XIV. Touches

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Ed eccomi qui, di nuovo nella mia amata casetta di città. Era sempre la stessa, solite pareti tortora, solite tende bianche che davano luce all'ambiente, solito odore di candele profumate, di cui ne ero ossessionata, ma anche soliti difetti come quella piccola macchiolina di muffa sul soffitto, come anche quelle crepature vicino alla porta e quei piccoli graffi sul parquet, con il solito irrimediabile disordine, le robe sulla sedia in cameretta, il telecomando disperso tra i cuscini del divano, le coperte aggrinzite che nascondevano un grosso pacco di patatine, pop corn e bottiglie in vetro sul tappeto.. insomma è da ammettere che io non stessi trascurando solo me stessa in quel periodo, ma anche la mia umile dimora ed i miei rapporti con gli amici... eppure in tutto quel casino era come se il mondo fosse passato dal bianco e nero a colori, e nonostante fosse il periodo più negativo, il picco più inabissato della mia vita, con lui al mio fianco sembrava tutto tranne quello che realmente era.

Entrammo in casa lasciando impronte ed acqua in ogni dove, ma non potevamo far diversamente, potevamo essere paragonati a dei pulcini per quanto eravamo bagnati. Arrivammo davanti alla porta del bagno e ci guardammo prima di porre al contempo la mano sulla maniglia.

"Forse... mh ... è meglio che vada prima tu." disse, non con molta convinzione.

"Mm... sì, immagino di sì." risposi.

Ma furono pochi gli istanti che passarono prima che lui spalancasse bruscamente la porta. Mi guardò per pochi istanti, la mia felpa era un po' sbottonata, e lui la squadrò e quasi mi mangiò con gli occhi. Venne verso di me e mi spinse contro il muro, bloccandomi con un braccio vicino alla testa mentre con l'altro mi teneva la vita.

"Forse è meglio che io aspetti fuori." disse ironicamente e sottovoce, cominciando a baciarmi.

Presto quel bacio divenne ben altro, non si può negare che avessimo bisogno l'uno dell'altra, non si può negare che nonostante fossero passati mesi quell'attrazione reciproca continuava ad esserci, ed anzi, forse non si era solo raddoppiata, ma quadruplicata. Le sue mani scorrevano lente sul mio corpo, e così facevano anche le mie, che si soffermarono a sbottonare furtivamente i bottoni della sua camicia, mentre lui faceva su e giù con la zip della mia felpa, aveva sempre adorato tenermi sulle spine e questo mi portava fuori di testa. Gli morsi il labbro inferiore, istigandolo a muovere verso il basso quella dannata mano, mi prese in braccio e mi poggiò sulla lavatrice, senza mai staccarsi dalle mie labbra. Mise una mano sulla mia guancia e piano la fece scorrere fino all'orlo dei jeans, fino a sfilarli completamente. Il suo corpo era mediamente muscoloso, con muscoli definiti, ma non esageratamente, a me faceva proprio impazzire, in particolare i suoi pettorali, una linea divisoria tra uno e l'altro, aveva quel non so che di affascinante, che ne evidenziava notevolmente la forma; per non parlare poi degli addominali, quelli erano abbastanza scolpiti, delineati in ben sei cubetti, e cavolo se erano attraenti; la schiena era forse la mia parte preferita, le scapole che con dei semplici movimenti si univano e creavano quel solco della colonna vertebrale e sottolineava la forma del muscolo, e quelle piccole fossette che si creavano per la contrazione mi facevano proprio impazzire. La sua pelle era liscia, morbida e vellutata, così piacevole al tatto da crearne dipendenza. In quel momento mi accorsi di quanto in realtà ammirassi il suo corpo, di quanto non solo amavo la sua brillante mente e il suo modo di pensare ma anche quel suo atteggiarsi, quel suo fare gentile di chiederti qualcosa, quel suo modo brusco di farti capire cosa vuole da te nei momenti come quello che stavamo passando in quel bagno. Mi afferrò dai glutei, palpandoli e con un sorrisetto malizioso mi portò nella doccia fissandomi dritto negli occhi, risi curiosa delle sue intenzioni. Stava per appoggiare le sue labbra sulle mie, e mantenendole protese si avvicinava a me, ma io aprii l'acqua bollente e lui fece una faccia scocciata ma al contempo divertita che mi provocò una sonorissima risata.

"Sei una stronza" urlò.

Mi rivolse il suo sguardo, uno dei sui sguardi migliori per un istante e avvicinandosi al mio orecchio sussurrò:

"Io ti amo."

Quelle tre parole uscirono dalla sua bocca in modo naturale e così fermo e deciso che acquisirono quasi un altro significato, che sembravano più pesanti e sentite rispetto alle altre volte, quasi fossero altre parole. Non feci in tempo a rispondere che le sue labbra erano già sulle mie, la sua lingua girava e si intrecciava alla mia e le sue mani esploravano impazienti le mie curve. Spostò i suoi baci lentamente sulla guancia, poi sul collo, sulla clavicola, sullo sterno... fino a raggiungere uno dei miei seni e mordicchiare il pizzo del reggiseno. Continuò a riempirmi di baci soffici e fugaci togliendo poi gli slip con i denti.

L'atmosfera creatasi era ormai molto piccante e sembrava che entrambi gemessimo per gli ultimi indumenti rimasti sulla nostra pelle.

Giochicchiò ancora con le spalline del mio reggiseno e con il gancetto fino a staccarlo completamente.

Eravamo lì, in piedi in una forse un po' scomoda e piccola doccia, con l'acqua bollente che scorreva continuamente sui nostri corpi nudi, che non sembravano più distinguersi ma essere un unico solo corpo. Sperimentammo le cose più impensabili, riempimmo ogni singolo millimetro di quella doccia, ma soprattutto, finalmente riempimmo l'uno i vuoti dell'altro che si erano creati nei mesi di assenza.

La doccia fu piacevole ci divertimmo con il sapone a setacciare ogni piccolo poro dell'epidermide, ad utilizzare la nostra delicatezza come punto a sfavore per far cedere l'altro.

Appena usciti dalla doccia ci sdraiammo sul letto e parlammo, parlammo a lungo, rimanemmo svegli fino al mattino successivo. Mi parlò di come stesse proseguendo la band e delle complicazioni che si erano generate al suo interno a causa del batterista che aveva ben pensato di abbandonare i suoi compagni ed i suoi progetti nel pieno della sfida nel reality, di come avevano salvato questa situazione grazie a Jeff, un batterista che avrebbe partecipato da solo al reality ma che era già stato scartato ai casting più volte; mi raccontò di come non era riuscito a chiudere occhio pensando a cosa io stessi facendo, a chi avrebbe potuto prendere il suo posto quando lui non capiva che era l'unica persona di cui necessitavo la presenza in ogni singolo istante, per cui sicuramente avrei perso e riperso la testa altre milioni di volte se mi si fosse ripresentata l'occasione di conoscerlo anche in altre circostanze, che lui era l'unico e forse anche il solo che era riuscito a farmi sentire diversa, un' altra me, una persona completamente differente da quella che avrebbe potuto incontrare in un altro momento, grazie a lui avevo affrontato le mie più grandi paure, come quelle bulle, o quando attraversammo di notte una foresta con solo due torce per poter vedere un cielo stellato che secondo lui aveva una bella visuale solo da quella prospettiva. Lui non capiva che è stato il mio primo vero grande amore e l'unica persona che se in quell'istante mi avessero chiesto di conviverci l'avrei fatto mandando a puttane tutti i miei piani. La persona per cui ne vale la pena, sempre e comunque. Per cui ne vale la pena restare svegli per parlare, per cui ne vale la pena farsi chilometri per vederlo, per cui ne vale la pena versare qualche lacrima per dimostrargli che davvero ci tieni, per cui ne vale la pena lottare e soffrire per averlo sempre là, al tuo fianco, per cui ne vale la pena annientare ogni singola distanza anche a piedi o con meno venti gradi sotto lo zero e nonostante la sfuriata del giorno prima. Lui era quel qualcuno che arriva nella tua vita una volta sola, inaspettatamente, senza che tu lo stia cercando, te la stravolge, ne fa di essa quel che vuole e di cui poi non puoi mai più farne a meno, ma lui questo sembrava non averlo compreso ed io non glielo avrei detto finché lui non avrebbe rivelato alcuni segreti che aveva promesso di svelarmi.

Continuò a dirmi di come avrei potuto facilmente trovare qualcuno di meglio e come io non meritassi una persona come lui ma qualcuno che potesse starmi affianco in qualsiasi istante, qualcuno che sarebbe stato in grado di prendersi cura di me nei momenti di sconforto, di come qualche ragazzo mi avrebbe "rubata" da lui perché io a sua detta ero una ragazza troppo bella per essere single, soprattutto in una città come Londra dove io avrei potuto fare la modella; mi parlò di quanto mi amava e di quanto era stato un cazzone agendo d'istinto, quando avrebbe potuto giusto riflettere e non ubriacarsi, o quantomeno dar retta a Lorenzo o ai suoi amici, che lui sa benissimo che non direbbero mai nulla che agisca per il suo male; mi raccomandò di stare lontana da Noah che per quanto potesse sembrare cambiato era sempre il solito tipo che ragiona col cazzo anziché in modo razionale e che non fa altro che trastullare con le ragazze e con i loro sentimenti. Mi aveva messa fin troppo in guardia su di Noah, magari ne aveva combinata una delle sue, ma questo era tutto un po' troppo strano, per i miei gusti, sapevo per certo che lui voleva solo il meglio per me ed avrei seguito i suoi consigli senza ombra di dubbio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 16, 2019 ⏰

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