CAPITOLO 27: Il Mondo Non È Finito

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Ci fermiamo, insieme.
Allo stesso tempo, nello stesso istante, come se fossimo una sola persona.
Una sola anima.

Eppure ero rimasta in silenzio, sguardo a terra, mentre scendevo i gradini del portico, mentre il dolce rumore delle onde si faceva sempre più nitido, sempre più familiare. Facevo finta di non averlo dietro di me, di essere nello stabilimento del clan Volpe... di non essere coinvolta in una situazione troppo più grande di me.

Ed il nuovo panorama che mi accoglie, come se non ne avessi bisogno, mi lascia senza fiato.
Questo... e lui, immensamente lui.
È un dolce tormento.

«Ti piace, Selvaggia?» mi domanda con tenerezza. «È un bel posto... non trovi?»

Sergej me lo chiede con quella voce che mi fa impazzire: quella calma, attraente, sicura di sé.
Forse è per questo che attendo qualche secondo per rispondergli. Forse... o forse perché, adesso, mi sento davvero a casa.
Mi sento bene, seppur per pochi attimi.

«È... uno spettacolo...» mormoro con stupore, mentre la brezza del Mar Nero si dimena tra i miei capelli sciolti, lasciandomi un sapore di salsedine addosso così intenso e profondo da farmi sentire proprio così, come mi chiama lui: una sirena.

«Sì... é una visione bellissima.» sussurra Volkov al mio fianco, forse sta sorridendo.

E sento che, nonostante il buio della notte, nonostante le timide lanterne che illuminano la spiaggia privata dell'uomo più potente del mondo... lui, quando pronuncia questa frase, non sta fissando l'orizzonte.

"Sta guardando me..."

Ed io mi perdo ancora.
Mi perdo per sempre.

L'immensa distesa di sabbia è così grande da non riuscire a vedere né l'inizio e né la fine; rivolgo lo sguardo verso est, poi verso ovest, e non so dire quanto possa essere lunga la striscia di litorale sul retro della sua Dacia.

Strizzo un po' le palpebre, scorgo alcune scogliere che si allungano in verticale sull'acqua, alcuni cespugli che ricordano quelli della macchia mediterranea, un molo il legno che collega il mare alla spiaggia e sul quale sono attraccate delle barche.
E la luna al centro del cielo buio, circondata da milioni di stelle.
Ma so, anche se è troppo difficile ammetterlo, che quella più luminosa si trova accanto a me.

Il silenzio spezzato solo dal rumore del mare, però, mi mette a disagio.
Forse perché temo che lui possa sentire i battiti del mio cuore.

Decido di far finta, ancora, che sia tutto normale.
Che sia una roba di poco conto essere con lui, sotto un cielo stellato, su una spiaggia deserta, al chiaro di luna.
Eppure lo abbiamo già fatto, in Toscana: al Bagno Sociale, poi nella Laguna... eravamo noi, sempre noi.

Io e lui.

"Ma no, adesso, non è la stessa cosa..."

Sospiro, cerco di nuovo di scuotermi.
E mentre placo la mia tachicardia, quando avverto i suoi occhi di ghiaccio su di me, decido di dire qualcosa, la prima che mi viene in mente.

«Vieni qui spesso quando il lavoro te lo permette?» gli chiedo di colpo, continuando a guardare le onde calme.

Lui non smette di fissarmi, mi sorride. «Sì, sempre. Appena posso, scappo qua. Torno a casa.» la sua voce è calda, pulita, tranquilla. «Te lo dissi: io adoro il mare. Mi fa stare bene. Non ti chiedo se provi lo stesso, lo so già.»

Senza mostrarlo apertamente, alzo la testa per incontrare il suo viso. E, non ne posso fare a meno, seguo i lineamenti del suo profilo impeccabile, perfetto, così maestoso da sembrare disegnato da un pittore.

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