Capitolo 4.

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Ma chi diavolo crede di essere? Non lo sopporto più.  Dio se potrei me ne andrei subito, pensai sbuffando.

Era di malumore, Mark, e aveva pensato che poteva benissimo scaricare tutti i suoi problemi su di me.

Nemmeno entrai dal retro che iniziò a gridarmi contro. Ero rimasta allibita, non capivo cosa fosse successo per quella reazione così accesa.

Misi la divisa, la targhetta al solito posto e lo lasciai da solo a sbraitare.

Il piccolo campanello posto sopra la porta d'entrata suonò e io alzai lo sguardo, era Elija.

《 Ehi Camille - alzando una mano e mostrando un piccolo sorriso - tua madre mi ha detto che volevi che passassi qui.》

《Ah! Sì,  volevo ringraziarti per come ti prendi cura di Kayla ogni volta che viene a trovarmi.》

Si sedette al bancone e ordinò un frappè al cioccolato. Mi guardò e sorrise.

《 Lo sai che le voglio bene, come ne voglio a te - abbassò lo sguardo e continuò - siamo cresciuti insieme e Kayla è come se fosse la mia piccola sorellina.》

Arrossì. Gli volevo bene. Provavo un'amore fraterno. Era il mio migliore amico e non avevo la minima idea se i suoi sentimenti per me erano cambiati.

《 Elija io..》

《 Cosa? Camille, non sto dicendo niente che possa metterti in difficoltà. Ti voglio bene, sei la mia migliore amica. Solo questo.》

Non risposi, non ne ebbi la forza. Lo guardai mentre beveva il suo frappè.  Non voglio che soffra  a causa mia, non lo sopporterei,  pensai.

Mi disse quelle parole con una voce bassa, quasi come se non voleva che sentissi. C'era qualcosa che lo turbava e lo capii.

Si alzò,  lasciò i due dollari sul bancone e si incamminò verso l'uscita.

《 Ci vediamo domani Cami.》ed uscì.

Lo guardai con un velo di tristezza. Dovevo capire cosa avesse, cosa gli stava passando per la testa.

Il trillo della sveglia, i capelli arruffati, i vestiti messi con velocità e un muffin al cioccolato in mano.

Era tardi, molto tardi.

Cavolo, la lezione è già iniziata.  Devo andare a letto presto la sera o non arriverò alla fine dell'anno con questo ritmo, pensai.

Il college distava un quarto d'ora da casa mia, arrivai in otto minuti.

Corsi sul cortile appena innaffiato e mi beccai le urla dell'insegnante di inglese.

Ops, pensai sorridendo.

Socchiusi le braccia al petto con il libro di anatomia fra le mani.

Sospirai e cercai di far piano per non farmi sentire.

Un richiamo dal signor Henderson era l'ultima cosa che volevo.

Schiarì la voce mandando giù quel nodo in gola che mi si era formato ed entraii. 

Scrutai con attenzione gli studenti, cercavo Maya ed Elija, ma non riuscivo a trovarli.

《 Ehi, Cami. Qui!》 bisbigliò una voce infondo alla fila di destra. Mi voltai e vidi Elija che mi guardava, mi avvicinai.

《 Ciao, ho fatto tardi.》 e scivolai piano sulla sedia poggiando i libri davanti a me.

《 Lo so, l'ho notato.》e sorrise. Si voltò verso il professore e con aria totalmente assente, fece finta di ascoltare.

Parole su parole rimbombavano in quell'aula. Erano pesanti, non avevo voglia di ascoltare e scivolai più giù per non farmi notare.

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