CAPITOLO VENTOTTO

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📍Monte Santo Spirito (Ag)
20 luglio 2018

-30 giorni

Quando era piccola le capitava spesso di giocare nella stanza dei suoi genitori: era più grande della sua, più ordinata e, soprattutto, malgrado non ci fossero giocattoli e forse proprio per questo, era il luogo in cui riusciva a dare maggiore sfogo alla sua fantasia.

Lì si rifugiava la notte quando aveva gli incubi, lì c'era il suo nascondiglio, che non era altro se non lo spazio compreso tra l'armadio e il muro, uno che non avrebbe dovuto nemmeno esserci: un calcolo sbagliato al momento di montare l'armadio che si era trasformato nel suo rifugio.

Quella camera era, insomma, il suo posto preferito in assoluto. Ci restava per ore: conversava con i suoi amici immaginari, combatteva insieme a loro contro i cattivi, cantava le sigle dei cartoni animati sul letto, che si trasformava in un palco, oppure leggeva ad alta voce i libri che le regalava sua madre, fingendo di essere una maestra.

C'era una cosa, però, che le piaceva fare più di tutto il resto: sfogliare l'album custodito nell'ultimo cassetto del comò, quello con le foto del matrimonio di Maria e Salvatore. Adele si sedeva sul letto e con delicatezza, senza alcuna fretta, osservava tutte le immagini, soffermandosi su ogni dettaglio. Poco importava se quella era la ventesima o la centesima volta, non si stancava mai di vedere quelle foto e nemmeno di ascoltare sua madre, che spesso si sedeva accanto a lei e le raccontava di quel giorno: del profumo di fiori di cui era impregnata la Chiesa, dei discorsi delle sue amiche, del sapore della torta, la red velvet, la sua preferita, e di Salvatore che durante il primo ballo continuava a pestarle i piedi.

Il suo racconto era così vivido che per Adele non era difficile immaginare tutto. "Sarà il giorno più bello della tua vita, vedrai, tesoro, uno di quelli che ti resterà impresso nella mente per sempre, così potrai raccontarlo ai tuoi figli" le diceva alla fine, prima di abbracciarla forte e di canticchiarle "Questo piccolo grande amore", la canzone che le aveva dedicato suo marito quando si erano fidanzati.

Adele era così cresciuta sognando un matrimonio da favola, con tanto di abito da principessa e location da sogno; non si illudeva certo di vivere "per sempre felice e contenta", ma di crederci almeno per quel giorno, di accarezzare per un istante quanto c'è di più sfuggente: la felicità.

Ormai, però, non c'era più tempo per i sogni a occhi aperti che faceva da bambina, perché mancava un mese esatto al suo giorno e c'erano ancora così tante cose da fare. Organizzare un matrimonio non era per niente facile, anzi, il suo livello di stress ultimamente era pari a quello accumulato durante una sessione d'esami.

Quel pomeriggio era andata a ritirare le bomboniere e, con suo grande sollievo, entrambi i nomi erano giusti, almeno una voce della lista poteva essere spuntata.

Durante il tragitto di ritorno, aveva deciso di fare un salto dai suoi nonni, perché da quando erano tornati dall'Australia non aveva ancora avuto modo di passare del tempo con loro, troppo presa dai preparativi. Aveva ormai superato il cartello che recitava "Benvenuti a Monte Santo Spirito", quando si ricordò che il proprietario del negozio di fiori aspettava ancora di essere pagato, anzi, avrebbe dovuto saldare proprio quella mattina. Istintivamente, si voltò verso il sedile accanto al suo, con l'intenzione di recuperare il cellulare dalla borsa e chiamare il signor Montalbano per scusarsi e garantirgli che sarebbe passata il giorno dopo.

Tutto accadde in un attimo: con la coda dell'occhio vide l'auto davanti alla sua fermarsi e lei riuscì appena a schiacciare il pedale, ma non a frenare in tempo. L'urto che seguì le ricordò perché quando si è alla guida non si può distogliere l'attenzione dalla strada nemmeno per un secondo. Le sembrò quasi di sentire il suo istruttore urlare, come quando dimenticava di controllare lo specchietto retrovisore o fare tutti i controlli prima di innestare la marcia.

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