VIII. Not as always

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"MELI,MELI, HO BISOGNO DI TE TI PREGO DEVI VENIRE, IO NON SO COME SIA POTUTO SUCCEDERE, DAVVERO UN ATTIMO PRIMA ERA DIETRO DI ME L'ATTIMO DOPO, NO SO COME FARE DAVV.." disse la voce al telefono tutto di un fiato.
Lo bloccai subito.
"Lori, Lori, Lori calmati prendi un bel respiro profondo."
Il ragazzo sospiró.
"Bene, dove ti trovi?"
"In ospedale, Fency ha fatto un incidente ed é stata portata d'urgenza in sala operatoria."
Riattaccai subito e rimasi scioccata a quella notizia, non persi tempo mi infilai i vestiti di Filippo e con ancora i capelli bagnati corsi via, avevo visto la sua scorta nel cassetto del comodino ed io non avevo nulla di comodo e veloce da indossare.
Presi il primo taxi disponibile e quest'ultimo sfrecciò verso l'ospedale.
Salii velocemente gli scalini antecedenti la struttura e mi recai, correndo, al bancone delle informazioni.
"Ha notizie Fency Carter?"
"Mi scusi signorina lei chi è?"
"Fency Carter! dove é?"
"Non diamo informazioni sui pazienti a chi non è un parente del paziente."
"SONO LA SUA MIGLIORE AMICA, DOVE STA?DIMMI DOVE STA!"
"Spiacente non diamo informazioni ad estranei."
"DIMMI DOVE É FENCY CARTER CAZZO!DOVE É LA MIA AMICA BRUNA CON CAPELLI LUNGHI ALTA E MAGRA CHE GUIDAVA QUELLA DANNATISSIMA MOTO." urlai battendo ripetutamente il pugno sul bancone.
"MI DICA DOVE É?" dissi aggredendo la segretaria, scoppiando in un pianto liberatorio ed accasciandomi sul pavimento.
"Meli!" mi richiamó Lorenzo mentre si avvicinava correndo.
La vista ormai era appannata e le voci erano rimpiazzate da lunghi fischi ed il riecheggiare dei miei singhiozzi.
Lorenzo mi prese in braccio e mi fece sedere su una poltrona nella sala d'attesa.
"Devi stare tranquilla, andrà tutto per il meglio disse lui, respira Meli respira."
Lorenzo si era tranquillizzato ma la sua espressione diceva totalmente io contrario.
Sentivo la sua voce ovattata ripetermi queste parole finché non vidi Filippo correre dall'entrata verso di me.
Si sedette e mi strinse forte dandomi così tanta tranquillità da farmi addormentare tra le sue braccia.
Mi svegliai e notai subito Lorenzo che faceva avanti e indietro nella sala, era molto nervoso e non riusciva a stare fermo, sembrava che il Lorenzo di adesso avesse mangiato io Lorenzo che mi diceva di stare tranquilla.
Filippo era sveglio e continuava a ripetere al bruno di stare tranquillo e che come aveva detto l'infermiera l'operazione necessitava di tempo.
"Cosa? L'infermiera?"
"Allora sei sveglia principessa." disse.
"L'infermiera? Fency? Come sta? Cosa le é successo?"
"Calma, una domanda alla volta non ti sembro già abbastanza nevrotico?" disse Lorenzo.
"L'infermiera é venuta da noi per dirci di andare via dall'ospedale, ma io le ho spiegato che i genitori di Fency sono a Lecce, nella sua terra natia e che li avrei avvisati con una telefonata facendoli venire qui il prima possibile e lei andando contro ogni regola, ci ha detto che se siamo venuti qui per lei in queste condizioni." disse indicando i nostri visi ed i nostri vestiti sciatti.
"Vuol dire che ci teniamo tanto ed ha aggiunto che dall'ultimo aggiornamento, più o meno un'ora, Fency non è in un buono stato, ha un emorragia interna e non riuscivano ancora ad individuare la fonte, inoltre ha il perone fratturato, così come l'ulna, sicuramente le metteranno il gesso e non potrà muoversi molto bene." disse Filippo mentre Lorenzo continuava a camminare avanti e indietro senza sosta mentre si torturava stropicciandosi gli occhi con le mani, impedendo a quelle lacrime di solcare di nuovo il suo viso.
"Gesù, aiutaci tu in questi momenti." dissi io sentendo il pizzicore nei miei occhi. Stavo per esplodere di nuovo, ma mi feci forza e trattenni tutto dentro, non volevo più essere debole, Fency aveva bisogno di me e sono sicura che se mi avesse avuta di fronte a lei mi avrebbe detto di farmi forza e stringere i denti.
Arrivata sera l'orario delle visite era terminato e tutti gli ospiti dovevano evadere dalle varie stanze.
