13.

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Mia's point of view

Venerdì arrivò in un baleno, quella mattina seccata dal dover guidare, optai per l'autobus e dunque dovetti affettarmi.
Mi vestì velocemente, per evitare di tardare, misi dei jeans neri attillati e ulteriormente strano il fatto che mi andò di indossare una semplice e fresca camicetta bianca più femminile del solito.
Sollevai i miei capelli ramati in una coda alta, scarpe comode e scesi di sotto per un succo di frutta.

«Buongiorno!» annunciai. Lily era i fornelli che preparava due tazze fumanti di cappuccino e Jamie, quel pasticcione di mio fratello, cercava dispertamente di cucinare dei pancake più o meno non bruciacchiati. Si ostinava, ci provava, ma le arti culinarie non erano affatto il suo forte.

«Buongiorno tesoro!» risposero in coro.

«Di nuovo all'opera?» gli passai accanto scoccandogli un leggero bacio sulla guancia, mio fratello arricciò le labbra in segno di disappunto.

«Se mi ci metto, sono capace vedrai..» si bloccò sul colpo, osservando il pancake totalemente bruciato nella padella. Mi dispiaque, ma ridere mi venne naturale.

«Jamie, quante volte ti ho detto di abbassare la fiamma??» Lil venne in soccorso spegnendo le fiamme e mettendo il composto bruciacchiato in un piatto.

«Rassegnati fratellino» lo rassicurai, dandogli una pacca sulla spalla.

«Be' accontentanti mh?» risi soffusamente e lo stesso fece Lil che prese dal fornetto un secondo piatto pieno di pancakes dall'aspetto a dir poco appetitoso.

«E questi? Da dove saltano fuori?» storse il naso.

«Tesoro, ci conosciamo da molti anni e siamo sposati. Nell'evenienza non volevo far restare Mia senza colazione..» scrollò le spalle, io feci lo stesso.

«E poi i suoi sono decisamente migliori» alzai le mani in segno di resa e Jamie si tolse il grembiule posandolo sullo sgaballo.

«Sei in punizione signorina!» mi puntò l'indice contro.

«Che cosa?? Ma non puoi mettermi in punizione perchè i tuoi pancakes fanno schifo e quelli di Lil invece sono buonissimi!!» risi a fior di labbra, anche Lily sembrava divertita.

«Non fa una piega J» mi difese.

«Ma non finisce qui!!» stavolta rise anche lui, per poi sedersi e rimpinzarsi la bocca.

«A proposito, stasera ho invitato delle amiche per una pizza a te sta bene?» bevvì del succo a pera, per mandar giù il composto dolciastro.

«Ma oggi è venerdi, non avevamo detto che uscivi soltanto il sabato?»

«Non è vero e poi sono adulta e che cavolo, dai..» mi alzai e cinsi il collo di mio fratello cercando di persuaderlo. Per un po non rispose, si limitò ad accarezzarmi il braccio.

«Domani seratina a Monopoli?..» gli baciai la guancia leggermente forte.

«Ottima idea!» dopo avergli schioccato un altro bacio veloce sulla guancia, di fretta e furia presi la borsa e mi recai alla porta dove lui mi seguì.

«Sicura che non ti serve un passaggio in auto?»

«Sicurissima, stamattina ho proprio voglia di respirare la fresca brezza che emana uno di quegli autobus con le sedie gialle..»

«Io non la definierei estattamente brezza ma..» risi a fior di labbra, poi mi recai alla fermata dell'autobus.

In realtà avevo intenzione di fermarmi prima e godermi un po' la passeggiata a piedi e quello splendido sole primaverile. Aspettai meno del dovuto e non appena arrivò quello giusto salì a bordo, timbrai il mio biglietto e mi sedetti comoda su una di quella sedie gialle, una delle più pulite ovviamente.
Posizionai le cuffiette nelle mie orecchie e premetti play sulla mia playlist preferita, ascoltantone una ad una. Il paesaggio scorreva veloce alla mia destra, il finestrino era aperto e i capelli mi finivano spesso e volentieri sul viso creandomi una smorfia di fastidio. Le porte si aprirono ad ogni fermata, non molto distante dalla mia ed osservai che fra la gente salita ormai a bordo, vidi lui, quella  persona che ora mai conoscevo bene. Mi sembrò strano vederlo su un autobus, con una splendida auto a disposizione e un'autista personale, insomma altro che autobus. Indossava un completo nero, come al solito, un paio di occhiali scuri in viso i capelli gelatinati all'indietro e un paio di cuffie all'orecchio esattamente come me. In mano aveva una ventiquattr'ore nera e dei fogli inseriti in alcune schede trasparenti che teneva sotto braccio. Era a dir poco affascinante come i pantaloni neri gli delineassero le gambe come la giacca del medesimo colore gli esaltasse le spalle palesemente allenante e tonificate, la sua mano stringeva l'asta di ferro per evitare di cadere, era una mano grande ma non troppo, riflettendo e osservando meglio notai che in nessuna delle due mani portava la fede. Lo osservai ancora un po, con la speranza che non mi scoprisse così di soppiatto, aveva la barba più rasata come gli avevo consigliato qualche giorno prima e di tanto in tanto controllava l'orologio al polso. Decisi finalmente di alzarmi e di andargli incontro dopo ben dieci minuti.

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