♚ Capitolo IV · Prima parte

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A quest'ora la festa sarà quasi finita, ma non m'interessa. Non so che ore siano né da quanto tempo sono seduta a terra, senza che la mente sia riuscita a formulare un pensiero.

No, non è vero, a qualcosa ho pensato. Così tanto da essermi procurata la nausea.

Fa caldo, questo stupido vestito sembra essersi appiccicato alla pelle. Con calma mi drizzo in piedi e cammino verso il centro della stanza buia, slaccio il corpetto sulla schiena e lascio cadere l'abito sul pavimento. In intimo, oltrepasso il vestito e mi avvicino alla toeletta. Osservo la mia immagine. Ridacchio isterica: il mascara sciolto mi riga il viso di nero, gli occhi sono gonfi e le borse al di sotto accentuate. Mentre sulle labbra... sulle labbra non c'è più il velo di rossetto che mi ero concessa. Passo l'indice prima sulla parte inferiore, poi su quella superiore. Il mio primo bacio. Sento ancora la presenza delle labbra di Leon, calde e possessive, e la sensazione di essere stata saggiata come un frutto pregiato.

Devo dimenticarlo. Devo dimenticare ogni cosa.

Ogni emozione, ogni brivido, ogni battito.

Tutto.

Sgancio il reggiseno e lo butto a terra, cammino verso il letto e infilo la camicia da notte porpora in seta, che la servitù adagia sulle coperte poco prima che mi ritiri. Mi sposto nel bagno interno. Prendo un dischetto dal cassetto per struccarmi e lo passo sul viso guardandomi allo specchio.

Come faccio a lavare via anche quello che sento?

Sciacquo la pelle per completare il lavoro, sperando che l'acqua fredda attenui il gonfiore degli occhi. Non piangevo così da tempo. Pensavo di aver imparato a controllare le emozioni, invece non sono in grado di fare nulla, se non deludere le persone che ho accanto.

Torno in stanza con il desiderio di porre fine a questa dolorosa giornata. Scosto le coperte e mi siedo sul letto, immaginando un'altra notte in bianco.

Bussano alla porta e sussulto. Chi può essere a quest'ora? Forse mia madre per comunicarmi tutto il disappunto suo e del Re per non essere tornata alla festa? Oppure...? No, non credo. Ormai non abbiamo più nulla da dirci.

«Posso entrare?» chiede Alissa al di là della soglia.

Avrei preferito ricevere la classica ramanzina.

Sospiro. «Vieni avanti» rispondo con voce roca.

L'ingresso si schiude e mia sorella muove un passo all'interno della camera; richiude l'uscio alle spalle e rimane lì, immobile. Si aspetta che vada io da lei? Non posso, ho bisogno dell'ombra del baldacchino per nascondere il viso segnato dalla sofferenza.

«Come stai?»

Alzo le spalle. «Sto. La festa è finita?» In realtà non me ne frega nulla.

«Sì, gli ospiti stanno andando via» risponde, fissando i suoi sandali.

Mi sembra strana, tuttavia al momento non posso esserle di aiuto.

«Bene. da parte mia, per favore. Adesso vorrei dormire, mi sento molto stanca» dico sbrigativa, sistemando il cuscino un po' obliquo sul materasso.

Alissa non controbatte né accenna ad andarsene. Temo non lascerà le mie stanze finché non le chiederò cosa le dà pensiero. Schiudo le labbra per domandarglielo, ma d'improvviso si avvicina e ferma a un passo da me.

«Leon è andato via poco dopo che sei salita qui. Ne sai niente?»

Il mio cuore sussulta. «P-Perché dovrei?» Distolgo lo sguardo da lei. Adesso sono io che osservo i miei piedi.

«Posso farti una domanda?»

Un brutto presentimento mi assale.

Deglutisco. «Dimmi» sussurro, sistemando i sandali perfettamente dritti l'uno accanto all'altro.

«Sei innamorata di Leon?»

Il sangue si gela nelle vene. «Io? Di Leon?» Ridacchio isterica. «Ma cosa di...»

«Vi ho visti, prima. Vi stavate baciando» m'interrompe, distruggendo il mio finto sorriso. «Mi ero accorta dei suoi sguardi, ma credevo che tu non ricambiassi e lo ignorassi come gli altri. Invece, hai risposto al suo bacio come foste innamorati l'uno dell'altra». Le sue non sono parole ma lame affilate che mi trafiggono.

Perché qualcosa che mi ha reso la donna più felice del mondo dev'essere così sbagliata e disonesta?

Mi alzo. «Non è come pensi, Alissa. È stato lui a baciarmi e...» Sospiro sentendomi una stupida a dargli la colpa, come se io non avessi desiderato altro negli ultimi tempi. «No. La realtà è che entrambi abbiamo sbagliato, ma ti assicuro che...»

«Voglio sapere cosa provi» mi zittisce ancora. «Dimmelo, me lo devi». Il suo sguardo su di me è severo. Ormai non è più la mia tenera sorellina, ma una donna. Non posso continuare a pensare a lei come a una bambina.

Scuoto la testa. «Non importa. Lui è il tuo fidanzato e non...»

M'interrompe spingendomi una spalla. «Dimmelo! Voglio saperlo!» Mi spinge ancora. «Che cosa provi? Lo ami?»

All'ennesimo attacco le afferro i polsi. Il suo viso è una maschera di sofferenza, gli occhi carichi di lacrime.

Sono una persona orribile. Non le mentirò più.

«Sì. Lo amo». La verità che non ho mai potuto confessare a nessuno mi fa tremare il cuore. «Ma Leon sarà tuo marito. Non distruggerò la tua felicità». Cerco di rivolgerle un sorriso, nonostante ciò che vorrei davvero è ricominciare a piangere.

Mia sorella mi osserva in silenzio. «Perché non me l'hai detto?»

Alzo gli occhi al cielo. Ma che razza di domanda è?

«E cosa avrei dovuto dirti? Che vorrei essere al tuo posto? Che avrei preferito ritrovarmi su quel dannato cavallo e ricevere da papà la proposta che è stata fatta a te? Che detesto vedere Leon accanto a qualsiasi altra donna?» sbotto con rabbia. «Che è per lui che non voglio sposare nessuno?» bisbiglio, la voce trema. Alissa mi osserva turbata e sospiro. «Scusami, non volevo alzare la voce, ma oggi è stata una giornata...» Scuoto la testa. «Adesso vorrei dormire. Lasciami sola, per favore». È meglio che la conversazione finisca qui, prima che pronunci altre cose spiacevoli.

Mia sorella mi guarda senza replicare. Si dirige verso la porta, ma si ferma a metà strada. «N-Non mi piace come ti sei comportata». Si volta. «In altre circostanze, avrei fatto il tifo per te. Avrei pregato notte e giorno per il tuo amore e la tua felicità, ma...», deglutisce, «... come hai detto tu, Leon è il mio fidanzato e mi fido delle tue parole. Per questo ti chiedo di stare lontana da lui» sentenzia la mia condanna. «Non devi parlargli e non devi vederlo finché non sarai sparita dal suo cuore. Tu hai sempre avuto tutto. Almeno lui, lascialo a me». Apre la porta e va via.

«Non devi parlargli e non devi vederlo finché non sarai sparita dal suo cuore».

Le lacrime mi rigano ancora il viso. Credevo di non averne più.

Alissa ha vissuto un'infanzia faticosa ed è stato meschino da parte mia dire che avrei voluto essere al suo posto. Tuttavia, nonostante sia un discorso puerile, ho sempre pensato di poter rinunciare a tutto per Leon. Lui mi capisce, mi sostiene, mi ama... e io dovrò rassegnarmi a vivere senza averlo accanto.


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