Capitolo 5.

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《No! No!  Lasciami, mi fai male. Perché mi fai questo? 》

《Camille? Camille? 》

《Non voglio! 》

Vieni qui o verrò io.》

《No! No!》

Gli spasmi forti, il dolore al petto, la fronte corrugata, le labbra screpolate.

Il cuscino non mi accoglieva più. Il lenzuolo stretto sotto le mie mani era caldo.

Mi sono svegliata, ho dovuto farlo, pensai

Seduta sul letto, avevo paura. Respiravo con fatica. Il nodo in gola mi rendeva difficile anche deglutire.

Passai il dorso della mano sopra la fronte per asciugarla e le lacrime iniziarono a scendere.

Cosa diavolo mi prende? Perché non riesco a togliermelo dalla testa. Lo odio, pensai.

Erano le sei e trenta e la giornata era iniziata nel modo peggiore.

Entrai nella doccia, avevo voglia di dimenticare. L'acqua scorreva veloce ed io scivolai piano sul pavimento bagnato di ceramica nera. 

Le mani sul viso e le ginocchia al petto mi facevano sentire in un certo qual modo al sicuro.

Il cuore mi scoppiava.

Mi aveva rovinato la vita ed io me ne stavo rendendo conto solo ora.

Ho bisogno di tempo, pensai.

Tempo per che cosa? Ne avevo avuto abbastanza e quando pensavo di avercela fatta era lì, lui, che continuava a portarmi dolore.

Perché, perché continuava a farmi questo. Stavo impazzendo e avevo bisogno d'aria, subito.

Suonai alla porta.

Gli occhi facevano male, le gambe stavano cedendo.

Ero immobile ad aspettare.

《 Oddio Elija, - abbracciandolo forte - ti prego portami via di qui.》dissi cercando di trattenere le lacrime.

Scivolai tra le sue braccia e lo strinsi forte a me.

《 Camille ti prego non piangere. Calmati.》 e una sua mano scivolò leggera tra i miei capelli.

Prese la giacca di pelle appesa vicino alla porta e mi strinse la mano.

《 Andiamo.》 e l'enorme porta di legno si chiuse alle nostre spalle. Non parlammo per tutto il viaggio, i sedili della sua auto mi accoglievano calorosamente.

Mi rannicchiai con le ginocchia al petto e chiusi gli occhi per rilassarmi un po'. 

Il fruscio del vento entrava lievemente dal finestrino aperto sfiorandomi la pelle. I raggi del sole aleggiavano di fronte a me e mi costringevano a stringere gli occhi se volevo guardare Elija.

Era fermo con le mani sul volante, la mascella serrata.

Gli voglio così bene, pensai sorridendo. Era l'unico che mi capiva oltre mia madre e sapere che lui c'era sempre, mi alleviava il dolore.

《Vieni - disse porgendomi la mano una volta sceso dall'auto - togli le scarpe.》

Aveva posteggiato vicino una spiaggia, si poteva udire lo sciabordio lieve delle onde e il profumo di salsedine nell'aria.

Adoro questa spiaggia e lui se l'era ricordato, pensai prendendo la borsa dal sedile posteriore.

《 Dove mi porti?》 chiesi con curiosità e lui non rispose.

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