Io rimasi seduta sulla scomoda poltroncina di plastica in corridoio.
Lorenzo e Filippo volevano andare a casa e mi avevano proposto di tornare con loro, almeno non avrei affrontato la nottata da sola, ma in quel momento avevo solo bisogno di stare lì, perché per quanto lontana a Fency, io le ero vicina con la mente e soprattutto con il mio cuore.
"Beh se rimani tu, dovrò rimanere anche io." disse Filippo dopo aver riaccompagnato Lori distrutto a casa sua, lui a differenza mia non voleva vedere quel posto perché lo riportava all'immagine di Fency distesa sull'asfalto mentre le sua moto giaceva dall'altra parte della corsia.
"Sono distrutta." dissi io.
"Sembrava andare tutto fin troppo bene " aggiunsi mentre Filippo mi accarezzava piano i capelli.
"É stata una piccola distrazione."
"Lorenzo ti ha raccontato per filo e per segno ciò che è successo?" chiesi.
"Mi ha detto che erano nel solito bar a sorseggiare un mojito quando lui va a prendere dei nachos che per sbaglio ha rovesciato addosso ad una ragazza sporcandole i vestiti perciò si è scusato e l'ha aiutata, si é girato e Fency era già scomparsa." spiegó.
"mh" dissi io pensando che Fency non sarebbe mai scappata senza un buon motivo per farlo.
"Cosa é quella espressione corrucciata?" gli domandai vedendolo immerso nei suoi pensieri.
"Ho troppi problemi per la testa in questo periodo."
"Sai che puoi parlarne con me." dissi io accennandogli un sorrisetto.
Mi diede un bacio sulla fronte.
"La sera prima di vederci, io ero fuori casa mentre Lorenzo era comodamente sdraiato sul divano a vedere serie tv, Noah é tornato a casa ubriaco e quando io ho aperto la porta lui stava picchiando Lorenzo, aveva le mani attorno alla sua gola.." si fermó "se io non fossi intervenuto Lorenzo non sarebbe vivo." disse giocando con le dita.
Adesso era tutto più chiaro, il nervosismo di Lorenzo, la sua agitazione e il suo stato super emotivo.
"Perché fa così?" chiesi disgustata delle sue gesta.
"Beh lui ha un passato un po' oscuro, quando era piccolino i suoi genitori erano ancora sposati sua madre era un medico e suo padre é un chitarrista che ha acquisito molta fama nel suo paese, Biggleswade.
Tutto sembrava procedere tranquillo finché sua madre si ammalò di alzhaimer
e non ricordava più passi importanti della sua vita, non ricordava più neanche suo figlio, la malattia giorno dopo giorno peggiorava e lei sapeva di non avere una cura, la portò alla morte.
Dopo questo tragico incidente la vita di Noah prese una brutta piega, suo padre represse tutta la sua depressione, per la perdita, nell'alcool fino ad ubriacarsi e quando tornava a casa, Noah cercava di aiutarlo ma lui non ragionava più e cominciava a picchiarlo anche per le minime sciocchezze.
La situazione rotoló verso l'oblio ed il padre di Noah , preso dall'ira verso suo figlio che cercava di aiutarlo ad uscire fuori da questa situazione, lo rinchiuse dentro un freezer in cantina.
Per fortuna lui, dopo numerosi tentativi, riuscì a capire come uscire da lì ed ogni volta nascondeva un cacciavite nella manica della sua giacca.
Finché esausto di questa situazione gettó la spugna ed una notte raccogliendo tutta la sua roba scappó.
Corse e corse fino alla stazione, prese il suo biglietto e spese il resto dei suoi guadagni in viveri e venne qui a Londra.
Non sapendo dove alloggiare si imbucò nella casa abbandonata e noi lo accogliemmo volentieri con noi.
Dopo anni di convivenza ci raccontó la sua storia, ci ha confessato che alle volte gli sembra di sentire ancora la voce di suo padre che urla "entra in quel dannato freezer." e gli ritornano in mente le immagini che ha vissuto. Spesso ha allucinazioni ed é il motivo per cui picchia le persone e si comporta così con tutti.
Da quando ha trovato l'alcool a confortarlo reagisce in maniera scorbutica con tutti e con le ragazze fa il finto playboy della situazione.
Sai la sua situazione sta degenerando e vorrei aiutarlo prima che diventi come suo padre.
Ha bisogno di qualcuno che lo conforti e noi siamo i suoi unici amici, ormai come una famiglia per lui e quando vuole cominciare una rissa ci conteniamo perché sappiamo che non è colpa sua." raccontó Filippo mentre passeggiavamo tra i corridoi dell'ospedale.
"Non immaginavo fosse qualcosa di così, così serio.." dissi fermandomi con lui mente prendeva qualcosa dal bar al piano terra.
"Tieni, calmerà il tuo stato super emotivo." disse porgendomi una tazza.
Lo guardai stranito.
"Ho visto che ti sei contenuta dal crollare di nuovo."
Afferrai la tazza e lasciai che l'odore mi invadesse le narici.
"Mmh, camomilla." dissi e sorrisi.
Quel ragazzo aveva un influenza pazzesca su di me e non avevo la più pallida idea di come lui ci riuscisse.
Ci accomodammo ai tavolini, eravamo gli unici seduti lì, in quel bar, alle 3 del mattino.
Faceva un po' freddino quella mattina, ormai erano le prime giornate di settembre ed a breve la scuola sarebbe ricominciata, sarebbe cominciato un nuovo anno, con nuove conoscenze.
Dopo aver finito di inzuppare i biscottini al cioccolato nelle nostre bevande, lui si sedette sulla poltrona dinanzi alla sala operatoria e mi fece cenno di sedermi su di lui, mi avvolse tra le sue braccia e ci addormentammo.
Verso le sette un continuo ticchettio sul mio braccio mi fece svegliare.
Era l'infermiera e mi informó che l'operazione era andata bene ma Fency non dava segni di ripresa,non aveva ancora aperto gli occhi e che probabilmente era in uno stato di coma e non sapevano quanto sarebbe rimasta in quelle condizioni.
Ringraziai la gentilezza della signora nel fornirci informazioni e lei andò via.
Guardai Filippo che ancora dormiva, aveva un'aria così dolce e serena mentre con quelle sue braccia tatuate e possenti mi stringeva a se, sembrava un angioletto.
Gli lasciai delicatamente un bacio sulle labbra e lui aprì gli occhi e mi regaló un bellissimo sorriso.
Gli spiegai la situazione di Fency e si mise una mano sulla fronte, pensieroso e notai che tratteneva dei grossi lacrimoni in quel ghiaccio dei suoi occhi. Non l'avevo mai visto piangere, lui non voleva mai mostrare le sue debolezze agli altri e tantomeno si voleva far vedere in quello stato.
Gli misi una mano sulla guancia e gli sorrisi come per dirgli che io per lui c'ero e ci sarei sempre stata.
Lui la afferrò, quando vedemmo raggiungerci correndo il solito bruno.
Poggiò la mano al muro e tra i suoi continui affanni ci chiese "Lei come sta?"
Dopo avergli detto ciò che le stava succedendo, si fermò li su due piedi come se qualcuno l'avesse freddato.
"Devo vederla. Io devo entrare in quella stanza. É tutta colpa mia devo andare, ora."
"Lori, aspetta non ti faranno entrare." gridai io per il corridoio mentre lui era già dinanzi alla reception.
E stranamente lo vidi ripercorrere il tratto stesso con al suo fianco l'infermiera.
"Sono il suo ragazzo, Meli." mimó con le labbra.
Rimase lì per giorni e giorni a tormentarsi la testa e a tenerle la mano, lasciando che le lacrime scorressero libere e calde sulla sua pelle e lasciassero il suo viso bagnando le lenzuola bianche che rivestivano il letto di Fency.
Continuava a farsi senso di colpa e le parlava di continuo.
"Ti prego dimmi cosa ho fatto per farti andare via." "non dovevamo uscire quella sera." "é solo colpa mia, sono un coglione." "ti amo,ti prego resisti." e finiva con l'addormentarsi ancora in lacrime, di fianco al suo letto sulla scomoda panca di legno.
La mattina lo svegliavano le infermiere, oramai lui non tornava più a casa e noi cercavamo in tutti i modi di staccarlo da quella stanza e di prendersi cura di se stesso ma ci cacciava dicendo "se lei sta deperendo lo farò anche io, me lo merito."
stava dando di matto, fumava molto di più ed in modo ossessivo, gli occhi accerchiati da un colore nero sfumato al viola, rossi e costantemente lucidi, la barba incolta ed i capelli spettinati oltre ad indossare le stesse robe e lasciando la doccia come un ricordo lontano.
"Se lui non vuole tornare a casa, porteremo noi la casa da lui." dissi io guardando Filippo che capii al volo di che cosa stessi parlando.
In un enorme borsone mettemmo delle robe pulite, spazzolino, shampoo, bagnoschiuma, dentifricio e rasoio, praticamente tutto il necessario per renderlo il Lorenzo di sempre.
Inizialemnre era infastidito ma poi si lasció andare e noi lo facemmo tornare come nuovo, solo che dentro di lui non c'era più il Lorenzo , che faceva battute, che corteggiava la mia migliore amica, che rideva sempre, a cui piaceva fare scherzi e riempirsi di profumo, il Lorenzo con la sua Jeep problematica che usava riparare con del nastro adesivo nero. Non era più il Lorenzo di sempre.

"The Dark Behind a Rose."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora