitato Eddie qualche ora prima. I ragazzi si allontanarono dalla brandina per fare spazio al dottore e alla madre del piccoletto ma senza lasciare la stanza; il dottore si avvicinò a Eddie, gli disse qualcosa, incomprensibile alle orecchie dei perdenti, e poi gli provò la pressione. Una volta finito gli liberò il braccio e gli disse che sarebbe dovuto rimanere lì in ospedale per quella nottata dato che aveva la pressione ancora molto bassa e aveva davvero pochi zuccheri nel sangue. Eddie annuì, un po’ triste a quella notizia, sorrise alla madre e poi si girò verso Richie. La signora K uscì nuovamente dalla stanza per parlare con il medico lasciando però la porta aperta questa volta. Richie a sua volta rivolse il suo sguardo verso il ragazzino e gli disse “sei proprio deboluccio Eds, no?!” “È sempre stato così” rispose il piccoletto con una felicità negli occhi mai provata prima, “ma con qualcuno che crede in me a sostenermi ce l’ho sempre fatta!” finì e i perdenti si abbracciarono ancora, un’ultima volta. La madre rientrò e disse a Eddie che sarebbe andata a fare un paio di commissioni e poi sarebbe tornata per passare lì la nottata. Gli baciò ancora una volta la fronte, salutò Richie con una stretta di mano e si congedò dagli altri ragazzi con piccoli cenni della testa, lasciando la stanza con una felicità smisurata. “Ah, quasi dimenticavo! Quando andate via potete gentilmente avvisare i medici? Così sanno che è da solo e ogni tanto fanno una visita! Grazie!” i ragazzi annuirono tutti insieme e la salutarono felicemente. Appena uscita la signora K i ragazzi ripresero a parlare animatamente e a scherzare insieme, integrando ancora di più Eddie nel loro gruppo.

Eh già, ti amo... // ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora