Capitolo 4

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Avete presente quando volete sparire dalla faccia della Terra? Quando volete svenire o stare male per andarsene prima di un'interrogazione, una verifica? Oppure, sperare di non vedere mai più la persona che ti è davanti?
Beh, a me sta succedendo proprio adesso.
Vedere Jack è stato devastante e non pensavo di reagire così. Il mio respiro si sta facendo sempre più irregolare e le mie gambe tremano, a tal punto da dover appoggiarmi al palo vicino a me.

È da quattro anni che non vedo mio fratello. Non pensavo neanche che vivesse a New York.

Mi aggrappai con tutte le mie forze al ferro e feci qualche altro passo indietro. Non dovevo farmi vedere o sarebbe stata la fine. Avevo avuto quella reazione a vederlo da lontano, figuriamoci a incontrare il suo sguardo.
Continuai a indietreggiare mentre continuavo a tenere il viso fisso verso il gruppo.

Fu una cosa improvvisa. Il ragazzo dagli occhi verde smeraldo si girò dalla mia parte e i nostri occhi si incrociarono. Vidi sorpresa nel suo sguardo e, quando percepii che si stava avvicinando, mi voltai di colpo e iniziai a correre, ignorando i suoi continui richiami.
Avevo già visto mio fratello, ci mancava solo una discussione con quello.

Senza volerlo mi sorpresi a piangere.

"Non devi piangere, non devi essere debole."
Lo so.

Continuai a correre fino a quando un rombo di motore ruppe il silenzio. Era vicino a me e stava continuando a seguirmi mentre velocizzavo le gambe, continuando a piangere.

"Smettila! Non puoi farti vedere così!"
Non ci riesco!

Quando non sentii più le mie gambe mi fermai a prendere fiato e le lacrime si fermarono. Mi buttai in ginocchio sull'asfalto gelido. Aveva appena piovuto e la cosa non migliorava la situazione.

Ad un certo punto sentii due braccia avvolgermi mentre continuavo a stare seduta per terra.

"Ehi. Andrà tutto bene, ragazzina."
Continuò a consolarmi tendendomi tra le sue braccia.

Quando smisi di piangere, mi scostai dal suo petto e compresi quello che stava succedendo. Mi alzai di scatto e lo guardai terrorizzata.

Mi ero lasciata andare con uno sconosciuto. Lo avevo visto solo una volta e ci avevo pure litigato. Era stato maleducato e mi aveva affidato un nomignolo infantile. Mi maledì mentalmente e iniziai a camminare velocemente verso il mio appartamento, ignorando nuovamente i suoi richiami.
Questa volta, però, non mi seguì.
Riuscii solo a sentire le sue ultime parole.

"Stai scappando! Ho ragione, sei proprio una ragazzina!"

***

Erano passati due giorni. Avevo dormito, dormito e dormito. Non avevo fatto altro se non andare in bagno.

Era da due giorni che non mangiavo e solo ogni tanto mi concedevo un bicchiere d'acqua.

Quella mattina mi svegliai a causa dei raggi che filtravano dalla finestra, andandosi a scontrare col mio volto.

Mi portai le lenzuola fino alla testa e mi nascosti sotto sperando che la serranda si chiudesse da sola.

"Dovrai alzarti prima o poi."
Più poi che prima.

Però consapevole del fatto che la mia coscienza avesse ragioni, feci leva sulle braccia e mi alzai.
Mi diressi verso il bagno e mi guardai allo specchio. Ero un disastro. I lunghi capelli castano chiaro erano tutti scompigliati e sotto i miei occhi verde scuro si vedevano delle occhiaie enormi. Mi diedi una sciacquata e, appena ebbi finito, il telefono fisso dell'appartamento suonò.

"Pronto?" Risposi.

"Ciao Alessia, sono Melissa. Scusa il disturbo. Volevo solo avvisarti che la tua conquilina arriverà tra un'ora. Ha anticipato il viaggio perciò sarà lì a breve."

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