Capitolo 6.

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Atlanta, 2011
"Perciò mi stai dicendo che non è...non è operabile?"
Stefan scosse la testa, masticandosi forte il labbro per evitare di scoppiare a piangere, e Damon si sentì crollare addosso il peso dell'universo intero. Sua madre, la sua mamma, non ce l'avrebbe fatta. Se ne sarebbe andata, e lui aveva buttato via così tanto tempo, tempo nel quale avrebbe potuto starle accanto.
"Cazzo." Si tappò gli occhi con le mani, arrabbiato, triste, ce l'aveva con sé stesso così tanto. "Cazzo, cazzo. Fanculo."
"Vuole vederti, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Da quando l'abbiamo scoperto non fa altro che ripetere che deve parlarti prima di-"
"Stefan." Lo interruppe, poiché la voce di suo fratello si stava incrinando di nuovo. "Andrà tutto bene." Gli mentì, portando una mano a stringergli la spalla, mentre cercava di ingoiare le lacrime. "Ora sono qui, e farò tutto ciò che posso, lo prometto."
"Grazie." Rantolò, alzandosi in piedi. "Vado a prendere le carte, così potrai leggere tu stesso. Io ho imparato tutto a memoria, ma non ho la forza per spiegartelo."
Stefan sparì, trascinandosi verso l'ufficio di Giuseppe, che, fortunatamente, non era in casa. E fu in quel momento che iniziò a squillargli il cellulare.
"Stef, il tuo-" Le parole gli morirono in gola non appena posò lo sguardo sullo schermo.

Chiamata in arrivo, Kath.

Non si rese neanche conto di aver premuto il tasto verde e di essersi portato l'apparecchio all'orecchio senza dire nulla, finché non sentì la sua voce vibrargli nei timpani.
"Stefan? Amore, è tutto okay? Non rispondi ai messaggi da ieri, devo preoccuparmi?"
Amore.
Damon era perennemente sull'orlo di una crisi di nervi da quando aveva scoperto della malattia di Lily, e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non poteva essere, si trattava del suo fratellino, come aveva potuto? Ci vide rosso, poi nero. Provò a stringere i pugni e la mascella per cercare di controllarsi e trovare una spiegazione sensata, ma non ci riuscì.
"Ho preso tutto, spero di non aver dimenticato-"
"Stefan." Lo interruppe, digrignando i denti. "Stefan ti prego, dimmi che c'è una spiegazione."
"Che cosa?"
"Che cosa?" Abbaiò Damon. "Non lo so, me lo chiedo anche io. Che cosa diavolo dovrebbe significare la mia ex che ti telefona chiamandoti 'amore'?" Gridò, avvicinandosi a lui e prendendolo per il colletto della t-shirt. "Non rispondo di me in questo istante, e la mia mente sta lavorando molto di fantasia, quindi sarà meglio per te trovare una storia decente da raccontare."
Stefan non parlò, la pupilla dei sui occhi si era visibilmente dilatata, e continuava ad aprire e richiudere la bocca come un pesce fuori dall'acqua, e ogni secondo che passava, Damon si sentiva salire il sangue al cervello.
"Rispondimi!" Strinse di più il pugno sulla stoffa. "Dì qualcosa, o giuro che ti spacco la faccia. Parla!"
"Damon."
Lui si voltò. Sulla soglia della cucina stava Lily, visibilmente esangue e scarna, aggrappata ad un bastone di legno per reggersi in piedi, i capelli raccolti in una treccia, gli occhi acquosi.
"Sei arrivato."
"Mamma." Sospirò, allentando la presa fino a lasciare andare suo fratello. Le andò in contro e la strinse con delicatezza, quasi con la paura che si potesse spezzare. "Non dovresti essere in piedi." La sgridò, dopo essersi schiarito la voce.
"Ti ho sentito gridare." Si giustificò lei. "Mi seguiresti di sopra, per favore?"
Damon annuì, e la aiutò a camminare fino al piano superiore, senza guardarsi indietro, non volendo vedere la faccia di Stefan per nessun motivo al mondo. Aiutò sua madre a stendersi nel letto matrimoniale e le sistemò le coperte.
"Come ti senti?"
"Oh, non è importante." Rispose lei, sollevando gli occhi al cielo. "Il mio destino è segnato, tuo fratello te l'avrà detto. Ma ci tenevo ad averti qui, a vederti ancora per un po'."
"Non dire così, possiamo consultare altri medici e...non lo so, trovare qualcuno che sia disposto ad operare." Non poteva accettare di vederla appassire senza muovere un dito. Avrebbe lottato per lei, con tutti i mezzi possibili.
"Non succederà. Damon, ora devi ascoltarmi." Prese una delle mani di suo figlio e la strinse tra le sue. "Questa famiglia è a pezzi, ed io non posso andarmene portandomi questo peso. Devi promettermi che starai vicino a tuo padre e a Stefan, promettimi che vi farete forza a vicenda."
"Io..." balbettò, abbassando lo sguardo. "Mamma, non so se ce la faccio." Confessò, non era mai stato capace di mentirle.
"Io ti conosco, anche tu avrai bisogno di loro."
"A loro non importa niente di me. Papà mi ha rovinato la vita, e ora Stefan... tu lo sapevi?"
Lei prese fiato, e gli fece una carezza. "Penso l'abbia incontrata qualche mese fa in un locale. Si è preso una cotta e sono finiti a letto, dopodiché se n'è pentito e si è autopunito per giorni, ma a suo dire, ne è innamorato e non riesce a starle lontano, nonostante sia la tua ex. Devi tenere presente che non sa di tutto il resto, era troppo piccolo."
"Questo non lo giustifica." Rispose, freddo. "Lei girava per casa, è capitato che rimanesse a pranzo, insomma, lui sapeva benissimo chi fosse per me. Ma non gli è importato."
"Quando Katherine stava con te, Stefan aveva dodici anni." Tentò di nuovo Lily, nel disperato tentativo di farlo ragionare. "Cosa vuoi che ne sapesse dell'amore, del modo in cui tu eri legato a lei?"
"Sapeva che era la mia ragazza. E questo gli sarebbe dovuto bastare."
"Non permettere a quella donna di allontanarti da tuo fratello, Damon. Tu e Stefan avete bisogno di restare uniti." Lo supplicò, di nuovo, ma lui scosse la testa.
"Non si tratta di Katherine, mamma, ma di Stefan. Mi ha pugnalato alle spalle."

unsteady || the vampire diariesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora