Capitolo 5

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«Grazie a tutti per l’ottimo lavoro, i più giovani per oggi hanno finito. Gli altri si prendano una pausa»
Con l’annuncio della donna canarina, la troupe si disperse in cerca di un caffè decente e ricominciò il brusio delle voci.
Hera aveva la fastidiosa sensazione che molti commentassero l’ambiguo rapporto fra lui e Terumi, rapporto al quale d’altronde neanche lui sapeva dare un nome.
In effetti, erano solo compagni di classe e si conoscevano pochissimo, per quanto Hera avesse la sensazione di aver colto qualche frammento della vera natura di Terumi.
Quasi come dovesse ricostruire un puzzle.
«Ehi, novellino, ottimo lavoro» disse la donna canarina interrompendo il filo logico dei suoi pensieri.
Hera spostò lo sguardo dalla giacca giallo canarino al biglietto che gli stava porgendo.
«Tu e Aphrodi fate una bella coppia. Se t’interessasse fare altri scatti, contattami» disse, si ravviò i capelli e se ne andò sculettando verso Saginuma, con cui si prese un caffè.
«Non m‘interessa» le gridò dietro Hera, ma lei parve non sentire.
Atena comparve dietro di lui, sorridente come al solito.
«È inutile» lo informò.
«Lei dice così, ma in realtà sarà lei a contattarti. Mi spiace ma temo che tu le piaccia, forse perché siete sim…»
«Non osare dirlo o ti taglio tutti i capelli» tagliò corto Hera, infastidito dall’idea che il suo carattere potesse anche solo lievemente somigliare a quello della donna canarina.
«Dov’è Terumi?» chiese, impaziente di tagliare la corda.
«Oh, lui non sopporta il caffè, è troppo amaro. Preferisce il milk-shake di quel bar» disse Atena e indicò un piccolo bar all’angolo della strada. Hera scrollò le spalle.
E io dovrei anche rimanere qui ad aspettarlo? si chiese, si girò verso Atena per dirgli che lui andava, ma il biondo era sparito.
Hera si trovò a chiedersi se ci fosse almeno una persona normale in quella troupe, considerato quelli con cui aveva avuto a che fare quella mattina.
Sospirò e si voltò, fermamente intenzionato ad andarsene.
Come aveva potuto farsi trascinare lì? Era tutta colpa di Afuro, se ora si trovava in quella gabbia di canarmatti. 
Possibile che non riesca a togliermi i canarini dalla testa stamattina?! si disse scioccato.
Si era appena avviato sulla strada per casa, quando una voce lo chiamò.
Si voltò e si trovò di fronte Terumi.
Il biondino ora indossava occhiali da sole rosa scuro, una maglia larga con la scritta “Love Japan” e pantaloncini di jeans, e a chiudere il quadro le converse con lacci diversi e coloratissimi. Stava bevendo del milk-shake da un bicchiere di cartone e aveva un sorriso malizioso.
«Dove credi di andare? Devi passare con me l’intera giornata, ricordi?»
Hera schioccò la lingua, seccato: dannazione, non riusciva proprio a liberarsene.
Ricominciò a camminare, stavolta con Terumi al seguito.
«Dove mi porti?» chiese il biondino.
«Non lo so, dove ti pare» fu la risposta.
Terumi cominciò a riflettere intensamente.
«Mi porti in riva al mare?» chiese.
«Se ci tieni»
«Evviva!»
Tadashi imboccò una stradina secondaria, molto isolata, per poter arrivare prima. Afuro, titubante, lo seguì.
«Questa strada è sicura?» chiese leggermente intimorito.
«Abbastanza, si»
Fortunatamente, non mentiva. Camminando lungo un muretto nel quale prima o poi doveva esserci l’apertura per la spiaggia, Terumi terminò il milk-shake e ne buttò il contenitore in un cestino.
Poi decise che il silenzio era durato fin troppo.
Improvvisamente fece un mezzo giro in modo da mettersi davanti ad Hera e gli posò le mani sulle spalle, costringendolo a sedersi sul muretto, e quindi lasciò scivolare le braccia finché non fu il gomito a stare sulla spalla e le mani erano intrecciate dietro la schiena dell’altro.
«Allora… mi porti a fare una romantica passeggiatina sulla riva, o preferisci stare qui a baciarci?» domandò, malizioso e seducente, e avvicinò il viso al suo.    
Hera sospirò, poi allungò una mano sul viso di Terumi e lo accarezzò, lentamente…
…quindi afferrò il cappello e glielo tirò sulla faccia, spingendolo via.
«Ma va, va» disse ironico.
«Piuttosto perché questo abbigliamento bizzarro?»
Terumi si alzò il cappello esibendo il suo broncio.
«Sei un mostro, come puoi trattare così un ragazzo tanto carino?» piagnucolò.
«E comunque l’abbigliamento mi serve per non farmi riconoscere, sono un modello famoso, ricordi?« aggiunse sdegnato.
«Ah, capisco» rispose Hera ignorando totalmente la prima parte della frase.
Si alzò e guardò in fondo. Si era scocciato di camminare in strada, perciò fece passare le gambe dall’altra parte del muretto e saltò giù, erano appena cinque metri da lì alla sabbia.
Poi alzò la testa.
«Che fai? Non scendi?»
«No… è troppo alto»
«Stai scherzando?»
Hera guardò Terumi incredulo, ma il ragazzo esitava. Sospirò e tese le braccia.
«Dai, ti prendo»
«Non mi fido, sei cattivo»
«In effetti…»
«Lo vedi?!»
«No, dai, ti prendo» insistette Hera lasciandosi sfuggire un sorriso.
Afuro si convinse a salire sul muretto, si sedette e si lasciò scivolare giù piano finché le braccia di Hera non trovarono il suo corpo e lo sollevarono per poi fargli toccare terra delicatamente.
«Ragazzo di malafede» lo sfotté Hera, lasciandolo. Il biondino gli fece la linguaccia.
Hera credette che fosse arrossito di nuovo, ma poteva benissimo essere la luce.
Terumi iniziò a fissare intensamente il mare.
«Che bello» commentò.
«Che c’è? Ti vuoi fare una nuotata?» domandò Hera scherzoso. Afuro scosse il capo scandalizzato, quasi come se fosse spaventato, e ciò lo insospettì.
«Beh, che ti prende ora?» insistette.
Silenzio.
-Se non vuoi dirmelo, allora me ne vado- Hera fece per andare, ma il biondino lo trattenne.
«Io…» disse esitante, mordendosi il labbro.
«Io… n-non so nuotare…»
Hera lo fissò accigliato, poi rise.
«Davvero? Non ci credo!» esclamò.
«Ehi! Non prendermi in giro!» protestò gonfiando le guance come un bambino capriccioso.
Poiché Hera continuava ridere di lui, il ragazzino cominciò a tempestarlo di pugni.
«Okay, okay, basta, Mi fai male!» si lamentò Hera
«Non rido più, ma basta!»
«Cattivo!» esclamò Terumi tirandogli un ultimo schiaffo sul braccio.
Hera intercettò la sua mano e la bloccò nella sua, e fece lo stesso con l’altra per impedire di essere colpito con quella.
«Non ti avevo detto di smetterla con questa brutta abitudine…» cominciò e s’interruppe, sorpreso.
Terumi era diventato rossissimo, forse perché erano davvero vicini, ed era strano: non era né il solito angelo né il solito diavolo.
Hera stava per commentare, ma d’improvviso una folata di vento si portò via il cappello di Afuro, rendendolo evidente a tutti.
«Oh no!» scattò il biondino cercando subito qualcosa con cui coprirsi.

Famous||HerAfuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora