Capitolo 3

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L'aria fresca di primavera mi scompigliava i capelli lasciandoli svolazzare da ogni parte.
Nonostante avessi avuto parecchie ore di volo in cui avevo speso il mio tempo dormendo, i miei occhi minacciavano ancora di chiudersi da un momento all'altro.

Il viaggio era proceduto alla grande. Certo, se il bambino seduto dinanzi a me non avesse vomitato sarebbe stato meglio ma, come si può dire, non si può avere tutto dalla vita. Avevo passato la maggior parte del tempo con il naso e la bocca nascosti sotto lo scaldacollo per nascondere il cattivo odore del pranzo del ragazzino.
Per il resto era andato bene e quando ero scesa, ero riuscita a trovare la valigia prima del previsto.

"Strano. Di solito fai sempre delle figuracce. "

Alzai gli occhi al cielo e ignorai lo sguardo stranito che avevo provocato ad un passante.
Vidi in lontananza un bar e decisi di metter fine a quel lampo di sonno improvviso.
- Denny's cafè - l'insegna era luminosa e il suo colore rosa intenso metteva allegria solo a guardarlo.
Entrai e la prima cosa che vidi fu i numerosi tavoli ingombrati dalle persone. Erano la maggior parte liceali o ragazzi poco più grandi che, ad occhio, sarebbero andati al college o all'università a breve.
Feci slalom tra i vari tavoli e mi ritrovai davanti al bancone dove un ragazzo, all'incirca della mia età, stava finendo di pulire dei bicchieri appoggiandoli su una mensola poco lontana.

"Ciao, come posso aiutarti?" La sua voce era dolce e provocante, accompagnata da un occhiolino.

"Tipico. Solito ragazzo che se la tira e crede di poter conquistare il mondo."

Sorrisi.

"Un caffè caldo, grazie." Risposi in inglese.
Da ora in poi mi sarei dovuta abituare a parlare nella vita quotidiana un'altra lingua mentre al telefono, con i miei genitori e i miei amici, in italiano.

Appena il barista mi mise sotto il naso la tazzina bollente con all'interno ciò che avevo chiesto, il mio cellulare squillò e le note di Apologize ruppero il silenzio.

Risposi velocemente quando mi accorsi che era Martha.
Sarebbe venuta a New York la sera del giorno successivo. Aveva dovuto sbrigare alcune carte perciò non era stato possibile partire insieme.

"Ehi! Come stai? Come è andato il viaggio? Hai già visitato New York? Stupenda vero? Che stai facendo ora? Dove sei?" Iniziò a farmi domande a raffica e io sospirai, non sarebbe mai cambiata.

" Ehi skywalker, calmati. Una domanda alla volta, mi hai già fatto venire mal di testa." Risi.

"Mmm..Come vuoi tu. Quando ci vediamo, mi racconti. Ora vado. Volevo sapere solo se eri viva. A presto" e chiuse la chiamata.

Continuai a bere il mio caffè fino a quando il barista mi rivolse un altro sorriso.

"Sai che sei bellissima? "

"Non sa nemmeno come ti chiami e già ci prova con te."

"A quanto pare."

"E con una lingua tagliente." Continuò dopo aver sentito la mia risposta acida, accompagnata da uno sguardo di fuoco.

Sbuffai e mi girai per uscire ma dio volle che mi andassi a scontrare con qualcuno.

Alzai la testa scocciata. Era evidente che la colpa fosse sua, mi era letteralmente venuto addosso mentre io ero restata ferma.
Perciò come sempre avrei fatto la ragazza gentile, quella che ascolta le scuse, le accetta e se ne va.

"Stai più attenta, ragazzina!"

Appunto...no aspetta, cosa?

Alzai lo sguardo e rimasi incantata. Un ragazzo parecchio più alto di me si stagliava minacciosamente sulla mia figura. La porta si aprì di scatto portando nuovi clienti e una folata di vento gli scompigliò i capelli castani.
Si portò una mano tra il ciuffo e lo posizionò all'indietro prima di tornare a fissarmi con le sue iridi verde smeraldo.
Aveva gli occhi impregnati da un qualcosa di oscuro, come se fosse sempre arrabbiato. La mascella contratta, nonostante i lineamenti dolci, il ragazzo teneva tra le labbra carnose una sigaretta spenta e al sopracciglio, un piercing luccicava in contrasto con la luce del sole.

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