CAPITOLO UNDICI

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📍 Monte Santo Spirito (Ag)
26 giugno 2018

-54 giorni


«Trenta! Sono un fottutissimo genio del male!» urlò Eleonora dall'altro capo del telefono, facendoglielo allontanare immediatamente dall'orecchio: sua cugina aveva il megafono incorporato.

«Allora, com'è andata? Com'è andata?» chiese impaziente sua zia Cristina, camminando freneticamente davanti alla televisione, stringendo un santino tra le mani.

«Trenta» la rassicurò Adele, mentre si alzava dal comodo divano per raggiungere la cucina e recuperare qualcosa da mangiare.

«Sia lodato Gesù Cristo, Santa Rituzza e tutti quanti!» esclamò Cristina, sollevata, già pronta a telefonare a nonni, zie e parenti vari per riferire la bella notizia.

Adele incastonò il cellulare tra l'orecchio e la spalla e afferrò un paio di pirottini contenti la cubata, un dolce siciliano a base di mandorle e miele, che sua zia aveva preparato il giorno prima. «Bravissima, Ele. Non avevo dubbi. Prossimo obiettivo: centodieci e lode alla laurea, ci contiamo tutti, eh.» Con il bottino tra le mani, attenta a non far cadere il telefono, si diresse verso la veranda, chiudendosi la porta alle spalle.

Era uno spazio abbastanza ampio, perfettamente squadrato e piastrellato, con un grande tavolo per consumare i pasti all'aperto con la bella stagione e diverse sedie sdraio per prendere il sole. Un muretto bianco girava tutto intorno, nascondendo la vista della strada e preservando la loro privacy dalla curiosità dei vicini. Suo zio Antoine aveva dedicato un angolo di quello spazio alla sua collezione di piantine provenienti da diverse parti del mondo, che impregnavano l'aria di un intenso profumo floreale, dando un tocco esotico all'ambiente. Lui amava fotografarne i fiori e le foglie, cogliere i diversi momenti in cui la luce li colpiva e immortalare i sottili cambiamenti di tonalità. Dal terriccio di tre di esse, emergevano le girandole colorate che Adele, Federico ed Eleonora avevano costruito da piccoli e che, spesso e volentieri, si inceppavano quando erano mosse dal vento.

«Con calma, eh. Ora ci sono le vacanze, i mojiti, il tuo matrimonio, i mojiti, il mare, i mojiti e poi a ottobre penso alla laurea.»

Adele rise e si buttò sulla sedia sdraio, disponendo i pirottini in equilibrio precario sulla sua pancia, con lo sguardo rivolto alle assi di legno del soffitto a cassettoni. «A proposito del matrimonio, oggi pomeriggio vado dal pasticcere a ordinare la torta.»

«Ma non ci dovevi andare ieri?»

«In teoria, ma poi tuo fratello mi ha costretto a incontrare un suo amico.» In realtà le era piaciuto parlare con quello strano tizio con la camicia orribile e i capelli ricci. Per la prima volta era riuscita a parlare della sua storia con Pietro con tranquillità, senza piagnistei o scenate, e si era sentita incredibilmente bene. Forse l'aveva davvero superata.

«Ah... intendi Rosario. Effe, me lo aveva accennato. Com'è andata? È geniale, vero?» Eleonora sembrava su di giri.

«È strano, più che altro. Come si sono incontrati a proposito? A occhi e croce è qualche anno più grande di Fede...». Adele si leccò le dita sporche di miele e scacciò via una fastidiosissima mosca, che pareva attratta dalla dolcezza della sua merenda.

«Giocano insieme a calcetto, anche Pietro lo conosce o il tuo "quasi amico", dovrei dire». Eleonora scoppiò a ridere, mentre Adele alzava gli occhi al cielo: «Dovete smetterla. Tutti quanti. Dico sul serio» affermò, portandosi alle labbra una generosa porzione di cubata.

«Unicorno. Cetra. Arcobaleni.»

«Eleonora. Morte accidentale. Non troppo accidentale.»

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