Capitolo 10.

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Atlanta, Febbraio 2010
"Hai intenzione di piantarla, Signor so tutto io?"
"Niente affatto, Signorina Branson."
"Me lo merito, ti ho detto!"
"Come no. Avevi copiato tutto il compito da me, non credere che non ti avessi vista."
Lexi rise, trascinando le sue scarpe da ginnastica e ruotando gli occhi al cielo. I codini biondi le oscillarono quando si voltò a guardarlo, stava pochi passi più indietro, portava lo zaino su una spalla sola e camminava un po' ingobbito. Il solito Stefan.
"Comunque sia, dovremmo festeggiare. Sai, la mia prima e probabilmente ultima A in storia si merita una birra, non c'è un bar, a una decina di minuti da qui?"
"Sì, insomma...mi ricordo che mio fratello ne parlava spesso, ma non credo ci faranno entrare, non abbiamo l'età." Storse leggermente un labbro, mentre si lasciava possedere dai ricordi. Damon se n'era andato da poco, eppure la sua mancanza premeva sul cuore di Stefan con tanta di quell'insistenza da fargli credere che potesse rompersi in mille pezzi da un momento all'altro. Sospirò.
"Dobbiamo tentare." Lexi non sfiorò l'argomento, continuando a sorridere. "Non abbiamo nulla da perdere."
"A parte la dignità, dici?"
Comunque si lasciò convincere, come accadeva sempre. Non sapeva dirle di no, perché le voleva troppo bene, perché era l'unica amica che gli fosse rimasta, e perché, doveva ammetterlo, la maggior parte delle volte le sue idee si rivelavano geniali. Ma non fu quello il caso.
Bree li vide subito, non appena i loro nasi si furono infilati al di là della porta. Lei era già schizzata in avanti, con la mascella rigida ed un passo che non prometteva nulla di buono. Stefan non la conosceva ancora, ma avrebbe imparato a farlo; la barista, invece, sapeva già tutto.
"Non potete stare qui." Sentenziò, in un tono che non ammetteva repliche.
"Ma noi abbiamo-" Provò Lexi, ma venne subito interrotta.
"Quindici anni, ragazzina. Non venti, né tantomeno ventuno, perciò, sapete, qui di fronte c'è una caffetteria niente male. Io non servo cioccolate calde."
"B, andiamo, non essere così severa. Dopotutto, se lasci entrare me, possono rimanere anche loro. Non è corretto fare favoritismi." Stefan riconobbe quella voce, seppur gli fosse arrivata di spalle e non la sentisse da settimane e settimane, l'avrebbe distinta tra mille. Si girò, sapendo esattamente quale volto avrebbe trovato dinnanzi al proprio, ma non si sarebbe mai immaginato di provare tanta rabbia.
"Hai anche il coraggio di parlare in mia presenza?" Sputò, nonostante quell'aggressività non gli appartenesse.
"Scusami?" Katherine inarcò un sopracciglio, posando la bottiglia di vetro verde sul tavolino. "Ti ricordavo più mansueto, Salvatore Junior."
"Sei una stronza." Stefan non riuscì a fermarsi, stava stringendo i pugni fino a farsi penetrare le unghie nella pelle. "Mio fratello se n'è andato per colpa tua! Non so cosa tu gli abbia fatto, ma ti odio con tutto le mie forze, mi hai capito? E non ti azzardare a rivolgerti così a me, mai più."
"Ho detto fuori di qui." Ripeté Bree, facendogli un segno con la mano.
"No." Li fermò Katherine, di nuovo. "Non ancora." Si alzò in piedi, raggiungendoli, anche se a dire il vero barcollava un po'. Era alta quanto Stefan, sempre bellissima come lui la ricordava, ma non sembrava avere una buona c'era. E puzzava di alcool. "Credi di sapere tutta la storia, non è vero, piccoletto? Be', indovina un po'? Non sai un bel niente. Non ho chiesto io a Damon di trasferirsi Dio sa dove o di lasciare la città, l'ha deciso da solo. Lui ti ha abbandonato, Stefan. Ha abbandonato tutti noi."
Bree vide qualcosa incrinarsi nelle iridi del fratellino di Damon, prima che si voltasse e se ne andasse correndo e trascinando la sua amica per la manica del cappotto.
"Ma che cosa ti dice la testa? È un bambino, ed è devastato, non l'hai guardato bene?"
"Non ci vedo un granché." Alzò le spalle Katherine, ghignando.
"Già, forse perché sei ubriaca alle cinque di pomeriggio." La sgridò la donna dalla pelle scura. "Vai a casa."
"Vuoi cacciare anche me? Cazzo, non facevo sul serio con quella storia dei favoritismi. Calmati, B."
"Non importa, hai bevuto abbastanza per oggi. Non ti servirò altro, perciò va, prima che ti faccia venire a prendere da tuo padre."
Katherine alzò le mani in segno di resa, e, una volta che se ne fu andata, Bree tornò finalmente alla sua postazione e scrollò la rubrica alla ricerca di un numero che si era salvata da poco.
"Sì?"
"Ei, sono io."
"Bree? Porca puttana, è tutto okay?"
Lei sospirò. "Sì, ma mi avevi detto di tenerlo d'occhio e poi aggiornarti, ed io lo sto facendo. Mi è capitato di seguirlo da lontano in macchina in questo periodo, e mi è sempre sembrato a posto, triste, certo, ma era normale che lo fosse. Oggi però è stato qui."
"Lì? Lì dove? Al bar? Merda, c'era...c'era lei?"
"Sì, c'era. Appena è entrato Katherine ha iniziato a provocarlo, gli ha detto delle cose orribili, e Stefan ha gridato come un pazzo, dopodiché se n'è andato piangendo. Lui ha bisogno di te, Damon."

unsteady || the vampire diariesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora