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Bill mi tiene la mano mentre, fra sorrisi e sguardi imbarazzati, torniamo fianco a fianco verso il Saint Mary hospital.

In realtà, non è successo molto altro, se non che una bottiglia di vino è finita e che Bill sta cercando in una sola notte di compensare tutti i baci non dati in vent'anni.

E' carino, è bello, e, almeno per il momento, non voglio pensare a nient'altro.

"Sei sicura di voler restare in ospedale?" Chiede, quando, finalmente, entriamo nell'atrio centrale, per fortuna praticamente deserto, visto la tarda ora.

Solo alcune infermiere sono presenti, e ci guardano perplesse per poi avvicinarsi fra loro a sparlare.

Scuoto le spalle, tranquilla "Rachel è ad una festa, mio padre lavora e non mi va di stare a casa da sola."

"Quindi sarei una specie di rimpiazzo per scappare dalla solitudine?" Commenta, perplesso.

"Uhm, potrebbe darsi." Commento, fermandomi e guardandolo, quasi in sfida, mentre lui riprende la sua espressione da finto offeso "In fondo, non ti conosco nemmeno così bene."

"Non penso che questo particolare ti abbia fermato mentre mi prendevi e mi baciavi, poco fa." Ribatte, sarcastico, beccandosi subito un colpo sul petto.

"Smettila di parlarne: mi imbarazzi." Esclamo, distogliendo lo sguardo, mentre sento il viso andare a fuoco al solo pensiero.

Dio, non mi sentivo in questo modo da anni.

"Sai, ti brillano gli occhi quando arrossisci."

Mi volto verso di lui, perplessa, tenendo un sopracciglio alzato "Da quando sei così poetico?"

"E tu da quando sei così cinica e snob?"

Bill sorride, divertito, e poi mi prende una mano, avvicinandomi a lui, così da baciarmi ancora, ed ancora.

Lo fermo, perché so che ha decisamente bisogno di un limite, ma gli resto comunque vicino, continuando a guardarlo, dritta negli occhi.

"Mi dirai mai il perché dei tuoi problemi, quelli col carattere?" Chiedo, e questa volta sono seria, visto l'argomento.

Bill sospira pesantemente, alzando per un attimo lo sguardo, nervoso, per poi tornare a guardarmi e prendermi il volto, gentile "Ti dirò tutto, Helena."

"Lo dici come se volessi farlo fra un centinaio di anni." Sottolineo, e lui accenna ad un sorriso, capendo che ho subito scoperto il suo giochetto.

"E' solo che...non voglio che cambi modo di guardarmi, non voglio che tu mi pensi in un modo diverso." Ammette, difficilmente, quasi imbarazzato "Ci stiamo ancora conoscendo e non voglio che tutto si basi sulle cose brutte di me."

"Però esistono anche quelle." Ricordo, e lui subito sbotta, nervoso.

"Ma non solo quelle."

Lo osservo, attenta, notando il suo nervosismo e il modo in cui cerca di calmarsi, controllando i suoi sentimenti.

Ho notato che lo fa spesso, quando è con me, ed è strano, perché all'inizio non sembrava volermi riservare così tante premure.

"Sì, hai ragione." Dico, prendendo il suo viso fra le mani, sorridendogli, per poi dargli un veloce bacio "Abbiamo tempo."

Bill, finalmente, si calma, allontanandosi da me e porgendomi la mano "Andiamo in camera mia?"

Annuisco, felice, e mi stringo al suo braccio, per poi sorridere, contagiando anche lui.

E chi lo avrebbe mai detto, ma questa cosa sembra funzionare per davvero.

On the edge / Bill SkarsgårdDove le storie prendono vita. Scoprilo ora