Capitolo 2 (parte 1)

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Sayuri osservò la sua immagine pallida e smunta riflessa nella grande specchiera in noce, assottigliò lo sguardo, sfiorò le occhiaie che le solcavano i grandi occhi castani e con un gesto meccanico le coprì con un po' di cipria, la quale rese ancora più chiara la sua pelle. Il rumore delle nocche che picchiettavano sul legno attirarono la sua attenzione. Misaki, la giovane governante, dischiuse la porta.

"Le valigie sono pronte signorina, le ho poggiate sulle scale che danno sulla cucina."

"Prendo le mie bambole e scendo." Comunicò con voce metallica, quando improvvisamente una figura maschile comparve alle spalle della serva.

"No, quelle mostruosità non ti serviranno al collegio."

Sayuri chinò il capo e i lunghi capelli neri le sfiorarono i fianchi ossuti coperti da un'ampia gonna a scacchi. Scrutò con furia la figura alta e slanciata del padre. L'uomo si aggiustò la cravatta e, con sguardo freddo quasi impassibile, si voltò per dirigersi verso il letto a baldacchino della figlia. Nonostante fosse giapponese Sayuri amava gli oggetti e la musica occidentali, infatti il desiderio di una stanza in stile barocco veneziano le fu concesso per il suo quattordicesimo compleanno, così come i dischi i vinile di Pavarotti, già... amava la musica classica e in particolare quella italiana. Fujima-san, mentre stringeva nella mano uno degli oggetti di pezza, chiuse gli occhi e pregò che quel gesto non rendesse ancor più disastrato il loro rapporto. Agitò il capo colmo di capelli neri per cacciare via i pensieri e con veemenza dopo aver impugnato le bambole, percorse le scale in marmo bianco e giunto in cucina le gettò nella pattumiera. La ragazza gli corse dietro e osservò con odio il gesto di suo padre, cominciò a digrignare i denti e il suo respiro si fece affannato. Il signor Akahito protese le mani verso la ragazza, tentando di abbracciarla. Nonostante tutto le voleva bene e per questo cercò di placare la sua collera, ma la figlia si scostò infastidita. Per Sayuri quelle bambole erano importanti, ne poteva fare altre cento, ma ognuna di loro aveva un legame particolare con lei e poi non poteva accettare un'imposizione da parte di suo padre, nessuno poteva comandarla e gettare i suoi oggetti. Quel gesto l'aveva indispettita, soprattutto perché a compierlo era stato l'uomo che l'aveva cresciuta con amore e dedizione, quell'uomo che l'accontentava in tutto, ma che da un po' di tempo si era stancato delle sue stranezze e della sua superbia. Non rimase nemmeno un istante a pensare, afferrò una delle valigie che le capitò a tiro e fuggì. Percorse in tutta fretta la grande cucina e uscì dalla porta di servizio prorompendo in cortile. I piccoli tacchi neri delle sue scarpe calpestarono l'erbetta finta del giardino, che una volta attaccata alla suola delle scarpe venne calciata indietro a ogni passo, finendo davanti Fujima-san che tentava di raggiungere la figlia.

"Torna qui!" La voce graffiata del signor Fujima non riuscì a raggiungere la ragazza, che imperterrita continuò a correre scomparendo dalla vista dell'uomo.

La corsa sfrenata di Sayuri terminò presto, superato il quartiere esclusivo di watanabe e lasciate alle spalle le villette a schiera e gli alberi recintati sui marciapiedi, vide di fronte a sé, dall'altra parte della strada, un gruppo di studenti accomodarsi su un autobus. Attraversò di corsa, incurante dei veicoli che sfrecciavano a tutta velocità e ignara della destinazione, con fare nervoso, si precipitò all'interno del mezzo sotto gli sguardi straniti e incuriositi dei passeggeri. Ma Sayuri era abituata a tutto questo, a scuola e per strada si sentiva sempre osservata e derisa a causa del suo modo di vestire, ma anche per il suo carattere chiuso e scorbutico. Spesso veniva etichettata come strega, ma questo non la disturbava, al contrario le piaceva incutere timore e non essere avvicinata da chiunque.

