- Memories I

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«Eleonore, vorrei parlarti» disse Leon, fermandomi nell'atrio del castello

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«Eleonore, vorrei parlarti» disse Leon, fermandomi nell'atrio del castello.

Era il giorno del mio sedicesimo compleanno e di lì a poco sarebbe cominciata una sfarzosissima festa di cui avevo già la nausea. Avevo indosso un lungo abito elegante, né troppo retró né troppo moderno, una via di mezzo per compiacere mio padre e me stessa. Dovevo ancora sistemare i capelli e stavo cercando mia madre affinché mi facesse una delle solite trecce – perché non tolleravo che nessuna cameriera mi toccasse i capelli –, quando Leon sopraggiunse alle mie spalle, vestito come sempre con un completo raffinato.

Era strano vederlo lì così presto e la sua richiesta mi confuse, soprattutto perché sembrava agitato. M'invitò a passeggiare nella corte. Per tutto il tragitto non intavolò alcun discorso, limitandosi a farmi strada verso il labirinto di rose sul lato ovest del castello.

All'improvviso, si fermò e si volse verso di me. «Non voglio girarci intorno. Ci conosciamo da anni, in pratica ti ho vista nascere, e le nostre famiglie sono molto legate. Credo che una cosa del genere potrà solo far loro piacere, per quanto io stesso mi stupisca di questa decisione, ma...» Straparlò e lui non straparlava mai. Era un ragazzo deciso, sicuro di sé, che difficilmente mostrava le proprie debolezze, anche se mi piaceva pensare che con me si comportasse in modo differente.

Non capivo di cosa stesse parlando e lo guardai perplessa. «Quale decisione?» lo interruppi per dispensarlo dall'evidente stato di agitazione in cui versava.

Leon guardò altrove, inspirò e tornò a fissarmi. «Vorrei che diventassi mia moglie» dichiarò risoluto. Spalancai gli occhi. «Questa sera, alla festa, il Re annuncerà il tuo ingresso in società e la conseguente ricerca di un marito. Quell'uomo vorrei essere io».

Rimasi impietrita, senza parole, chiedendomi se fosse uno dei soliti sogni che abitavano le mie notti o se avessi battuto la testa da qualche parte. Chinai il capo perché non notasse l'imbarazzo e la crescente emozione che mi stavano invadendo anima e corpo. Da quanto tempo stavo attendendo quelle parole? Avevo compreso i miei sentimenti nei suoi confronti all'età di tredici anni, anche se non ero riuscita subito a capirne la natura: semplice ammirazione o infatuazione di bambina? E mentre continuavo a domandarmelo, i pensieri che gli riservavo occupavano sempre più spazio nella mente, fino a far diventare Leon l'unica persona in grado di farmi battere il cuore senza controllo.

Tuttavia, nonostante sentissi la risposta che desideravo dargli gridare con forza dentro di me, quella sera mio padre non si sarebbe limitato soltanto all'annuncio del mio ingresso in società, ma gli avrebbe proposto di sposare Alissa come ringraziamento per averla salvata dal cavallo imbizzarrito, due giorni prima. Anche mia sorella aveva sempre nutrito sentimenti d'amore per lui e non potevo distruggere il suo futuro.

No. Non potevo tradirla. E con la speranza che, prima o poi, sarei riuscita a mettere da parte ciò che sentivo per lui, mi feci coraggio, soppressi il magone che mi stava soffocando e alzai lo sguardo.

«Mi dispiace, ma non posso sposarti» mormorai, sentendo ogni lettera bruciarmi le corde vocali.

Leon s'irrigidì, sul viso una profonda delusione. «So che proviamo gli stessi sentimenti, l'ho capito. Perché mi rifiuti?» I suoi occhi castano chiaro, luminosi come oro, mi scrutavano con rabbia, nascondendo forse il dolore che le mie parole gli avevano provocato.

Era vero, aveva ragione. Non avrebbe mai potuto neanche immaginare quanto desideravo diventare speciale per lui, e mi ero anche impegnata tanto affinché mi considerasse una donna al pari delle sue coetanee. Da quando era tornato dall'America avevo fatto del mio meglio per farmi conoscere, per fargli comprendere che non ero più la ragazzina che aveva lasciato prima di partire e che potevo stare al suo fianco nonostante i sette anni che ci dividevano.

Tuttavia, quello non era il mio destino.

Ancora soffocai la tristezza, deglutendo. «Mi dispiace, ma credo che tu abbia frainteso. Siamo amici da tanto tempo e ti voglio bene, ma non c'è nulla di più» riuscii a dirgli con tono calmo, quasi fosse la realtà, mentre dentro di me stavo morendo. Il cuore infuriava nel petto senza sosta, come se volesse scappare da quella ignobile bugia che avevo appena pronunciato.

Leon mi osservò in silenzio. Non lo dava a vedere, tuttavia i suoi occhi palesavano il dolore che tentava di nascondere. Sembrò sul punto di dirmi qualcosa, però non aprì bocca. Mosse un passo indietro e andò via, lasciandomi sola nel labirinto.

Quella notte, dopo la festa, piansi così tanto sul mio letto da perdere i sensi. Ma non soltanto per quel rifiuto che mi bruciava l'anima.

Leon aveva accettato la proposta di matrimonio.

Leon aveva accettato la proposta di matrimonio

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