10- Joke

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Harry's P.O.V

Oggi è lunedì. Il giorno che più odio della settimana, come del resto tutto il mondo. Mi alzo di malavoglia dal letto e sarei davvero tentato dal ributtarmici dentro e saltare la scuola, ma decido per il mio bene di non saltare ancora perché non voglio che quella faccia di culto di mio padre debba venire a scuola per giustificarmi e dubito che ne sarebbe capace poi.

Osservo il mio riflesso e non posso che essere compiaciuto dall'immagine che vedo riflessa di me. I miei riccioli sembrano essere ancora più folti e i miei occhi verdi sembrano invece meno stanchi, quasi più felici. Già, gran bella parola: felici.
Da quanto tempo non lo sono più? Da quanto io non sono più felice realmente? Forse da quel giorno, il giorno in cui ho perso tutto.
Scendo giù e sbuffo non appena mi rendo conto che ho militardi di cose da fare e che sono un ritardo, come al solito.

"Scott, sei pronto?" Urlo dalla cucina mentre cerco di preparare un toast senza bruciarlo o senza bruciare la cucina, nom sono mai stato bravo a cucinare, ecco perché di solito ordino sushi al computer come cena e vado a comprare cornetti al bar qui vicino come colazione.

"Si, andiamo." Mi risponde eccitato e non posso che gurdarlo confuso.

"Perché non ti stai lamentando?" Gli chiedo poi, volendo avere una risposta.

"Perché oggi c'è la gita, non te lo ricordi?" Mi chiede e solo in quel momento mi ricordo che effettivamente avevo firmato e anche pagato dei fogli inerenti proprio a quello. Sospiro frustrato e mi abbasso alla sua altezza per fargli il solito discorso che fa una mamma al prorpio figlio.

"Fai il bravo ok? Ascolta quello che dicono le maestre e non allontanarti troppo." Gli raccomando anche se detto da me sembra poco credibile anche a lui, io sarei il primo a non rispettare nessuna di queste regole.

"Va bene, fratellone." Mi dice prima di correre verso di me e abbracciarmi
E se possibile, a quel gesto, mi sciolgo completamente. Guardo il piccoletto e non posso che prenderlo in braccio e fargli il solletico. Lui si dimena sotto di me divertito e io non posso che ridere divertito con lui.
Voglio che questo giorno sia felice per lui, anzi, vorrei che lui fosse sempre felice, ma so che non è cosi, perché anche a lui manca la sua mamma.
Lui è il mio unico amore, l'unico pezzo di famiglia che ancora mi resta e non posso vederlo triste o arrabbiato come lo sono io, merita di essere felice.
Un odore di bruciato ci fa alzare lo sguardo e non appena mi rendo conto che si tratta dei toast, metto giù in fretta Scott e li tiro fuori.

"Missione toast: fallita." Dico poi gudando come sono ridotti. Scott ride e io non posso che fargli la linguaccia che anche lui ricambia prontamente.

"Vorrà dire che oggi non farai colazione." Gli dico ridendo e il suo sorriso subito scompare. Se c'è una cosa che abbiamo in comune io e lui è l'appetito, se fosse commestibile ci mangeremmo pure il tavolo.

"Ma io ho fame." Si lamenta sbattendo i piedi per terra e io di rimando alzo le spalle indifferente.

"Puoi mangiare i toast, no?" Gli chiedo poi cercando di reprimere una risata.
Lì mi guarda male e io non posso che scoppiare a ridergli in faccia. È valsa la pena bruciare i toast per vedere la sua faccia.

"Ti odio." Mi dice puntandomi un dito contro.

"Che ho fatto?" Gli dico ridacchiando e lui si arrabbia ancora di più, decido quindi di smetterla di prenderlo in giro prima che possa arrabbiarsi seriamente o scoppiare a piangere.

"Va bene dai, vorrá dire che compreremo dei cornetti fuori scuola." Esordisco poi fingendomi arrabbiato quando anche io non vedevo l'ora di andare in quel bar. Fa dei caffè fantastici.

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