III. A memory made of thrones

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Il tempo volò dopo quell'inaspettato incontro, a me e Fency era balenata nella mente più volte l'idea di tornare in quella casa, ma era tutto troppo strano e non volevamo sembrare inopportune.
Avevamo passato delle giornate bellissime insieme e già facevamo già il conto alla rovescia per l'estate. Stavamo programmando delle serate di puro divertimento, mentre facevamo insieme il cambio di stagione nel mio armadio.
Oramai l'estate era alle porte lo si poteva percepire dalle temperature, dai vestiti leggeri, pantaloncini, scarpe aperte ed il profumo di frutta, ma soprattutto dal rumore incessante del condizionatore e dal susseguirsi di compiti in classe e interrogazioni.
"Allora Mel, l'organizziamo un bel viaggetto alle hawaii?" disse Fency con una coroncina di fiori in testa ondeggiando le mani da una parte all'altra.
"Mettila giù." dissi ridendo "quella la usai per un party a tema alla disco, quando ancora non ci conoscevamo."
"brutta traditrice come osi andare a delle feste senza di me?" mise su un finto broncio le tirai una cuscinata in piena faccia "Smettila, bimba" dissi e scoppiammo in una sonora risata.
Passammo il pomeriggio a spulciare tra le vecchie scartoffie, foto imbarazzanti di quando ero piccola e gli strani oggetti ed abiti che avevo completamente buttato nel dimenticatoio.
Mangiammo una pizza e ci addormentammo sul divano mentre guardavamo un cartone animato, ne eravamo appassionate. "I looney tunes".
Le giornate passavano monotone e ormai "Lorenzo" cominciava a scomparire dalla mente di entrambe, i compiti ci stavano sommergendo e non avevamo neanche il tempo di incontrarci per quanti impegni avevamo.
Ed un giorno che pareva esser come altri, tutto cambiò.
Il tempo era nuvoloso e tranquilla uscivo da scuola con le mie amate cuffiette, il telefono tra le mani ed una mela.
Finalmente la settimana era finita, non avrei potuto essere più felice, ancora pochi giorni e avrei buttato dalla finestra lo zaino di scuola.
D'un tratto, sentivo dei passi seguirmi.
Cominciò a piovere.
Mi girai.
Erano di nuovo quelle bulle, la mie mente si svuotò completamente di tutti i pensieri, gettai la mela per terra e corsi più velocemente verso il cancello del parco dinanzi la scuola.
" MOSSA SBAGLIATA QUATTROCCHI."  gridarono all'unisono ridendo avidamente le tre bulle.
Corsi e corsi guardandomi le spalle, le mie gambe oramai correvano da sole, non riuscivo più a controllarle, finché, mi ritrovai in un vico chiuso e di fronte a me solo un laghetto delimitato da sassi.
Le bulle si avvicinavano ancora ed ancora, ad ogni mio battito di ciglia erano sempre ad un passo più vicine a me.
Non avevo via di scampo e tantomeno forza.
Una delle tre bestie esclamò "ADESSO BASTA GIOCARE BAMBINETTA." e portando le sue sudice mani sulle mie spalle mi spinse bruscamente facendomi cadere nel lago.
Cercai di alzarmi ma ogni tentativo era inutile.
Mi voltai guardando la gamba dolorante, ero caduta proprio su uno dei sassi, e dalla profondità della ferita lo definirei appuntito.
Sangue, che piano si espandeva in quell'acqua limpida.
"OH POVERINA!" disse sarcasticamente lanciando occhiatine alle sue compagne che entrarono nel laghetto, data la bassa profondità l'acqua arrivava fin sopra le caviglie.
Cercai ancora di spostarmi, ma mi stavo per arrendere.
Mi racchiusi su me stessa portando le ginocchia al petto.
E vi giuro che pregai, pregai che non accadesse più quel che era accaduto l'ultima volta, e pregai che questa non fosse l'ultima mia volta, stava per succedere di nuovo, lasciai che le lacrime calde rigassero il mio viso e quando pensavo che oramai fosse finita ed una delle tre bulle mi teneva per la maglia e stava per tirare un pugno.
Una voce maschile risuonò nel silenzio.
"COSA STATE FACENDO?"disse il ragazzo vedendo le tre nel lago.
Le bulle stranite mi lasciarono e si allontanarono, il ragazzo nel vedermi li sbraitó contro di loro:
"LASCIATELA STARE SUBITO E NON LASCIATEVELO RIPETERE UN'ALTRA VOLTA ALTRIMENTI PASSERETE IL RESTO DEI VOSTRI GIORNI DIETRO LE SBARRE."
la vista di colpo si appannò , un continuo fischio nelle orecchie la testa mi girava.
portai una mano alla fronte e buio.
le palpebre si alleggerirono e piano riaprii gli occhi incrociando quelli color ghiaccio della figura che mi osservava.
"GRAZIE AL CIELO!" esclamò tirando un sospiro di sollievo.
Lui chi era? e dove mi trovavo?questo non lo sapevo, ma le bulle non erano più alle mie calcagna, avevo rischiato davvero tanto questa volta e quel ragazzo mi aveva praticamente salvato la vita.
Feci un espressione perplessa. Come mi ritrovavo in un posto diverso dal parco?
"Va tutto bene, ci sono io qui, sei in un posto sicuro." sussurrò scostandomi una ciocca di capelli.
Il suo tono di voce aveva qualcosa di rassicurante e mi faceva sentire più calma.
"Grazie" riuscì a dire.
"É il minimo che io potessi fare."
ciò che mi colpì immediatamente di quel ragazzo erano quegli occhi così magnetici.
Di solito gli occhi racchiudono un miscuglio di colori ma i suoi, beh i suoi erano due cristalli di neve risucchiati dalla voragine nerastra situata al centro
e quando in quella voragine  ci finisci anche tu, beh, ritieniti finito, per quanto tu possa nuotare per uscirne rimarrai immobile,fissa ed ogni volta che rincontrerai quegli occhi accadrà di nuovo e ti sentirai persa ma nello stesso momento a casa.
Accennai un sorriso.
Scossi piano la testa per scacciare quei miei assurdi pensieri.
Guardai la ferita sulla gamba e cercai di alzarmi dalle gambe del ragazzo che mi teneva tra le sue braccia.
"É meglio che tu non ti muova molto, era un ferita molto profonda."
annuii, mi trasmetteva così tanta fiducia, ma senza alcuna ragione, infondo era uno sconosciuto come altri. Mi aveva solo salvata dall'inferno.
Mi guardai intorno.
Quel luogo aveva qualcosa di familiare, ero certa di essere già stata lì, ma quel disordine mi disorientava.
Feci finta di nulla.
"Sarà meglio che vada a casa." dissi piano.
"in queste condizioni?" disse un po' stranito.
Mi guardai i vestiti sporchi come anche i miei capelli. Nessuno deve sapere dell'accaduto.
Mi torturai le labbra mordicchiandole mentre pensavo a come risolvere.
Attimi di silenzi interrotti poi dalla sua voce profonda.
"se vuoi potresti usare la doccia ed io ti presto dei vestiti puliti." disse guardandomi.
La proposta era davvero azzeccata e la disponibilità del ragazzo mi piaceva.
"che sbadato, comunque io mi chiamo Filippo." disse lasciando la mano a mezz'aria.
"Melissa, piacere di conoscerti. Se non fosse per te non so cosa sarebbe successo." dissi ancora ripensando all'accaduto.
Sorrise e si alzò in piedi.
"Da quel che ho capito non credo che tu voglia andar via così." disse ridacchiando.
Mi prese il braccio e lo pose attorno al suo collo aiutandomi ad alzarmi.
La sala era spaziosa quanto disordinata, c'erano bottiglie vuote su di un tavolino, e resti di cibo sul tappeto così come sul divano insieme a cappotti scarpe e calzini un po' sparsi ovunque.
Andammo in quella che dovrebbe essere la sua camera.
Aveva due materassi posti su un tappeto e non proprio coperti da lenzuola blu, una finestra molto luminosa e un grande vecchio ed impolverato armadio.
Mi posi di fronte a quest'ultimo con la mano sinistra sul braccio destro, seguendo ogni movimento del ragazzo.
"Spero che questa vada bene." disse grattandosi la nuca.
"Il bagno é infondo sulla destra, fa come se fossi a casa tua."
"Grazie." dissi sorridendogli.
E mi recai verso il bagno.
L'acqua della doccia scivolava fredda sul mio corpo rivelando le cicatrici prima celate dal fango.
Alzai lo sguardo lavandomi il viso.
Mi asciugai velocemente ed indossai quello che Filippo mi aveva dato.
Era una camicia nera con le maniche a tre quarti, di certo non poteva essere la mia taglia data la sua lunghezza, era sicuramente sua; arrivava fino a metà coscia ed aveva un profumo inebriante.
Uscii dal bagno con ancora i capelli bagnati.
Attraversai il corridoio buio.
Filippo era sul divano con una chitarra in amo e dei fogli sparsi intorno a se.
Appena mi vide ferma sull'uscio della porta con le guance evidentemente arrossate mentre guardavo il pavimento, mi squadrò dalla testa ai piedi e subito dopo sgranò gli occhi.
Si alzo di scatto.
"Scusami ho davvero la testa da un altra parte oggi." disse molto in imbarazzo.
"N-non fa niente."
Entrò nella stanza e mi lanciò delle bermuda.
"Lascia che ti curi quella brutta ferita."
disse guardando la mia gamba
Annuii seguendolo.
Cercai di smorzare l'imbarazzo che c'era tra noi.
"Come ti trovavi da quelle parti?" il ragazzo si voltò perplesso.
"Mentre quelle bulle mi aggredivano."
"Oh, stavo tornando da lavoro."
"Che lavoro fai?" chiesi incuriosita.
"Sono un musicista." disse mentre estraeva dal mobile in bagno una piccola valigetta con un quadrato rosso ed una croce bianca.
"wow" dissi meravigliata.
"siediti pure qui." disse facendo cenno al piano del lavello.
"e tu che lavoro fai?" mi domandò mentre era intento a medicare la mia ferita, proprio con cura ed attenzione come un pediatra fa con il suo bambino. Il suo modo delicato di trattarmi non era da tutti.
"io sto ancora proseguendo i miei studi nel college ma appena finito tutto diventerò fisioterapista."
"oh vedo che hai già le idee chiare." e fece incrociare i suoi occhi con i miei sfoderando un meraviglioso sorriso.
"me lo dicono in tanti." risposi ridendo.
Il rumore della porta che sbatté e di passi non ci distolse dalla conversazione.
Si alzó a livello del mio viso continuando a mantenere il contatto visivo.
Mi stava facendo ardere su di un fuoco lentamente solo attraverso quello sguardo.
"Bro." disse una voce dal salone ed i passi erano sempre più vicini.
Nulla riusciva ad interrompere quel momento.
"Oh, scusate ho-ho interrotto qualcosa?" disse la voce.
Come non detto.
Entrambi distogliemmo lo sguardo e Fil rispose.
"No, bro stai tranquillo, aiutavo solo questa ragazza, non ha avuto proprio una bella giornata."
Scesi piano dal lavello ed appena girai lo sguardo..

"The Dark Behind a Rose."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora