CAPITOLO 13: Za Zdorovie!

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Per tutta la durata del tragitto, Sergej rimane in religioso silenzio.
Al contrario di Stefano Baroni che, imperterrito, si è messo a chiacchierare del più e del meno; forse, mi dico, anche il fighter di MMA si è accorto della timidezza del mio lupo russo e, da amicone quale è, cerca in tutti i modi di demolire il suo imbarazzo.

Isabella, la sua fidanzata, è ancora al mio fianco; fa ticchettare le décolleté firmate e scintillanti con savoir faire, come se stesse calcando qualche passerella di moda, nonostante si trovi, in realtà, ad attraversare l'asfalto del viale deserto, col tanfo di letame che proviene dai campi circostanti.

Ma io, io... io non ho occhi che per lui.
Anche se è buio pesto, anche se a malapena vedo la punta del mio nasino alla francese.

Perché non ho nemmeno bisogno di guardare... Io lo sento.

Sento il suo profumo, sento lui.

"Quanto sei stupendo, Dio mio..."

Perché, ancora, non ci credo.

Ancora devo metabolizzare... ancora devo rendermi conto che lui, l'uomo al quale ho salvato la vita e che ha conquistato la mia, si trova davanti a me.

"Cosa sei, meravigliosa creatura..." mi sciolgo, seguendo la sua camminata sensuale, elegante, da lord d'altri tempi.

E mi dico che è tutto vero, che non sto sognando: Sergej è venuto da me, mi ha cercata e trovata, vuole stare con me.

"E stavamo per baciarci... lo voleva lui e lo volevo io, quel bacio... sì... le mie labbra si stavano unendo con le sue..."

Rivivo quegli istanti infiniti, emozionanti; quelli in cui le nostre bocche erano affamate, calde, desiderose di assaggiare il sapore dell'altra.

"Oddio, Sel... sei innamorata... lo sei, Sel, ed è tutto troppo bello... come un colpo di fulmine..."

Solo quando raggiungiamo il cancello d'ingresso del parcheggio della Tana, Sergej si blocca, appena scorge le luci psichedeliche del pub.

Ha ancora il cappuccio della felpa tirato giù, quasi fino al naso, non si vedono nemmeno gli occhiali; mantiene la testa bassa, continua a fissare le scarpe sportive che, ai suoi piedi, sembrano costose calzature di qualche principe dell'est.

E, senza preavviso, mi fa tremare il cuore quando afferra la mia mano.

«Andate pure, vi raggiungiamo dopo.» annuncia, rivolto ai nostri compagni di serata.

"Parla già al plurale! Come una coppia di fatto! Sì!" vorrei sculettare come Nicki Minaj.

Baroni e la sua ragazza annuiscono, mentre si allontanano a braccetto, diretti verso il locale strapieno.

Ed io, come una regina, mi sciolgo per quell'ennesimo contatto.
Ancora... siamo soli, io e lui.
Ma non faccio in tempo a gongolare come un'ochetta dello stagno che, di nuovo, Sergej mostra tutta la sua insicurezza.

«Selvaggia...» sussurra, con un filo di voce. Come pronuncia lui il mio nome, nessuno mai.

Alzo la testa, lo guardo negli occhi.
E rivedo, ancora una volta, la sua espressione timorosa, d'ansia pura, che già avevo percepito prima di entrare nel Luna Park. Sto già male.

Lo fisso, stregata dalla sua bellezza infinita, con un nodo in gola che conosco bene e che non voglio più sentire.

«Non... non me la sento...» mormora, ammettendo le sue paure.
Paure delle quali ignoro le cause ma, ed è l'unica cosa della quale sono certa, devo cercare di spezzare.

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