CAPITOLO VENTUNO

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📍 Sciacca (Ag)
7 luglio 2018

-43 giorni

«Niente» disse Adele infastidita, sedendosi al loro solito tavolo, senza nemmeno salutarlo o chiedergli come stesse.

Erano giorni che provava a scrivere e il risultato erano palline utili solo per giocare a basket-cestino, in cui tra l'altro era pessima, dal momento che lo mancava tutte le volte.

Lui le sorrise e fece cenno al barman di portare il solito: una birra grande per lui e un analcolico per lei, che doveva guidare. «Puoi contestualizzare "niente"?»

«Io non ci riesco» ammise Adele, prendendosi i capelli tra le dita, esternando la frustrazione che l'aveva invasa in quegli ultimi giorni.

«Nemmeno con il diario?»

«Io non lo scrivo un diario.»

Rosario scosse la testa contrariato, mentre lei si perse fissando uno dei tanti poster appesi alle pareti, raffigurante i "Red Hot Chili Peppers".

«Ci pensi ancora?» le domandò lui a bruciapelo, mentre il barista portava loro le bevande.

«No. Io non... no.»

Rosario sorseggiò la sua birra e ammiccò con fare sicuro, «Sai già di chi sto parlando, però.»

Adele trasalì, agitandosi sulla sedia, «È che è più complicato di così. Senti, io non so cosa ti hanno detto di me. Cosa ti ha detto lui di noi. Quanto effettivamente sai. Però...»

Lui alzò prontamente la mano, regalandole uno di quei sorrisi storti in grado di calmare chiunque. «Ehi, ehi, va tutto bene. Io non lo voglio sapere.»

Adele prese un bel respiro, concentrandosi su Anthony Kieds, la vena del collo gonfia nello sforzo di cantare, l'immancabile frangia e i baffetti diventati leggenda. «Mi ha lasciato. Lui mi ha lasciato. Probabilmente questo lo sai. Stavamo insieme da cinque fottutissimi anni e io avrei fatto qualsiasi cosa, credimi, qualsiasi, per lui. Era innamorata così...» trattenne il fiato, inghiottendo un groppo alla gola e proseguì: «tanto. Non so quanto si possa amare una persona. Non so nemmeno cosa sia l'amore, ma deve per forza essere qualcosa di simile a quello che io provavo per lui. Aveva un'altra, non so se fosse una storia importante o no, se se la scopasse quando stava ancora con me. Io. Non lo voglio nemmeno sapere e non ha importanza. Poi è successa una cosa, una cosa di cui però non voglio parlare perché fa troppo male, insomma è stato il periodo più brutto della mia vita.»

Lui annuiva comprensivo, nessuna traccia di giudizio nei suoi occhi.

«L'ho perdonato. È passato tanto tempo e io non sono una di quelle che dimentica le cose belle, io nella bilancia le metto insieme agli sbagli. Ma ora vorrei solo pensare al mio ragazzo, vorrei scrivere il suo nome circondato da cuoricini, vorrei sognare il nostro matrimonio a occhi aperti, però poi succedono cose, cose come lui che vede il mio abito da sposa e mi guarda in quel modo e allora io ci penso, penso a cose stupide come noi che a nove anni ci sposiamo per gioco.»

Rosario si portò una mano stretta a pugno sulla bocca, incitandola a continuare. E lei si rese conto della semplicità con cui riusciva a confidarsi con quel ragazzo di cui fino a poco tempo prima ignorava l'esistenza, e che pure sembrava conoscere da una vita intera.

«Questo posto, intendo, essere tornata, stare qui, mi fa venire in mente noi, quello che eravamo, quello che ora non esiste più. In questi giorni sto provando tante emozioni, sto rivalutando delle scelte e, non lo so, mi sembra di fare un torto a Gianluigi o alla mia dignità.»

Adele buttò la testa indietro, gli occhi rivolti alle assi di legno del soffitto, i raggi del sole a illuminare le ragnatele che pendevano da esse, finchè Rosario non si schiarì la voce e lei gli rivolse tutta la sua attenzione.

Odio le favoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora