CAPITOLO 1: La Balenottera Azzurra

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«Se osi toccare quel Carcinus Aestuarii... ti affogo!»

Mi metto le mani sui fianchi, per tentare di incutere timore a Filippo, il figliolo abbonato al McDonald's della odiosa famiglia Tozzi, fila 3, ombrellone 21.

Filippo... altrimenti conosciuto come 'il boia delle stelle marine', già armato di retino e secchiello degli Avengers per catturare l'ennesima preda innocente.

Serro le mascelle, con un cocente bruciore all'altezza delle narici; ci saranno 40 gradi all'ombra, ma le difficili condizioni atmosferiche non mi impediranno di evitare un altro abominevole crimine.

Non sotto la mia giurisdizione.
Non sul mio territorio, il 'Bagno Sociale'.

Perché di genocidi, questo farabutto grassottello, ne ha già commessi fin troppi che manco Attila. O Lapo Elkan con la grammatica italiana.

Osservo il bulletto come un embrione di brachiosauro nei laboratori del Jurassik World, mentre l'acqua fresca del Mar Ligure mi accarezza i piedi sulla battigia.

Il bimbetto mi scruta dal basso in alto, rifiladomi una occhiataccia da vendetta squadrista, con una tiepida sfumatura di smarrimento.

«Un calcestruzzochétira su le spalle cicciottelle, con tono sprezzante.

«Carcinus Aestuarii!» ripeto, con un sorrisetto in stile Alberto Angela dinnanzi alla Torre di Pisa.
Quella che il divulgatore scientifico più sexy dei palinsesti televisivi, ne sono certa, custodisce sotto la zip dei pantaloni.

Il doppio mento del baby Tozzi continua a puntare verso il mio nasino alla francese, cosparso di crema solare protezione 80, quella che sono riuscita a trovare dopo interminabili ricerche dentro la cabina di mia sorella Libera e che mi sto passando anche adesso sulla cartilagine in fiamme.

Ogni estate, del resto, mi becco una di quelle insolazioni da far invidia agli abbronzanti spray dei tizi tamarri di Jersey Shore.
E considerando che mi tocca stare sotto al sole per ore ed ore, con la mia pelle cadaverica che manco gli albini del Madagascar, devo prendere qualche precauzione; ma, non so come, sento l'epidermide della mia faccia alla pari di una salsiccia di rinoceronte sul barbecue.

«Carcinus Aestuarii...» il bimbetto mi fa il verso, dimenando il contenitore che imprigiona il mio amico. «Ma che è 'sta roba? Una parolaccia nella lingua dei tuoi amici extracomunitari?».

Un leggera brezza scuote i miei capelli spettinati, legati alla carlona in un cipollotto di dubbio gusto. Ma, d'altronde, sono di vedetta da questa mattina ed l'afa asfissiante di luglio continua a dominare in tutta la Versilia.

La canotta rossa che mi arriva fino al ginocchio, con la scritta 'SALVATAGGIO' ormai scolorita da decenni, pare la borsa dell'acqua calda che nonna Frida usa in inverno.

«No, non è un dialetto arabo della Siria Orientale! Per tua informazione è un'importante specie appartenente al Regno Animalia, Domino Eukaryota, e fa parte della Famiglia Portunidaesibilo, col tono di una Hermione Grenger col ciclo.

Ecco, ora le guanciotte di Filippo si gonfiano come una torta vegana appena uscita dal forno. «Quante storie per un inutile granchio del cacchio!» sbuffa.

"Come osi, puello lardosus?!?"

«E ti sembra giusto imprigionare un povero innocente dentro quella sottospecie di campo di concentramento?!» tuono, indicando il secchio. «E per tua informazione, questo 'inutile granchio' è fondamentale per l'ecosistema del mare e per l'equilibrio delle biodiversità! Quindi è più importante di te!» mostro i canini.

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