3 - Libera

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- Bevi, figlia mia. Ti farà bene. -

Le porse una ciotola in ceramica, fumante. Il contenuto aveva un'odore speziato e pungente.

- Grazie, madre. -

L'avvicinò alle labbra screpolate e ci soffiò dentro. Bevve a grandi sorsi e sentì subito il liquido caldo, dal sapore di erbe aromatiche riscaldarle la gola e rilassarle i muscoli.

Quando ebbe finito lo poggiò sul tavolo di quercia, ove vi era seduta. Aitana le si sedette accanto e le carezzò la mano, dolcemente.

Artemisia si guardò intorno e notò che nulla era cambiato in quella casa. Il tempo sembrava essersi fermato anni addietro.

Le mura in legno di mogano, con
Il soffitto sorretto da travi di robusta yucca.
Le tendine gialle, sbiadite dal tempo, coprivano le finestrelle che davano nello spiazzale. Gli ultimi raggi deboli del sole che stava per calare, filtravano attraverso il telo consumato, creando uno spiraglio di luce e aloni di polvere. Era una casetta umile, ma accogliente.

Osservò la stanza, mille ricordi le inondarono la mente.
Una gabbietta di metallo ove era situata vicino alla finestra. C'erano alcuni piccioni bianchi che Aitana aveva allevato e ammaestrato per mandare messaggi. Una piccola amaca di cotone, giaceva in un angolo in fondo alla stanza, legata saldamente ad una struttura di asse di legno.

Alcuni vecchi ricami e ornamenti erano appesi al muro. Una maschera, grande e squadrata rappresentava il Dio Yucahù.
Un paio di guanti da uomo, appartenuti al padre, ed una mantellina dalle piccole dimensioni, di un verde chiaro. Artemisia riconobbe il suo scialle di quando era piccola.

- Non è cambiato nulla qui, madre. -

Le labbra di Aitana si piegarono in un sorriso malinconico.

-No, figliola. Non ho tolto nulla. È l'unico modo per restare nel passato. - Una lacrima trasparente le scivolò dall'occhio.

Artemisia la colse con il pollice.

Aitana le prese la mano e gliela baciò,
a lungo.

- E tu, piccola mia? Sei cambiata? - Quelle parole uscirono dalle sue sottili labbra, in un suono stridulo, pieno di tensione.

Artemisia non rispose.

- Com'è andata qui in questi mesi? Vi hanno trattata bene? Vi hanno fatto mancare qualcosa? - Le chiese, deviando la domanda.
Sollevò il sacco di juta, poggiandolo sul tavolo.

- Niente di nuovo, figliola. Questa è un'isola prostituta. C'è sempre un viavai di persone nuove. Di vecchio resta ben poco. Io esco di rado, Ormai. Resto qui a pregare Zemì e Yucahù. A volte mi reco alla tomba di tuo padre, e mi fermo a parlare con lui, sperando che mi senta.-

Prese la ciotola vuota e si alzò. Restò qualche istante in silenzio, poi riprese.
- E tranquilla, amor mio, non mi e mancato nulla. L'unica cosa che mi è mancata è non avere accanto te. -
La voce aveva una nota di una profonda tristezza. Si avviò a un catino di ottone pieno d'acqua, appoggiato sopra al bancone.

- Mi spiace madre, che dobbiate restare da sola per tanti mesi. Ma lo sapete che io vivo per il mare, e per Tortuga. -
Il tono delle sua voce divenne più duro.

Estrasse dal sacco dei barattoli di unguenti, boccette di medicinali e gioielli.

Si voltò verso Aitana, il cerchio d'oro che portava all'orecchio scintillò.

- Guardate madre cosa vi ho portato. Queste sono delle medicine del nuovo secolo, così potrete curarvi ogni volta che vi sentirete male, quando io non ci sarò. -

Artemisia E La Maledizione Della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora