12. vendetta

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Appena tornai a casa corsi in camera sua e sbattei la porta.
Era lì, sul letto con Sara che si stavano baciando.
«Senti brutto pezzo di merda!» dissi staccandolo da lei.
«Cosa vuoi bambina?» mi domandò ridendo.
«Che tu la smetta!»
«A fare che cosa?» continuò facendo il cretino.
«Dicendo scarafaggio finto nel panino mi capisci?» dissi sarcastica.
Scoppiò a ridere seguito da quella gallina della sua ragazza.
«Non ridere.»
«Eri così esilarante.» disse abbracciandosi a Sara.
Quel giorno era stato davvero orribile dato che mi avevano fatto qualsiasi tipo di scherzo.
«Di ai tuoi amici di smetterla!» dissi con le lacrime agli occhi.
«Non lo faranno.»
«Come non lo faranno?!»
«Semplicemente non dirò mai di smetterla.» poi ricominciarono a ridere.
«Forse tu non hai capito!» dissi prendendolo dalla maglietta e buttandolo a terra dal letto.
«Tu la devi smettere oppure divento vendicativa!» dissi puntandogli una ciabatta in faccia.
«Sto tremando!»
Uscì da quella stanza: stavo perdendo solo tempo.
Dovevo solo fargli un bello scherzo, uno scherzo che avrebbe ricordato per sempre.
Ci avrebbe ripensato due volte prima di avermi fatto un torto.
Decisi perciò di aspettare che lui uscisse con la sua cara fidanzata per fargli pentire di essere nato. Ovviamente non potevo fare tutto da sola: chiamai Shady e Vittoria.
Ci nascondemmo dietro i cespugli.
Avevamo tre secchi d'acqua in mano pieni di pomodoro e avanzi di minestrone di qualche sera prima.
Eravamo pronte ad attuare il nostro piano.
Aspettammo che i due piccioncini uscissero per colpire.
Appena la porta si aprì contai fino a tre e, dopo aver pronunciato l'ultimo numero, uscimmo dai cespugli e gli lanciammo addosso quel liquido orribile di cui l'odore era talmente putrido da renderne impossibile la descrizione.
Appena li vidi tutti sporchi ebbi la mia rivincita.
Erano ben vestiti ma nello stesso tempo inzuppati da quel miscuglio fetido.
Scoppiammo a ridere e, appena Sara si mise a piangere, Riki mi guardò malissimo.
«Sei morta.» dissi innervosito che mai.
Appena vidi che stava per correre verso di me capì che era il momento di andarsene.
Scappai per tutto il giardino, seguita da lui che correva più veloce che poteva.
Mi spaventava l'idea che lui volesse punirmi ma allo stesso tempo mi attirava perché era bello sfidarlo.
A un certo punto mi fermai dato che ero troppo stanca. Ero certa che lui non mi avrebbe fatto niente, invece mi sbagliavo.
Mi prese violentemente a sacco di patate facendomi male. Mi lamentai ma lui non mi ascoltò minimamente.
Eravamo vicino alla piscina e io mi agitai sempre di più.
«Riccardo, ti prego, lasciami andare!» dissi quasi in lacrime.
Lui si avvicinò sempre di più al bordo. L'ansia saliva e il cuore accelerava.
D'un tratto mi sentì meglio, come se non fossi più tra le sue braccia.
Poi sentì tanta acqua entrarmi dal naso, bagnarmi i vestiti e i capelli.
Non glielo avevo mai detto a nessuno ma si, non ero capace a nuotare.
L'acqua invase le mie narici e in poco tempo sentì invadermi i polmoni.
Mi pungevano e d'istinto mi venne da chiudere gli occhi.
In poco tempo passarono nella mia mente tanti episodi.
Pensavo a mia mamma, a mio papà, a mia sorella, a Luca, a Vittoria e Shady, al ragazzo che mi aveva usato nel passato ma più di tutti pensavo a lui.
Riccardo.
Vedevo solo noi due, in bagno, che sorridevano e ci mangiavamo con gli occhi.
Forse un po' soffrivo del fatto che lui mi odiasse.
Forse un po' soffrivo del fatto che lui non mi considerasse.
Forse un po' soffrivo del fatto di non chiamarmi "Sara Gotti" e di non essere la ragazza del mio fratellastro.

Innamorata del mio fratellastroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora