♚ Capitolo III · Seconda parte

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William mi fa subito strada verso il centro della sala. Ovviamente tutti gli ospiti si voltano a guardarci. Riesco persino a immaginare gli stupidi pettegolezzi che li stanno allietando:

"Non ho mai visto la principessa Eleonore ballare. Se ha accettato l'invito del principe, possiamo ben sperare nelle nozze?"

"Possibile che il principe William abbia conquistato il suo cuore? Finalmente qualcuno ce l'ha fatta!"

No e no! Ogni mia azione deve sempre essere analizzata dal resto del mondo come fossi un animale in gabbia da giudicare.

Sussulto sentendo la mano di William sulla schiena spingermi a sé. Mi stringe la destra e afferra l'altra per posarsela sul braccio. Non ho mai permesso a nessun altro di avvicinarsi tanto, detesto essere stata obbligata a farlo. Ha la pelle sudaticcia, una colonia dall'odore nauseante e quel sorriso stampato in faccia che istiga violenza.

Il Direttore d'orchestra agita la bacchetta e la musica da camera cede il posto a un maledetto valzer.

«Tranquilla, Eleonore, se non sai ballare ti conduco io» brontola, rivolgendomi quello che dovrebbe essere uno sguardo sensuale.

Cosa vuoi condurre tu? Ma per favore!

Guardo altrove, affinché non veda il mio disappunto, e incrocio gli occhi di Leon, con le braccia conserte accanto ad Alissa; lei gli parla, ma lui le rivolge soltanto un cenno. A me, invece, riserva uno sguardo carico d'ira.

Alzo gli occhi al cielo. Che situazione del cazzo!

Grazie a Dio la melodia si conclude. Da brava principessa educata, porgo un inchino a William per ringraziarlo di avermi regalato i cinque minuti più noiosi della mia vita. Sorridendo, chiede di danzare ancora, ma preferirei farmi seppellire in giardino come Beag*, il Levriero irlandese che avevamo un tempo, piuttosto che farmi toccare ancora da quelle mani – sotto gli occhi di Leon, fra l'altro. Rifiuto con garbo – non sia mai che appaia troppo scortese – e mi volto per tornare sul palchetto, dove ho intenzione di restare finché non mi verrà una buona idea per fuggire da qui.

A metà strada vengo fermata da tre gentiluomini in calzamaglia che, dopo essersi presentati, mi invitano a ballare. A causa di William è naturale che si sentano autorizzati a pormi la medesima richiesta, averlo concesso a lui ha creato un precedente. Se dovessi rifiutare corro il rischio che pensino al principe come a un partner speciale e non desidero per alcun motivo che si creda un'idiozia del genere.

Scruto i pretendenti cercando di trattenere l'irritazione. Sospirando, faccio la conta nella mente per sceglierne uno a caso.

«Vogliate scusarci, gentili signori», Leon mi affianca, facendomi sussultare, «ma Sua Altezza non può accettare il vostro invito perché aveva promesso a me di ballare». Mi porge la mano, immergendo lo sguardo nel mio. «Altezza».

Non riesco a muovermi. Un ballo con Leon. Un ballo davanti a tutti con Leon. Posso farlo? È soltanto un ballo, no? Che male c'è?

I suoi occhi d'oro mi fissano pieni di promesse, spazzando via ogni pensiero.

Accetto, il tocco delle nostre mani è fuoco vivo sulla pelle, e mi lascio condurre al centro della sala. Senza indugio, mi posa la mano destra sulla schiena. Trasalisco, la sento bollente. Appoggio la sinistra sul suo braccio e stringo la destra nella sua riuscendo a non tremare.

I nostri corpi sono l'uno contro l'altro, il suo profumo m'invade come fosse il mio. La sua presenza cattura ogni mio pensiero.

«E adesso, rilassati. Ti ho salvata» mormora, dando il via alla danza.

È una parola...

Leon conduce il ballo in modo impeccabile. I nostri piedi si muovono speculari come fossimo una persona sola allo specchio. I passi scanditi dal valzer e le variazioni che mi propone di fare sono così fluidi da farmi credere di star nuotando.

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