Voragine

1.3K 86 65
                                    

La sala è già piena di tutti i membri di spicco della buona società.
Avvocati, imprenditori, magnati e tanto altro, assieme alle mogli e ai figli.
Tutto è riccamente addobbato: dai lucernari in cristallo, alle porcellane, il pavimento tirato così a lucido che ti ci puoi specchiare. Le tende color oro e i festoni appesi alle pareti. Dei fiocchi color avorio con rifiniture dorate. I cristalli scintillanti e i tavoli disposti ad opera d'arte, con le tovaglie ricamate ed impreziosite da dei segnaposto personalizzati, sia per gli uomini che per le donne. Per il gentil sesso è stato scelto un cigno di cristallo, che sguazza beato in un piccolo stagno. Per i gentleman è stato deciso un caleidoscopio d'oro massiccio poggiato su un treppiedi. Tutto emana ricchezza e sfarzo.
Stringo il braccio di Storm sentendomi a disagio. Non mi riconosco più in queste circostanze, che una volta erano la mia vita.
Mi sento come un pesce fuor d'acqua, come se quel mondo patinato e ricco non facesse più parte di me.
Un anno e poco più fa, mi divertivo a chiamarlo – Il trattamento Dimitri - Ancora è così per me.
"Sei tesa, qualcosa non va?" Se ne accorge, molto probabilmente perché sto stringendogli il braccio in una presa convulsa.
"No, sono solo stranita. È tanto che non partecipo ad eventi del genere. Ho perso un po' di smalto, credo."
Rivelo solo una parte della verità. Non posso di certo dirgli quel che è.
"Dai, è come andare in bicicletta.
Una volta imparato è impossibile dimenticarsi come fare. Tu stai al mio fianco, sorridi e sii te stessa, andrà tutto bene."
Mi rilasso solo un poco, giusto per evitare altre discussioni.
Una coppia sui sessant'anni si avvicina. Sono dei vecchi clienti dello studio in cui lavora il mio fidanzato.
Iniziano una fitta conversazione, nella quale io e la moglie dell'uomo facciamo da tappezzeria.
"Perdonatemi, ho avuto una giornata pesante. Vado a prendere qualcosa di rinfrescante da bere. Tesoro, ti porto un calice di champagne?"
Mi dà un bacio, rifiutando la mia offerta.
Faccio loro un cenno e me ne vado al tavolo dei drink.
"Un calice di champagne, grazie" sorrido al cameriere, che ricambia con un gesto genuino.
Mi serve subito, riempiendo il cristallo quasi fino al bordo.
Deve essersi accorto di quanto mi serva un po' di coraggio liquido.
E non ha torto, vorrei scappare a gambe levate da questo posto, da questa gente superficiale e pomposa, che si maschera dietro buone intenzioni.
"Grazie, buon lavoro."
Mi accomiato usando delle parole gentili.
Mi volto, per tornare dal gruppo, ed è allora che tutto va in frantumi.
Per un solo attimo mi convinco di aver visto male, che no, non può essere.
Ma si volta e annienta le mie speranze.

Restiamo a fissarci negli occhi per quello che mi pare un tempo infinito.
Tutto quello che avevo così faticosamente cercato di opprimere in me ritorna prepotentemente a galla.
I suoi occhi, il suo viso, la sua essenza, mi colpiscono come centinaia di coltellate.
Il bicchiere che ho in mano si spacca, per la troppa forza con cui lo sto artigliando.
Sento le schegge che penetrano nella carne, tagliandola. Ma non mi importa; c'è solo lui adesso, in piedi di fronte a me.
So che le persone ci stanno guardando, ma non me ne può fregare di meno.
Vedo il suo dolore, è lo specchio del mio.
Una ragazza, mora e giovane, si volta nella mia direzione per poi sussurrargli qualcosa all'orecchio.
Scuote la testa e leggendo il labiale capisco che cosa gli dice:
"Mia sorella, è mia sorella."
Quel poco alito di vita che ho dentro muore del tutto, dopo aver visto uscire quel sostantivo dalle sue labbra.
Due braccia mi circondano, un attimo prima che crolli davanti a tutti.
"Non crollare, non adesso." So che lo fa per me, per darmi la necessaria spinta a reagire. Ma lui non può sapere che quella voragine, che ho così faticosamente tenuto a bada, si è riaperta del tutto ingoiandomi al suo interno.
Mi libero della sua presa, lascio cadere i resti del bicchiere che stringevo in mano, e come una furia corro via, troppo annientata dal dolore.
Scendo la scalinata come inseguita da un'orda di delinquenti.
Mi tolgo le scarpe e le lancio, infischiandomene del male ai piedi che mi farò.
Alzo la gonna e aumento la velocità.

Devo andare via, di nuovo. Corro per non so quanto sentendo che qualcuno mi sta inseguendo.
So che è Storm, ma adesso non posso occuparmi di lui. Non riesco a farlo neppure per me stessa, figuriamoci per qualcun altro.
Incasso la testa tra le spalle, aumentando ancora la velocità. Giro nel primo vicolo che trovo, nascondendomi in una rientranza.
Crollo sfinita sul duro cemento del manto stradale.
Mi rannicchio, tenendomi le ginocchia strette al petto.
Poso la testa sulle braccia e mi lascio rapire dal dolore.
Singhiozzo silenziosamente, non voglio che qualcuno mi senta e venga a vedere che cosa sta succedendo. Non voglio e non posso dare alcuna spiegazione.
"Non scappare, non di nuovo."
Alzo la testa di scatto, restando imbambolata a guardarlo.
"Va' via, ti prego. Ti supplico, non farmi questo." Non lo posso affrontare, non adesso.
"Non posso, Luna. Ti ho cercata per mari e monti, sono arrivato a chiedere aiuto alla mia unica amica, che è un federale, pur di trovarti. Non ce la faccio, non senza di te."
"Dimi, non ci riesco. Io..." ma che altro dire, senza ferirlo?
"Lo so. Sento e provo le tue stesse emozioni. Ma vivere senza di te, anche se da fratelli, è peggio dell'inferno. Quello che mi hanno fatto, da piccolo, è niente in confronto al dolore e alla solitudine di adesso. Mi manchi, mi manca la mia metà. Mi manchi tu."
Il cervello smette di avere il sopravvento. Mi getto tra le sue braccia, ricominciando a respirare.
"Va tutto bene, piccola, ci sono io adesso." Mi tiene così stretta che quasi mi spezza le ossa. Ma va bene così, è quell'abbraccio che rimette insieme i pezzi del cuore e dell'anima.
Una volta riacquistata un minimo di compostezza, mi stacco appena e gli chiedo: "Quella ragazza... lei è?" Non riesco a terminare. Quelle parole non vogliono uscire dalla mia bocca.
"No. Non è la mia ragazza. È un'amica. Mi ha aiutato ad ambientarmi, non appena arrivato qui.
L'ho conosciuta per caso, all'università."
"Hai ripreso gli studi?" Sono felice, almeno una buona cosa ne è venuta fuori.
"Sì. Mi sono diplomato da privatista ed ho iniziato subito legge."
"Wow, sei un portento. Ma me lo dovevo aspettare, sei uno che non molla."
Mi aiuta ad alzarmi, mettendo un braccio intorno alla mia vita.
Si ferma tutto d'un tratto e chiede: "Lui, invece?"
So che adesso gli darò un dolore, ma non posso di certo mentirgli.
"Sì. È il mio fidanzato." Gli mostro l'anello, lui si accartoccia su se stesso.
"Ti prego, non fare così! Avevo bisogno di un'ancora per dimenticarti. Non lo amo, non lo potrò mai amare, ma ne ho bisogno."
Si rimette eretto, si asciuga il viso e mi indirizza un tremulo sorriso.
"Lo capisco bene.
Mi sono scopato pure i cessi, pur di dimenticarti. Non te ne faccio una colpa, non ne hai. Ma saperti con un altro uomo, nonostante tutto, mi fa male."
Mi maledico più volte. Poi maledico Janine e tutto il resto del mondo, per quello che ci hanno fatto.
"Fa male, lo so. Mi dispiace tanto." Non c'è parola al mondo che possa bastare.
"Non fa niente, va bene così.
Torniamo indietro, perdi sangue dalla mano e non voglio che ti prenda un'infezione o chissà cosa."

"Guarda che sono sempre io la maggiore."
Stempero, rispolverando una nostra vecchia battuta.
"In questo momento non mi sei particolarmente simpatica, sai?
Devi smettere di rinfacciarmelo ogni volta. E sei più grande di soli quattro minuti!"
Questo scambio di sciocchezze ci fa sentire meglio.
Mentre ritorniamo alla festa ci raccontiamo quello che abbiamo fatto in questo anno.
"L'hai aperto davvero? Brava, sono fiero di te!" Si complimenta non appena saputo del mio salone di bellezza.
"Grazie. Lo sono anche io, ma non è la sola novità..."
Veniamo interrotti dall'arrivo di Storm, che subito mi strappa alle sue braccia, tirandomi verso il suo corpo.
"Ciao, Dimitri.
Scusami, adesso devo pensare alla mia fidanzata."
Marca il territorio come fanno gli animali.
Mi scosto bruscamente.
"Non c'è bisogno di essere così aggressivi. Ti ricordo che è il mio gemello, non un tizio qualunque."
Lo aggredisco, difendendo Gemini.
"Non sono aggressivo. Mi scuso se sono sembrato tale. Ne parliamo a casa, va bene?
Ti devo medicare, non voglio che la situazione peggiori.
È stato un piacere rivederti." Dice, rivolgendosi a lui, allungando la mano. Dimi la stringe brevemente, mi dà un bacio sulla fronte e si allontana, rientrando alla festa.
E per tutto il tempo, il mio cuore e il mio sguardo sono con lui.

SIAE Broken Love 2- Harper High Series SU AMAZONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora