Capitolo Tre

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Grazie e buona lettura 🌹

C'erano molte cose che Harry non riusciva a spiegarsi in quel momento

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C'erano molte cose che Harry non riusciva a spiegarsi in quel momento.

Come fosse finito in una stanza bianca e asettica, per esempio. O perché indossasse un camice celeste che lasciava i suoi gioielli di famiglia al vento. O ancora a chi appartenessero quegli occhi blu come il cielo e il mare insieme che lo fissavano increduli da un tempo infinito. La sua mente era annebbiata e lui si sentiva come il protagonista di quel dipinto che aveva studiato molti anni prima durante il suo corso di storia dell'arte, "Viandante sul mare di nebbia". Proteso sull'orlo di un dirupo inospitale e lontano da qualsiasi elemento a lui familiare, osservava il panorama che gli era davanti: una valle primitiva e avvolta nella nebbia che soltanto qualche cima più alta riusciva a sferzare quasi a rappresentare le sue ultime azioni e i suoi ricordi.

Era in un ospedale? Era in coma e stava vivendo una di quelle esperienze extra corporee? Oppure era già morto e tanti saluti?

Davanti all'ultimo scenario riuscì soltanto a deglutire e a pensare di essere finito in Paradiso, perché quel ragazzo sembrava un angelo con la luce bianca che filtrava dalle finestre alle sue spalle e colpiva i suoi lineamenti, il piccolo naso all'insù e le labbra sottili. Non somigliava affatto ai putti biondi, riccioluti e alati che Raffaello aveva disegnato nella sua "Madonna Sistina" e per fortuna.

«S-sono morto?» chiese, sforzando la gola a tal punto che gli bruciò. «Tu sei un angelo?»

«No, Harry. Sei in una clinica privata di Manchester.»

«Grazie a Dio, p-pensavo di essere morto e di essere finito in una brutta copia di "Ghost".» sospirò. «Chi sei allora? Perché sai il mio nome? Perché sono in una clinica e sento tutto il corpo che mi formicola?»

«Hai avuto un incidente, io sono un infermiere e mi chiamo...»

«...Harry!» esclamò una voce familiare alle spalle del ragazzo, che si voltò e si fece da parte per lasciare spazio a sua sorella. «Dio, quanto ci hai fatto preoccupare!»

Gemma tremava d'emozione e l'abbracciava in modo frenetico. Le sue mani gli scorrevano sulle spalle e sulle braccia, sui lividi e sulle cicatrici, procurandogli un sottile dolore. Stranamente gradì sentire quel fastidio pungente invece del torpore che era diffuso in tutto il corpo. Presto sentì delle lacrime non sue bagnargli il viso perché sua sorella aveva cominciato a singhiozzare frasi sconnesse, delle braccia familiari stringerlo e il profumo inconfondibile di sua madre, la voce profonda di Robin che mormorava qualcosa mentre piangeva di gioia al suo fianco. Dopodiché fu tutto un via vai di dottori che puntavano nei suoi occhi verdi e ancora sensibili una luce fastidiosa, che lo tastavano per controllare la risposta dei suoi riflessi e che lo tartassavano di domande inutili.

I See Your True Colors Shining Through // L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora