4 - La Partenza

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Passarono tre settimane da quella sera.

Artemisia ci pensava spesso a quell'episodio, a quella reazione così mostruosa, da persona debole, che aveva avuto.

Ricordò di essere tornata a casa il giorno dopo, all'alba. Aveva passato la notte nella grotta, al freddo oceanico e all'umidità della foresta.
Trovò la madre seduta sul porticato della sua casetta; sconvolta, spettinata e sporca d'erba. Aveva la testa piegata sulle ginocchia.

- Madre... - Le sussurrò, avvicinandosi lentamente, con passo incerto.
Provò una profonda pena.

Aitana alzò la testa, di scatto.
Profonde occhiaie violacee le solcavano gli occhi color miele. Non aveva dormito.

- Figlia mia! - Si alzò con una forza sorprendente e le corse incontro. L'abbracciò così forte da farle scricchiolare le costole.

- Mare mio! Non lasciarmi mai più! Ti amo! Ti amo! -

Le sussurrò, mentre violenti singulti le invadevano il petto, facendola scuotere ad ogni parola. Calde lacrime bagnarono la camicia bianca e sporca di fango di Artemisia.

Il freddo Capitano della Costellazione si chinò alla sua altezza, e l'abbracciò, freddamente.
Poggiò il suo viso tra i lunghi capelli bianchi e umidi di Aitana, inspirando un'odore dolciastro che le ricordava casa, portandola oltre qualcosa di remoto.

Chiuse l'occhio e si fece stringere ancora di più dalla madre, che si lamentava straziante mentre la cullava.
Capì di averle provocato un dolore profondo, viscerale.
Il mare suo l'aveva distrutta.
E prima di rendersene conto, bisbigliò un gelido:

'' Perdonami. ''

Passarono tre settimane di silenzi e di sguardi.
La madre non tornò più sul discorso, né le domandò quale decisione avesse preso. Aveva troppa paura di perderla, di perdere anche questa figlia.
Ma Artemisia glielo riferì in una sera afosa, mentre Aitana gli servì una ciotola di latte di cocco e banane.
Aitana annuì, in silenzio. Le si sedette di fronte, gli sorrise debolmente e mangiò. Il volto nascosto dai lunghi capelli striati di bianco, unti di sudore. Artemisia percepì che qualcosa in lei si era spento, se non morto.

La piratessa si alzò di mattina presto.
Uscì fuori al piccolo spiazzale ed inspirò la freschezza mattutina della foresta che la circondava. Sentì i polmoni dilatarsi e depurarsi. Sembrava essere sola in casa;
forse Aitana era andata via alle prime luci dell'alba, per non vederla partire.

Si diresse sul retro della casa, ove portava in un piccolo orticello, dove vi erano coltivati in fila la manioca,
il cotone, e le patate. Un bambù tagliato e svuotato fungeva da irrigatore, issato su dei paletti di legno e inclinato verso il terreno, versando sulla terra l'acqua piovana.

Si avvicinò ad un grosso barile di legno e si specchiò nell'acqua verdastra e gelida. Alcuni insetti si posarono sopra per abbeverarsi, facendo oscillare il suo riflesso.
Artemisia immerse le mani brune e si sciacquò, ripetutamente.

Quel giorno optò per il suo completo ufficiale da Capitano. Indossò un'ampia camicia di lino bianco, dal colletto largo che scopriva una piccola porzione di collo, mostrando un tatuaggio dalle linee tribale e intrecciate.

Passò poi ai calzoni larghi, di un marrone scuro, con dei preziosi ricami filamentati d'oro ai lati.
Allacciò stretto tra lo sterno ed il petto il gilet di cuoio, ove portava delle spalline protettive di bronzo.
Mise gli stivali al ginocchio di pelle neri, poi prese un semplice cappello a tricorno, sistemò la benda di seta pregiata e lo indossò.
Infine si infilò la lunga giacca di velluto nero, sistemando accuratamente le balze arricciate delle maniche.

Artemisia E La Maledizione Della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora