La prima mossa

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Il rientro a casa avviene nel più totale silenzio.
"Storm, perché sei stato così sgarbato?" Cerco un chiarimento, sperando che non sfoci in una vera e propria lite.
"Non lo sono stato. Ho solo messo in chiaro qual è il mio ruolo."
Replica, andando al mobile bar per versarsi un drink.
"Vieni, ti sistemo la mano." Dice, per poi scolare il cocktail tutto in un sorso.
Mi prende per la mano, quella sana, portandomi in bagno.
"Non era necessario. Glielo avevo già detto io chi sei."
"Non ne dubito." Si limita a poche frasi.
"Posso sapere che cos'hai?" Mi sto spazientendo.
"Secondo te?
Non voglio che arrivi lui, così dal nulla e senza invito, facendoti ripiombare di nuovo nello strazio e nell'angoscia. Ci hai messo un anno per venire a patti con tutto. E adesso che ne sarà di te, di noi?" Capisco il suo punto di vista.
"Perdonami, ma non eri tu quello che spingeva ad una riconciliazione?" Non riesco a capire a che gioco stia giocando.
"Sì, è vero. Ma questo, prima di vedere l'espressione che ti si è dipinta in faccia, non appena hai posato lo sguardo su di lui.
I tuoi sentimenti sono ancora lì, più vivi che mai.
Come credi che possa starci io, sapendo di dover compete con l'ineguagliabile?"
Diavolo, non mi aspettavo che analizzasse così nel dettaglio la mia reazione.
"Non è una competizione! Io non sono un fottuto premio. Sono una persona, che per quanto si sforzi, non riesce a reprimere certe cose. Credi che mi faccia piacere?" Perdo la pazienza.
"Ed è questo il punto! Tu ti sforzi, impieghi tutte le tue energie per far quadrare le cose, per dimenticare e scacciare quell'amore.
Quando invece dovresti solo amare me, come dici di fare!
Sapevo bene a quello che andavo incontro quando ho deciso di corteggiarti e tutto il resto. Pensavo, erroneamente a questo punto, che prima o poi, con pazienza e dedizione da parte mia, saresti andata avanti.
Sapere di essere solo un rimpiazzo, per di più molto scadente, non è bello per nessuno, nemmeno per me."
Le sue parole mi feriscono, ma c'è della verità in esse.
"Mi dispiace." È la sola cosa che posso dirgli.
"Il dispiacere non basta, Luna. Non fa funzionare le cose, né progredire una relazione.
So che adesso le cose sono difficili per te, ma ho bisogno di stare da solo. Anticiperò a stasera la partenza.
Mi dedicherò a quello stramaledetto caso, a quel maledetto di Evan Hardy, e poi tornerò a casa. Con le idee più chiare."
Termina la medicazione, butta via il cotone ed il resto, chiude lo sportello dell'armadietto dei medicinali e mi lascia sola nel grande bagno.
Mi guardo allo specchio, pronta a trovarvi la mia immagine pregna di sdegno e vergogna.
Ma non è quello che vi trovo riflesso. Rivedo la vecchia Luna, felice e libera.
Poso le mani sul bordo del lavabo, ed è lì che la folgorazione mi coglie.
Così presa dall'autocommiserazione, da non rendermi conto di quello che Storm ha detto.
"Evan Hardy, è così che si chiama!" Mi riferisco al caso del ragazzo pazzo di cui mi parlava.
Ho quella strana sensazione di familiarità. Come se stessi per arrivare ad una qualche svolta.
Corro nella nostra camera, mi strappo il vestito di dosso e mi infilo il pigiama. Scivolo dentro al letto, devo fingere di dormire, così non sospetterà nulla.
Lo sento rientrare, andare all'armadio e mettere il necessario nella valigia.
Si avvicina e mi dà un bacio.
"Ti amo, qualunque cosa accada, io ti amo."
Resto immobile, lui esce chiudendo la porta.
Aspetto di sentire il rumore della macchina che viene messa in moto. Ci vuole un po' ma vengo premiata per la pazienza.
Mi alzo di scatto, evitando di accendere le luci, proseguendo a tentoni appoggiata al muro.
Sento il cancello chiudersi, è il via libera.
Scendo i gradini a due a due, entrando come una furia nel suo studio.
Accendo il pc, apro il motore di ricerca e digito il suo nome.
Ma sul web non risulta nulla accostato alle sue generalità.
Faccio altre ricerche, che portano sempre allo stesso punto: il niente assoluto.
Spengo tutto e resto lì, ingoiando l'amarezza e la sconfitta.
"Vorrei tu fossi qui, fratellino." Ed è proprio il pensiero di lui che fa riaccendere la lampadina.

Ripercorro passo dopo passo i ricordi, fino a trovare quello che cercavo. Ringrazio la mia buona sorte e madre natura per avermi regalato una memoria d'elefante.
Ruoto la sedia e fisso quel quadro, dietro cui spero ci siano le risposte alle mie domande.
Mi alzo e lo sposto, digito la combinazione ed essa si apre.
Vedo il cumulo di fascicoli e sulle prime mi spavento, ma poi tiro un sospiro e mi calmo.
Li sposto ad uno ad uno, posandoli sulla scrivania. Fino a trovare la cartella che cercavo.
Quella rossa, con le sole inziali che contano: E.H.
Mi prendo un attimo per riflettere e capire se davvero sono pronta all'ennesima delusione. Perché questo mi riserverà questa manovra. La delusione più cocente di tutta la mia vita.
Mi faccio coraggio, la apro e il mondo intero esplode.

***

"Buonasera, mi chiamo Chanel Luna Liver. Avrei bisogno di un pass visitatori." Espongo all'impiegata dall'altro capo del telefono.
"Buonasera, per quale struttura?" Sembra accomodante.
"Green Oak." Sento il sospiro dall'altro capo.
"Signora, sono spiacente ma quella è una struttura di massima sicurezza, non è possibile accedervi, a meno che non vi sia un legame di parentela coi pazienti, o un nulla osta dell'ufficio competente."
Ecco, il primo scoglio in avvicinamento.
"Capisco. Può gentilmente dirmi a chi mi devo rivolgere, per ottenerne uno tra quelli che ha citato?" Un altro silenzio.
"Deve prendere un appuntamento con Noah Sanders, al dipartimento correzionale di stato."
Appunto tutto sul foglietto.
"Perfetto. Lo so che sono seccante, ma non è che sarebbe ancor più gentile e mi darebbe un recapito?"
"Certo. Il numero è: 555-0009. L'ufficio è aperto solo la mattina, dal lunedì al venerdì, dalle nove alle tredici. Buona fortuna signora." Riaggancia mentre finisco di scrivere.
Sono le undici, ho ancora tempo per chiamare.
Compongo il numero, aspetto che risponda la segretaria.
"Ufficio di Noah Sanders, sono Violet, come posso esserle utile?"
Sembra giovane, almeno dal tono.
"Salve, mi chiamo Chanel Luna Liver, avrei bisogno di prendere un appuntamento col sovrintendente Sanders."
"Buongiorno, un attimo solo che controllo l'agenda. In merito a cosa vuole incontrarlo?" Adesso viene il bello.
"Ho bisogno di ottenere un pass visitatore per Green Oak."
Mi immagino la sua faccia e la conseguente ostruzione che mi farà.
"Capisco. Un secondo, attenda in linea."
Parte la musica. Una cosa positiva c'è, hanno gusto per le canzoni. Il jingle è We are the Champions dei Queen.
Passano i minuti, senza che nessuno riprenda la comunicazione.
Nell'attesa mi metto a cantare, come se fossi al karaoke.
La linea si sblocca all'improvviso.
"Signora Liver?" Testa la mia presenza.
"Sono qui, mi dica."
"Le passo il signor Sanders." Riappende e mi mette in attesa.

"Pronto, la signora Liver?" Ha una bella voce, pacata e solida.
"Buongiorno, sono io. La segretaria le ha detto il motivo della mia telefonata?" Il mio motto è: bando alle ciance, dritti al sodo.
"Sì, me lo ha detto. Mi permetta una domanda: lei è la figlia di Curtis Liver?"
Il panico mi afferra le viscere. Ecco perché ha voluto parlarmi di persona, anche se telefonicamente.
"Esatto, sono sua figlia." Mi sforzo affinché quelle parole non escano come sputate tra i denti.
"Sono un suo vecchio amico, è un piacere conoscerla.
Posso sapere a quale paziente intende fare visita?"
Mi faccio mentalmente forza e rispondo: "Evan Hardy."
Il gelo e la tensione si tagliano a fette.
"Non credo di poter autorizzare alcuna visita, signora. Hardy è uno dei pazienti più pericolosi che abbiamo. Non voglio mettere a rischio la sua incolumità, rischiando una ritorsione da parte di suo padre."
Brutto verme pusillanime!
"Signor Sanders, non ha nulla da temere. Mio padre non si muoverà contro di lei, perché non gliene daremo motivo. Ho bisogno di quel pass, con la massima urgenza. Motivi la richiesta come meglio crede, dica che sono una parente, una psicologa, quello che preferisce, ma lo faccia. Le rielezioni sono vicine, non vorrà che venga fuori la sua... diciamo, predilezione, non è vero?"
Lo ricatto con l'unica moneta di scambio disponibile. Ho fatto delle ricerche su di lui, ho scoperto molti altarini, aiutata da Patrick e Naomi, che si sono scoperti essere dei provetti hacker.
Rick ha dato fondo al dark web, trovando tutto quello di cui avevo bisogno.
I sospiri pesanti mi fanno capire che la minaccia è andata a segno.
"Passi qui domani mattina, lo lascerò alla mia segretaria. Ma se le succede qualcosa, io me ne lavo le mani. Farò in modo di ovviare ogni traccia dalla mia persona. Ha capito?"
"Certo, noi non ci siamo mai parlati. Buona giornata signor Sanders." Riappendo, con una sempre più crescente euforia, chiamando subito Naomi. Lei è al corrente di tutto, sta dalla mia parte e mi regge il gioco con il suo ragazzo e mio fratello.
Sorrido a tutta bocca, guardo la foto mia e di Storm sulla sua scrivania e la afferro.
Era uno dei pochi momenti in cui ero un po' serena. Sono certa che da domani in poi sarà tutto diverso.
Da domani, sarò...

SIAE Broken Love 2- Harper High Series SU AMAZONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora