* Ever Since New York - Harry Styles
Camminare in punta di piedi, non accendere nessuna luce, levarsi le scarpe sull'uscio di casa, nessuna di queste cose servì. Elena sperava con tutta sé stessa di riuscire ad evitare di svegliarlo, ma non c'era nessuno da svegliare. Perché il salone si illuminò all'improvviso, rivelando un Damon palesemente incazzato ad aspettarla sul divano.
"Ciao." Provò, alzando una mano. Lui non sorrise.
"C'è della carne con i funghi nel microonde." Disse, in maniera quasi meccanica. "Te l'ho avanzata."
"Grazie mille." Deglutì Elena. Damon sembrava una statua, e lei davvero non sapeva che cosa diavolo aspettarsi.
"Dove sei stata?" Chiese, alzandosi in piedi. Lei non seppe perché, ma le venne spontaneo arretrare di qualche passo.
"Io- delle commissioni. Avevo tante cose da fare e-e..."
"E Katherine Pierce rientrava nelle tue commissioni, dico bene? Stai pianificando un tatuaggio, Lena?"
Poté letteralmente sentire il sangue che le si gelava nelle vene, e la salivazione cessare. Come faceva a saperlo?
"Oh, non fare quella faccia. Sai chi è stato: Caroline non ti avrebbe mai tradito, ma non posso dire lo stesso di Bon Bon." Proseguì, stringendo forte i pugni per il nervosismo. Elena lo notò, ma fu un istante. Tornò quasi immediatamente a concentrarsi sul suo volto, che, lo giurava, sembrava fatto di pietra. Non lo riconosceva quasi più.
"Damon, ascolta..."
"Che cosa? Ascoltare che cosa?" Alzò la voce, costringendola ad arretrare ulteriormente. "Mi dici che cosa diamine ti mancava da me? Il dettaglio del pompino? Volevi sapere di come una succhiata del mio cazzo si è trasformata nella più grande pugnalata alle spalle che io abbia mai ricevuto? Era questo?" Gridò, totalmente fuori di sé. Ed Elena ebbe paura. Non per la sua incolumità, perché infondo sapeva che lui non l'avrebbe mai toccata neanche con un dito, ma il terrore di poterlo perdere le strinse lo stomaco in una morsa.
"No, no, no, Damon, no!" Protestò, scuotendo forte la testa. "Non mi permetterei mai, d'accordo?" Provò a sfiorargli delicatamente una guancia, ma lui voltò la faccia di scatto, come scottato.
"Damon" lo chiamò un'altra volta, mentre la voce le si incrinava. "Ei, puoi guardarmi solo per un secondo?"
"No." Rispose, duro. "Sei una bugiarda, Elena. Avevi detto di fidarti di me." Disse, e per la prima volta da quando aveva aperto bocca quella sera, fece trapelare qualcosa. Dolore e delusione. Ed Elena si sentì uno schifo.
"Ed è vero. Io mi fido di te, devi credermi. Avevo solo bisogno di-"
"Non m'importa." La interruppe, il tono amaro e piatto. "Torno a New York per le feste. Parto domattina."
"Damon è un disastro completo, con tutto. I sentimenti, le scelte giuste, la ragione, non sono per lui. Ma c'è una cosa nella quale è terribilmente bravo: andarsene.""Buon Natale!"
Elena sfiorò con il polpastrello il pacchetto regalo che aveva confezionato qualche giorno prima, mentre tirava su col naso per evitare di piangere.
"Buon Natale." Soffiò, sforzandosi di sorridere, struccata, con indosso solo dei jeans scuri ed un maglione bordeaux, i capelli raccolti in una treccia disordinata.
Che senso aveva agghindarsi, infondo?
Cosa diavolo c'era da festeggiare?
Stefan in coma? I posti a tavola dei suoi genitori che, per l'ennesima volta, sarebbero stati vuoti di fronte a lei? Damon che non si era più fatto né vedere né sentire?
"C'è l'arrosto con le patate nel forno, ragazzi! Jer?Elena? Qualcuno può controllare che non si stia bruciando?" Continuò a gridare Jenna dalla sua stanza.
"Scendo io." Disse Elena, cogliendo così la scusa per allontanarsi da quel dannato pacchetto.
Non era niente di che, in realtà, una cosa banale, scontata e sciocca.
Un maglione blu, solo un semplicissimo maglione che sarebbe stato bene con i suoi occhi, eppure, darglielo, avrebbe significato averlo ancora lì.
Era questo a farle male, il fatto che non ci fosse, che da più di una settimana fosse semplicemente sparito con la stessa facilità con la quale era arrivato.
Ed Elena, da quando Stefan aveva avuto l'incidente, aveva trascorso solo una notte da sola alla pensione, ed ora si sentiva persa.
Perciò aveva colto la scusa del Natale per tornare un po' a casa sua.
Perché la pensione era solo un gigantesco promemoria di quanto i due fratelli le mancassero.
"È già bruciato?"
"No, zia, l'ho appena spento."
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unsteady || the vampire diaries
FanfictionElena Gilbert stava girando il sugo quando le squillò il telefono. Sì, il sugo. Ed era strano, curioso, perché lei non cucinava mai, aspettava sempre che fosse lui a farlo, con il suo grembiulino bordeaux e quel sorriso che sapeva di primavera. Le...