Ci sono momenti in cui ti senti persa, altri in cui ti senti felice, altri triste.
I sentimenti mutano, non sono mai gli stessi, e si può passare da un'estrema felicità ad una terribile tristezza nell'arco di pochi secondi.
E' normale, è vita, ma, comunque, con mio padre fermo davanti a me ad incombere quasi come un Dio furioso e la mia gemella seduta al fianco con lo sguardo basso, preferirei sinceramente scomparire e non provare più nulla.
Fa troppa paura.
"Non hai niente da dirmi, Helena?" Chiede, dopo aver percorso per almeno un centinaio di volte tutta la stanza, nervoso.
In realtà, no, non avrei nulla da dirgli, dato che, alla fine, non ho fatto nulla di male se non fare una chiacchierata con un ragazzo.
Certo, un ragazzo che mi ha bloccato al muro con le mani al collo, ma pur sempre un ragazzo, tutto sommato, normale.
E' solo molto, molto, malato.
"Stavamo solo parlando, papà." Cerco di dire, ma lui subito mi zittisce, incapace di starmi a sentire.
"Ci sono cinquecento pazienti qui dentro, Helena, e io ti ho vietato di parlare con solo uno di loro." Dice, sconcertato "Quindi, spiegami perché, fra tutti, vai proprio a fare una chiacchierata con lui?"
"Se mi dicessi il motivo per cui non dovrei parlargli forse avrei una seria ragione per non farlo." Ribatto, acida, sorprendendo anche Rachel, che non si capacita del mio tono insolitamente scontroso.
Di solito è lei quella a dare problemi e che risponde male, mentre sono io quella che resta calma e cerca di rispettare le regole.
L'incontro con Bill ha stravolto tutte le carte in gioco, e la cosa non sembra entusiasmare i miei famigliari.
"Helena, non stiamo giocando: quel ragazzo non è normale, e non lo dico solo per la sua malattia." Dice, serio come non mai.
"E allora dimmi cos'ha che non va." Esclamo, ancora, sperando di ottenere, finalmente, dei risultati.
Ormai pure Rachel sembra sempre più curiosa, anche lei incapace di capire quali problemi potrà mai avere questo ragazzo da far spaventare e arrabbiare così tanto mio padre.
Bill non mi spaventa, non più almeno, ma so che nasconde qualcosa, e vorrei davvero sapere cosa.
Mio padre, ritrovandosi con entrambe le sue adorate figlie contro, è ora in difficoltà: sospira, e poi si siede sull'altro letto, proprio di fronte a noi, passandosi una mano sul viso stanco.
Alza lo sguardo, afflitto, e poi allunga le sue mani verso di noi, che noi stringiamo, una per gemella.
"Bill Skarsgard è uno dei pazienti più difficili dell'ospedale, e non solo per la sua patologia piuttosto rara, ma anche per la sua storia personale." Dice, lentamente, facendo capire il peso delle sue parole "Sua madre è morta quando era molto piccolo e lui ha cercato di sopravvivere col padre in uno dei quartieri più poveri e disagiati del suo paese. Il solo venire qui indica che le sue condizioni cliniche erano davvero critiche, perché si è mobilitata addirittura la ricerca medica, sperando di salvarlo e studiarlo. Solo che, per quanto le cure possano aiutare il suo cuore, non possono cambiare ciò che ha passato."
Corrugo la fronte, confusa e rattristata da questa storia: non immaginavo che Bill avesse passato tanto.
"Che gli è successo?" Chiedo, cercando di capire.
Mio padre sospira, affranto "Ha avuto un rapporto molto...particolare con il padre e, se sommato a tutta la situazione generale del modo in cui viveva fra povertà, poco cibo e violenza fra quartieri, si può capire bene che Bill è profondamento segnato dal suo passato. Solo che, in lui, tutti i problemi, sommati fra di loro, ne hanno creato uno molto più profondo e radicato in lui, colpendo il suo carattere e la sua mente."
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On the edge / Bill Skarsgård
Fanfiction« Avanti, parla: so che premi dalla voglia di chiedermi qualcosa. » Lui sorride, ma io non sono altrettanto felice, anzi: ho ancora in mente le parole di mio padre che tentano di ricordarmi che dovrei stargli lontano. Forse dovrei imparare ad ascolt...