Il sonno aveva preso il sopravvento, ma una scaffa presa in pieno dall'autista la svegliò di colpo. Si guardò intorno e con stupore notò che il mezzo si era svuotato. Poggiò la testa sul vetro e osservò fuori, tuttavia non riconobbe l'ambiente che si estendeva davanti i suoi occhi. Non c'era nulla, solo alberi, cespugli e montagne. Non avrebbe mai pensato che quell'autobus si sarebbe spinto così lontano.

Il veicolo frenò bruscamente e Sayuri sbattè la fronte sul vetro laterale. Imprecò ferocemente contro l'autista e andandogli incontro con sguardo minaccioso pensò ai mille modi in cui avrebbe potuto fargli del male se solo avesse avuto le sue amate bambole... già, in quel caso quell'uomo non l'avrebbe passata liscia. Improvvisamente, l'autista, continuando a osservare la strada dinnanzi a sé e senza pronunciare parola, sollevò il braccio destro e con il dito indicò l'uscita del mezzo. Sayuri si bloccò nel corridoio stretto del veicolo, seguì il dito dell'uomo e sospirando scese con fare arreso, le poche forze che aveva non le permisero di sfogare la sua rabbia. Trascinò con sé la piccola valigia nera e fece qualche passo in avanti. La ragazza si guardò intorno chiedendosi dove e come raggiungere il collegio, non sapeva se si trovasse nella strada giusta o se si fosse allontanata troppo, ma nonostante i dubbi decise di intraprendere il cammino lungo una piccola strada disastrata che si inoltrava tra la folta vegetazione. Non voleva affatto che quella fosse la strada giusta, al contrario sperava con tutta se stessa che quel sentiero la portasse in un luogo stregato, lontano da tutti, dove finalmente poteva stare sola e  dedicarsi alle sue bambole.
Sayuri camminava a passo lento e con la mano sfilata sfiorava le foglie degli alberi che sporgevano sulla via.
"Ora potete venire fuori, amici miei! " La voce di Sayuri ruppe il silenzio idilliaco che regnava in quel luogo, quando tre ombre nere, simili a grandi alberi con braccia e gambe, si materializzarono al centro del sentiero.
"E voi chi siete? Dove sono i miei amici? Li avete forse mangiati? O avete succhiato la loro linfa vitale? " Chiese la ragazza incuriosita.

"Siamo noi i tuoi amici cara Sayuri-chan, seguici e potremo giocare insieme con le tue bambole." Risposero le ombre in coro.

"Noto che siete cresciuti, amici miei e sono contenta di vedervi, ma temo di dovervi deludere... non possiamo giocare più con loro, mio padre le ha buttate" - lo sguardo della ragazza si incupì più del solito. -
"Quello stupido la pagherà!" Dichiarò con un filo di voce.

Delle risate riecheggiarono intorno alla foresta e le ombre cominciarono a volteggiare, avvicinandosi pian piano.

"Ma certo che la pagherà bimba cara... ma ora vieni con noi!"

"Dove mi portate? "Chiese incuriosita.

"È un segreto! " Dopo questa affermazione le ombre si allontanarono attirando Sayuri all'interno della foresta.

"Dannate ombre non correte! Datemi il tempo di raggiungervi! " Il desiderio della ragazza non fu ascoltato, continuarono a sfuggirle lasciandola indietro.
Sayuri si fece largo tra il fogliame aiutandosi con la valigia, ma le sue gambe, coperte da un sottile strato di calze bianche si riempirono di graffi, così come le braccia.

"Sei arrivata... " Un sussurro quasi impercettibile le sfiorò l'udito, seguito da uno spintone che la fece precipitare lungo la strada.
Sayuri si alzò dolorante e notò con stupore il tappeto di azalee che si trovava sotto il suo corpo e che formava un sentiero tra alberi, cespugli di mirto e rose rosse, alla fine del quale un muro di siepe si ergeva dinnanzi i suoi occhi a mandorla. Si alzò e raggiunse il muro che a fatica scavalcò, ritrovandosi su di un viale ciottolato sul quale una ragazza, dai capelli azzurri, osservava incuriosita la strana fanciulla stesa al suolo.

Il Mistero Delle Azalee- Semi Di DiscordiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora