Capitolo 1

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Casa Fujima

Il telefono squillava incessantemente. Uno squillo, due squilli, tre, quattro, ma nessuno, a causa della musica eccessivamente alta proveniente dal primo piano, se ne rendeva conto.

Sayuri si trovava sul pavimento della sua stanza, poggiata con la schiena contro il muro dipinto di nero. Mentre il disco in vinile suonava La donna è mobile di Pavarotti, la ragazza, dai lungi capelli corvini, teneva stretta in un pugno una piccola bambola di pezza. L'aveva cucita lei stessa, così come gli abiti dallo stile gotico vittoriano che era solita indossare. Anche in quel momento la sua pelle diafana era nascosta da una camicia nera, dal collo alto in pizzo e le sue gambe troppo magre erano avvolte da pesanti calze bianche, che facevano contrasto con la gonna ampia e scura.
Con le dita affusolate della mano destra sfilò dal cuscinetto in velluto rosso, posto accanto a lei, un sottile spillo e mentre un sorriso sereno le solcò il viso, sferrò teatralmente dei violenti colpi, a ritmo di musica, sulla bambola. Sempre con maggiore foga si accanì prima su gli occhi fatti da bottoni, poi sulla gola. Si fermò pochi istanti, chiuse gli occhi e assaporò quell' idilliaco momento. Di colpo spalancò le palpebre, decisa a dare il colpo finale, prese un secondo spillo e mentre alzò il braccio per puntare al petto dell'oggetto, qualcuno aprì di scatto la porta della sua camera da letto.

"Say-" il padre di Sayuri rimase fermo sul ciglio della porta, sospirò chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi una figlia tanto strana. Aveva perso il conto di tutte le volte che l'aveva trovata con quelle disgustose bambole voodoo intenta a infilzarle. Le avevano sequestrato il telefono, ma a lei che amava fingersi una dama antica non importava della tecnologia. In seguito l'avevano rinchiusa in stanza, ma tanto Sayuri non aveva amici o per lo meno non amici reali e non usciva mai. Dopo molti altri tentativi i genitori si erano arresi, in fin dei conti che male potevano fare delle bambole?

"Dobbiamo parlare."- Affermò entrando in stanza e sbattendo la porta alle sue spalle. "Mi ha chiamato Yagami-sensei proponendomi di mandarti in un centro di riformazione.- Osservò di sottecchi la figlia, sperando di notare in lei una qualunque reazione, ma Sayuri rimase impassibile a sostenere lo sguardo del padre con modo disinteressato. L'uomo sbuffò, era stanco di quei comportamenti menefreghisti. "Volevo darti un'altra possibilità, ma vedo che è inutile. Partirai domani mattina alle sette e mezza e senza autista. Per la precisione andrai con i mezzi pubblici o a piedi, sperando che durante il tragitto avrai modo di riflettere."

L'uomo fece per andarsene, ma prima di uscire sua figlia minore entrò agitando le braccia. La bambina di otto anni si toccava la gola in modo convulso, apriva e chiudeva le labbra fini cercando di parlare, ma dalla sua bocca uscivano solo rantoli strozzati.

"Hana-chan! Hana-chan, cosa hai?"- Domandò il padre spaventato.

Dietro di loro Sayuri osservava la scena con un sorrisetto compiaciuto. Il signor Fujima si voltò per chiedere aiuto alla ragazza, ma non appena si accorse della sua espressione il suo volto cambiò. Corrugò la fronte e incurvò le labbra.

"Sayuri! Basta adesso!"

La ragazzina sbuffò annoiata è con malagrazia tolse lo spillo dalla gola della sua bambolina. Non appena fu estratto e gettato sul pavimento Hana iniziò a respirare in modo affanato, in fine gettò un urlo disperato.

Casa Togashi

La stanza dedita alla cerimonia del tè, di ben otto tatami, era totalmente sommersa da polvere bianca. Intorno al tavolino basso, posto al centro della stanza, i coniugi Togashi ridevano in preda al buon umore causato dalle sostanze di cui stavano facendo uso. La cocaina della migliore qualità aveva annebiato i loro sensi, ma si consolavano con il pensiero che dei ricchi imprenditori, discendenti da una delle famiglie più importanti di Tokyo, poteva permettersi un po' di riposo. Aya immaginava di trovarsi con suo marito tra la sabbia bianca delle spiagge di Cuba, amava la libertà, nonostante il suo ruolo le imponeva di avere un certo contegno in società, e suo marito più di ogni tra cosa. Ma come sempre aveva dimenticato sua figlia Yuriko, l'amorevole ragazzina di cui avrebbe fatto a meno molto volentieri. Loro avrebbero preferito non avere figli, ma un'erede a cui lasciare il patrimonio era necessario, quindi, in fine, si erano ritrovati con una bambina urlante. Il telefono iniziò a squillare, ma Togashi era troppo impegnato a contare i suoi soldi per andare a rispondere. La moglie si alzò di malavoglia e, dopo aver baciato affettuosamente il suo gatto, andò a rispondere.

Il Mistero Delle Azalee- Semi Di DiscordiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora