Reflection

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Urla. Il mondo urlava nella sua mente.

Portò le mani sulle orecchie per non udire più quelle dannate voci, ma tutto era vano. Esse invece aumentarono. Chiedevano ed imploravano aiuto.

Si odiava così tanto.
Poteva udire la sofferenza della gente, ma non poteva aiutarla.

Guardò il veleno verde dinanzi a sé, amava i veleni, non sapeva esattamente perchè, ma erano così misteriosi ed affascinanti dinanzi ai suoi occhi maledetti dal demonio.

Si avvicinò alla coppa, la portò vicino alle sue labbra, ma non la buttò giù interrotto da una voce diversa dalle altre.

«In questo mondo non esiste la libertà per le persone come noi. Ma non per questo devi farla finita. Noi siamo il prossimo passo dell'evoluzione umana.»

Quella voce. Qualcuno gli stava parlando direttamente. Non gli era mai successa una cosa simile.

Namjoon posò il calice della morte ed uscì fuori dalla sua casa, che più che casa era un camper.
Guardò la zona desertica ancora confuso a causa di quella voce.

«In questo mondo non c'è la libertà. Unisciti a noi.»

Ancora.

«Vieni dalla tua vera famiglia.»

Una famiglia. Non ne aveva mai avuto una e l'unica persona che considerava la sua famiglia l'aveva abbandonata nel momento del bisogno, quando gli implorava aiuto con le braccia dietro la schiena, i capelli scuri bagnati e quelle cose maestose dietro la schiena che venivano recise via tra urla di tormento.

Cosa aveva fatto lui? Nulla. Era scappato via, ma nonostante ció nella sua mente poteva ancora udire le urla di supplica del fratello.

Quel giorno era il giorno in cui il fratello fu maledetto dal diavolo (o dal Signore?).
Cosa aveva fatto lui? Era scappato troppo impaurito del futuro a lui non noto.

Il ragazzo si guardò attorno impaurito, mentre la voce continuava a ripetergli di andare da lui.
Ma andare dove? Chi era?
Stranamente Namjoon non riusciva a rispondere al suo interlocutore.

«Vieni da noi... segui la mia voce
...»

Inizió a correre provando ad ingorare quella voce fastidiosa che gli ripeteva continuamente la medesima cosa.

«Non mi lasci altra scelta che venire da te...»

«VATTENE, NON SO CHI SEI!» il ragazzó portò disperatamente le mani alle orecchie, strinse gli occhi provando in tutti i modi a cacciare dalla sua mente quella fastidiosa voce.

«Tu hai il mio medesimo potere, ma io ho bisogno soprattutto del tuo altro potere: il controllo dei metalli.»

«BASTA, BASTA, CHI SEI?» continuò ad urlare, ma tali parole non arrivarono mai al destinatario.

«Namjoon avanti...ti stiamo aspettando...seguimi, ti porterò nella tua vera casa, devi aver fiducia nelle mie parole, avanti Nam... i tuoi fratelli ti aspettano.»

Il ragazzo esasperato iniziò a correre senza una meta apparente, il mondo gli pareva così confuso, i suoni erano del tutto ovattati; l'unico suono limpido era quello della voce mistetiosa presente nella sua mente.
Rideva, lo chiamava, lo tentava come il diavolo, ma lui provò in tutti i modi a resistere sino alla fine.

Namjoon si ritrovò sulla riva del mare, aveva in una mano una bottiglia piccola di birra, guardava l'orizzonte mentre diversi gruppi di amici o coppiette si divertivano.
Pensò che sarebbe stato bello avere degli amici.
Sorseggió la birra mentre diede le spalle all'orizzonte. Osservò la gente passeggiare, pareva cje conoscessero alla perfezione la loro meta rispetto al ragazzo che erano ormai anni cje vagava solo odiandosi e apprezzandosi contemporanea ogni giorno.

Voleva tanto saper amare.
Voleva tanto aver aiutato il suo unico amico e fratello.
Avrebbe tanto voluto fare diverse cose.

Ma era troppo tardi?

La voce si presentó nuovamente dopo svariate ore nella mente del ragazzo che infastidito portò le mani sulle orecchie sperando di mandar via quell'orrendo suono anche se sapeva benissimo essere tutto vano.

Sospirò esausto da quella situazione così decise di seguirla quasi ipnotizzato.
Dopo quasi un'ora il giovane si ritrovò dinanzi ad uno strano edificio apparentemente abbandonato.
Una donna minuta dai capelli castani spalancó la porta consapevole del suo arrivo.
«Kim Namjoon, la stavamo aspettando...»
Ancora confuso da tutto quello che stava accadendo così velocemente, il ragazzo rispose «Chi mi stava aspettando?»
«La tua famiglia, presto la conoscerai tutta! Ma prima dovrai seguirmi, dobbiamo preparare la tua scheda...»
«Che posto è questo?»
«Il posto dove troverai la libertà da te tanto desiderata...»

Namjoon seguì la minuta donna, se esternamente la struttura sembrava abbandonata, all'interno sembrava la cosa più moderna del mondo.
Curiosando con lo sguardo intravide diverse stanze con diversi letti, in una stanza vide un ragazzo solitario che giocava con una mela.

La donna lo portó in una stanza dove accomodati gli fece diverse domande sul presente e sul passato.

«Kim Namjoon. Vent'anni, orfano. Telepatia e controllo dei metalli. Hai provato ad uccidere un familiare con un veleno.»
«Sì.» il ragazzo provò a leggere la mente della donna per cercare di capire le sue vere intenzioni, ma tutto parve inutile, c'era una sottospecie di blocco!
Tuttavia riuscì a sentire i pensieri di alcuni presenti in quella struttura, le voci erano prive di emozioni, spente... esasperate. Una delle voci implorava la morte, era molto dolce, mentre una voce più arrogante bestemmiava contro una certa donna bionda.
Il ragazzo guardò la donna minuta un po' preoccupato, dove diavolo era finito davvero?

«Allora Namjoon sei pronto?» disse quella maledetta voce nella mente.

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